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Cose che capitano a teatro

2014-10-03 21.24.46Venerdì sono andato a teatro con Maria Bonaria a vedere uno spettacolo gratuito, Canzoni senza terra di e con Enrico Bonavera. È stato molto divertente, Bonavera molto bravo e il tutto mi ha ricordato un vecchissimo spettacolo con Maurizio Micheli, Mi voleva Strehler, che a suo tempo mi era piaciuto molto.

Ma non è di questo che voglio parlare. Piuttosto a fianco a me nel pubblico c’era un signore grassoccio con la barba incolta e l’aria giusto un filo trasandata.

Proprio come me, peraltro.

E io dicevo: questo io lo conosco. Oltretutto mi ispirava, poveretto, un’aria istintiva di repulsione, come se lo associassi a qualcosa di spregevole. E quindi dicevo: chi sarà mai, questo, dove l’avrò visto. Un barista scortese? No. Un negoziante, allora, esoso. Macché. Un impiegato di qualche ufficio pubblico, uno che non voleva fare qualcosa, chissà. Magari è uno che una volta non voleva darmi un certificato. Boh. Uno che per strada ha trattato male un senegalese. Ma no. Però lo conosco.

Che lo spettacolo era divertente, ma io ogni tanto mi giravo verso di lui e mi dicevo: ma chi cavolo sarà questo. Io l’ho già visto. E forse visto che stavo a teatro pensavo all’usuraio di Tutto torna, piuttosto viscido anche lui e anche lui è un po’ grosso, solo che quello so benissimo chi è (l’attore, ovviamente) e lo trovo al tavolo a fianco al mio ogni giorno che ho pausa pranzo. E altri usurai, veri o per finta, non ne conosco. Per fortuna.

2014-10-03 22.16.24Poi sabato mattina siamo andati alla presentazione dell’edizione 2014 di Teatri di mare, della quale anche Canzoni senza terra faceva parte. Era un contesto piuttosto informale, ho fatto i complimenti a Bonavera e ho anche avuto la tentazione di chiedergli, a lui che col Piccolo ci lavora davvero, se conosceva lo spettacolo di Micheli e si era ispirato. Poi un po’ la timidezza, un po’ il ricordo che Micheli era abbastanza ironico su Strehler e il Piccolo, la prudenza innata di non sapere bene dove metti i piedi, e mi sono stato zitto: mi resterà la curiosità.

Ma non è di questo che voglio parlare: è che a fianco a me c’era lo stesso signore grassoccio. E di nuovo mi ha tormentato il tarlo di averlo già visto.

Al momento della pausa, carasau, bottarga di Rocca e vino delle Tenute Carlo Pili, il signore si è fiondato sul buffet con generosità.

Esattamente come me, peraltro.

Tutti e due ci siamo fatti un secondo bicchiere di vino (o magari un terzo, dopo un po’ sentivo l’effetto e non ricordo bene), tutti e due abbiamo apprezzato parecchio la bottarga. Più e più volte.

Quando siamo andati via ho notato che il signore, scomparso il ragazzo che mesceva il vino e distribuiva la bottarga, si era seduto per il resto della conferenza dietro il bancone, a dominare quel che restava del buffet. E ho detto a Bonaria: «Io quello lo conosco… Che personaggio, comunque! Hai visto come si è piazzato dietro il bancone?».

Proprio come avrei fatto io, potendo, lo ammetto. Però avevo quel vago ricordo di sgradevolezza e quindi… «Che personaggio!!».

La sera siamo tornati al Lazzaretto di Sant’Elia per il Re Cervo, che chiudeva la tappa cagliaritana di Teatri di mare: uno spettacolo che avrò visto un sacco di volte con piacere ma che certo con l’inserimento di Bonavera e di Paolo Martini era in una edizione particolarmente riuscita.

Ma non è di questo che voglio parlare.

cajka_teatri di mareAll’ingresso del Lazzaretto, appoggiato a uno stipite c’era il signore grassoccio, vestito con una canadese e una giacca in velluto e definitivamente trasandato. E presumibilmente sbronzo. Aveva un bicchiere di plastica in mano che tendeva, un po’ malconvinto, agli spettatori che si dirigevano verso la biglietteria.

«Ma allora questo mendica?», ho chiesto a Maria Bonaria.

Quello si è messo a gridare: «Na po po po po».

«Forse vuol dire: no appo pappau», ha ipotizzato Maria Bonaria.

Certo ti chiedi: ammazza il mendicante, che segue le presentazioni delle stagioni teatrali per mangiare la bottarga. Almeno io ci vado perché seguo con stima la compagnia e poi, già che ci sono…

L’ho detto, che l’avevo già visto da qualche parte e istintivamente mi repelleva, poveretto, quindi non ero molto equanime.

Alla biglietteria, Maria Bonaria ha chiesto lumi. «È un mendicante», ha risposto la bigliettaia, «che ci sta dando qualche problema. Disturba…».

«Strano, però, stamattina l’abbiamo visto alla presentazione… sembrava normale…».

«Eh, signora, magari ha alzato un po’ il gomito. Mi sembra abbastanza bevuto, adesso».

E io ho pensato: vedi, poveretto. Magari è uno normale, poi beve e perde il controllo. Di solito si controlla, magari, ma oggi ha bevuto al mattino, non dovrebbe, non è abituato e da lì, addio, si è perso per tutta la giornata. Che sfortuna, la tentazione del buffet di stamattina che l’ha fregato. Che pena.

«Ecco perché ti sembrava di conoscerlo: l’avrai visto mendicare in giro».

«Mah, forse. Magari lo incrocio qualche volta sull’autobus».

Al secondo atto, con il pubblico seduto in cerchio attorno al palco improvvisato, un semplice tappeto a delimitare lo spazio scenico, ecco che poco dopo l’orrendo tradimento di Tartaglia barcollante arriva l’amico barbuto, con tanto di busta di plastica in una mano e bicchiere nell’altra.

Ohia, sbronzo e piomba in mezzo alla rappresentazione. Addio, abbiamo pensato tutti, mo’ succede un casino.

E Tartaglia si gira verso di lui e fa, più o meno: «Oh! Veggio approssimarsi un laido vecchio mendicante, testimone delle mie malefatte». E gli spara. E quello cade in un lago di sangue.

Orpo, era un attore. Era tutto organizzato: è il personaggio in cui si reincarna Deramo e che, nonostante il suo aspetto, saprà riconquistare l’amore di Angela (e vissero tutti felici e contenti). Un mendicante. Repellente per definizione, ma Angela non baderà al fatto che non ha più le “belle membra” di Deramo eccetera amore eccetera fedeltà (e vissero felici e contenti). Colpo di scena, nel vero senso della parola.

Franco RaveraEd ecco perché mi sembrava di conoscerlo, è un attore che si chiama Franco Ravera e l’ho visto in Si può fare (quante volte avrò visto quel film? Cinque, sei?) dove interpreta lo sceriffo scansafatiche, che effettivamente è un personaggio piuttosto sgradevole: il ricordo mi sarà rimasto attaccato.

Ovviamente la cosa ci ha colpito molto, ci ha fatto abbastanza vergognare, perché sei cattolico, di sinistra, ambientalista e attento ai diritti umani e ti hanno dato molti indizi e poi ci caschi così, come niente, e il tutto ci ha fatto parecchio pensare.

In particolare, mi dicevo, vedi come il teatro ha la capacità di fare questi colpi, creare questi cortocircuiti: il teatro di çàjka, di Origo e per quello che posso capire di Bonavera e Martini e dei loro gruppi, ma tutto il teatro in generale. Una capacità di mischiare realtà e fantasia, vita reale delle persone e azione scenica.

A me piacciono molto i flashmob ma, mi son detto, fra quelli e giochetti, ancora molto semplici, come quello di sabato c’è un abisso. Questo sì che è teatro.

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