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Sui sentieri delle coghe

Dall’estate scorsa ci capita spesso, con Maria Bonaria, di frequentare il Villaggio Normann, una realtà di cui avevo sentito parlare fin dal convegno di Iglesias di Banca Etica ma che ho visitato solo quando, inopinatamente, mi ci ha portato il cugino Francesco Careri che stava accompagnando il percorso partecipato di riassetto del belvedere del villaggio.

Niente male, no?

Quest’anno eravamo stati al Villaggio solo per una conferenza sullo stato dei lavori archeologici nella zona, dopo di che siamo andati in vacanza in montagna. Al ritorno però, dopo un bel tramonto musicale con Andrea Morelli e Massimo Spano, abbiamo avuto l’occasione di partecipare a Pro is moris de is cogas, un misto di performance itinerante e meditazione collettiva prodotta e condotta da Riverrun nelle persone di Giorgia Lattuca e Lorenzo Mori.

Sono andato lì senza sapere nulla di quello che sarebbe accaduto e quando ho visto comparire Lorenzo mi è venuto in mente che ci incontriamo sempre in posti belli e critici – Sant’Elia, Giorgino, Normann eccetera – dove lui sta facendo del suo meglio – nel senso dell’esortazione dei capi scout: «Lupi! Del vostro meglio!!» – e mi sono chiesto se poi lo ringraziamo abbastanza di queste testarde presenze.

L’evento che abbiamo vissuto, piuttosto complesso e quindi rigorosamente a numero programmato, corrispondeva vedo a un progetto ricorrente di Riverrun; raccontarlo passo passo vuol dire anche rovinare l’esperienza futura a qualcuno: basti dire che si tratta di un percorso (nel senso proprio: una passeggiata) di riflessione guidata che mischia ciò che suggeriscono i luoghi che vengono attraversati (nel nostro caso il bosco intorno a Normann e i luoghi della Miniera di San Giovanni) con le suggestioni man mano proposte dai conduttori e basate su uno schema che si rifà a Paracelso e alle influenze dei pianeti sul corpo umano (e direi, sul suo spirito), con un meccanismo di domande da porsi interiormente e azioni da fare lungo il percorso.

Dico, in maniera spero autoironica, che un po’ questo richiamo alchemico-sapienziale in un cattolico ortodosso come me risveglia istinti atavici alla polemica antipagana, quindi ho un po’ sobbalzato.

Un po’ più seriamente, credo che in alcune fasi iniziali la performance abbia sofferto della mancata corrispondenza dei luoghi reali rispetto ai pianeti e alle simbologie man mano evocati e anche un po’ del fatto che, ignorando tutti noi sostanzialmente cosa diamine fosse la spagirica e avendo generalmente un vissuto esistenziale per il quale si dubita che il proprio essere sia governato da arcani, le spiegazioni proposte avevano un grado di artificiosità un po’ più alto del desiderabile: la combinazione di queste due cose faceva sembrare che stessimo violando il principio: «show, don’t tell».

Lo dico anche pensando alle centinaia di attività basate sull’incrocio di vissuto esistenziale delle persone, utilizzo di simboli e di gesti simbolici che ho vissuto e spesso organizzato, sia in ambito religioso che laico, dall’Azione Cattolica agli scout fino ai training pacifisti: lì di solito i gruppi condividevano delle credenze – o almeno delle premesse di credenze – e perciò al gruppo andava dato solo il compito; qui invece si doveva consegnare e la credenza da assumere e anche il compito.

Dico, a scanso di equivoci, che mi sto avventurando in valutazioni di tipo tecnico senza volontà di critica, ma solo come osservazioni per me per tentare di capire meglio come funzionano o non funzionano le cose; casomai ho il rimpianto che tutti quegli ambienti oggi quelle attività non le facciano più, il che rende meritorio che Riverrun continui a lavorare in questo modo, dato che la maggior parte delle persone che erano presenti non ha nessuna possibilità di vivere queste esperienze altrove.

Detto questo è stato molto interessante vedere come nonostante l’imbarazzo iniziale man mano nel percorso il passo esistenziale personale si sia fatto più cadenzato, il gruppo più coeso, le similitudini offerte più immediatamente percepite e la performance abbia preso quota portandoci altrove in maniera evidente senza che ce ne accorgessimo davvero.

Finale danzato giustamente soddisfacente, nello splendido scenario del belvedere.

Sono molto grato a Pierluigi Carta per averci invitato e voglio ringraziare pubblicamente Giorgia Lattuca e di nuovo Lorenzo Mori per essersi messi a disposizione e per averci fatto fare questa esperienza (perché appunto, quelli che testardamente fanno del loro meglio di solito non hanno i primi posti nelle assemblee, e che almeno abbiano i ringraziamenti mi sembra il minimo).

Ultima nota: mi sono portato via il concetto di terzo paesaggio, che è stato citato a un certo punto, e il nome di Gilles Clément, il paesaggista che l’ha proposto. Mi riprometto di studiarci, e vi farò sapere.

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