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Diari di progettazione: ho scritto un (quasi)videogame

Da un po’ di tempo si discute coi Fabbricastorie di ricominciare a tenere una nostra campagna settimanale di gioco di ruolo; ne abbiamo molta voglia e la concomitanza di impegni familiari e riunioni organizzative che ci impedisce di giocare con continuità ci pesa.

Di solito prima di cominciare una campagna facciamo un lavoro collettivo di creazione del mondo, worldbuilding o, per dirla nel nostro gergo, mitopoiesi. In questo modo il gioco è più consapevole e si evita quel meccanismo che tecnicamente si chiama problema dell’amnesia, cioè il fatto che l’arbitro di gioco sa tutto del mondo di gioco (perché l’ha creato lui) mentre i personaggi (cioè i giocatori) ne ignorano tutto e gli deve essere spiegato ogni volta.

Questa volta ho pensato che mi sarebbe piaciuto fare diversamente, e creare un sistema di creazione del mondo parzialmente casuale (o più esattamente, per dirla come quelli che ne sanno, procedurale) lasciando però uno spazio di libertà ai giocatori per compiere le loro scelte e facendo sì che questo influenzi la casualità (diventando così causale? boh).

Non è semplice da fare, e il progetto sembrava fatto apposta per l’utilizzo di un programma informatico; del resto era da diverso tempo che volevo mettermi alla prova con Ink, il programma creato da Jon Ingold e Joseph Humphrey per scrivere videogame narrativi; anche il mio, dopotutto, poteva essere considerato un videogame, quanto meno sui generis (o meglio, un classico pezzo iniziale di videogame, quello che permette la creazione dei personaggi per il gioco successivo: solo che qui il personaggio veniva creato in parte in maniera casuale, che era esattamente il mio obiettivo).

Questo articolo serve a raccontare com’è andata e ciò che ho imparato.

Le parole costano poco

Ho iniziato a scrivere il gioco l’estate scorsa, in vacanza a Malles, a metà agosto. L’ho consegnato ai Fabbricastorie la settimana scorsa: ci ho messo cioè più di sei mesi. Naturalmente non ci ho lavorato a tempo pieno: mi sono ispirato a una cosa che ha raccontato Mick Herron (l’autore di Slow horses), che quando ha iniziato a scrivere romanzi si era dato l’impegno di produrre almeno trenta righe al giorno. Io ho scritto spesso molto più di trenta righe, ma in altri giorni mi sono limitato a correggere errori di battitura, per esempio, sempre cercando in ogni caso di mantenere l’appuntamento quotidiano. Devo dire: capisco il senso del suggerimento, non è stato facile.

Ho scritto moltissimo: Ink mi informa che all’ultimo conto il programma comprende 66 407 parole, che equivale a un racconto molto lungo o a un breve romanzo. Nelle fasi finali di redazione ho estratto il testo dal programma e l’ho messo su Word per fargli controllare l’ortografia: erano 250 pagine. Una buona parte, naturalmente, è codice, ma la parte di testo è rilevante:

- dado == 6:
    {
    - vaiolo == spento:
        ~ vaiolo = acceso
        Uno dei ragazzi che hai assunto per proteggerti è caduto ammalato: è vaiolo! Anche altri casi sono segnalati, fortunatamente sembra che tu, i tuoi familiari e i tuoi sottoposti e impiegati siate rimasti immuni dal contagio {malattia_personaggio1 ? "vaiolo": questa nuova volta}, anche se arruolare truppe diventerà un problema, con l'epidemia.
    - vaiolo == acceso:
        {
        - malattia_personaggio ? "vaiolo":
            ~ seguito_militare --        
            Il vaiolo continua a imperversare: per tua fortuna, tuttavia, tu ormai sei immune. Purtroppo, altrettanto non si può dire dei tuoi seguaci: l'aumento del tuo seguito militare ne è indebolito.
        - malattia_personaggio ?! vaiolo:
            {settaggio_malattie(malattia_personaggio, "vaiolo")}
            ~ seguito_militare --
            ~ ricchezza --
            ~ influenza --
            Ti sei pres{sesso == maschio:o|a} il vaiolo anche tu! Per tua fortuna sopravvivi, ma il tuo volto recherà per sempre i segni della malattia.
            Mentre giacevi fra la vita e la morte non hai potuto seguire i tuoi affari: seguito militare, ricchezza e influenza diminuiscono.
        }
    }

Questo qui sopra, per esempio, è il pezzo in cui il programma gestisce la possibilità che il personaggio, durante la fase di creazione, si prenda il vaiolo (e, contemporaneamente, la possibilità che il mondo di gioco sia squassato da un’epidemia) . Vi ho evidenziato in grassetto le parti narrative; quando gli esiti possibili del tiro di dado sono trenta, o trecento (credo in realtà molti di più) il numero delle parole cresce facilmente.

Come si vede dall’esempio qui sopra, è una scrittura che forzatamente è limitata e frammentata e che deve fare i conti con esigenze di chiarezza e sintesi, pur rimanendo accattivante per il giocatore; per me è stata un’esperienza completamente nuova e, devo dire, non l’ho trovata particolarmente frustrante, sebbene spesso faticosa.

Avevo letto una volta Ingold dire che: «le parole sono costano poco», words are cheap. Dopo fatta l’esperienza, concordo. Con la sola forza delle parole, senza sapere nulla di informatica e solo facendo lo sforzo di leggere l’ottimo manuale di Ink (di cui adesso ho tutto: versione cartacea, digitale, prima e seconda edizione) ho scritto un programma non particolarmente complesso ma comunque non banale, ho potuto dare forma alla mia immaginazione e forgiarmi uno strumento di gioco. Non ho speso una lira, per farlo, tranne 12 sterline per il manuale, del quale comunque c’era la versione gratis sul loro sito. Il prezzo da pagare nascosto però c’è, ed è il tempo; scrivere, scrivere in questo modo, prende un sacco di tempo – una cosa che in altri contesti non mi era mai capitata: sto scrivendo un libro di giochi di comitato sui conflitti ambientali (udite! udite!) e l’esperienza è del tutto diversa.

Scrivere per altri e tiri di dado

Quasi da subito ho deciso che il programma, una volta finito, l’avrei pubblicato; visto che l’avevo fatto, tanto valeva renderlo disponibile (tra qualche giorno andrà sull’itch.io di Thisisnotafunnygame). Abbastanza rapidamente questo ha portato a una crescita del testo da gestire, perché voleva dire tenere conto di possibili scelte degli utenti diverse da quelle tipiche dei Fabbricastorie: per esempio, inizialmente avevo previsto che si creassero solo personaggi maschili, considerato che in tanti anni i Fabbricastorie non avevamo mai manifestato esigenze differenti. Poi mi sono chiesto: ma perché? e questa è stata la prima riscrittura integrale, dato che Ink permette (sarebbe meglio dire: obbliga a) un controllo ossessivo del testo (e in inglese, peraltro, le parti variabili del discorso in base al genere sono molte meno che in italiano), come vi faccio vedere in questo secondo esempio:

- (classi) Sarai <>
+  \ <b>{sesso == maschio: un soldato, un combattente o maestro d'armi</b>|una soldatessa, una combattente o maestra d'armi</b>}, con esperienza nella partecipazione a diversi conflitti e la capacità di affrontare avversari in prima persona. Se vuoi un modello da seguire, Buffalo Bill. {sesso == femmina: Se fai parte di un esercito regolare, potresti essere costretta a girare travestita da uomo.}
    ~ classe_personaggio = "combattente"
    -> premesse_ruolo_sociale

Non so se si capisce, ma il testo è alternativo a seconda di come è impostata la variabile sesso: «un soldato…», oppure «una soldatessa…» e così via.

In realtà questo tipo di decisioni di design sono poi anche decisioni di contenuto: per esempio fin dall’inizio del lavoro avevo cominciato a indicare, a seconda delle varie “classi” scelte dal personaggio, un personagggio storico esplicativo, come il Buffalo Bill di qui sopra (non è che l’800 sia così presente alla mente di tutti, e serviva un rinforzo). Dopo che ho cominciato a prevedere la possibilità che i personaggi potessero essere sia maschili che femminili l’indicazione di soli modelli maschili era evidentemente incongrua e ho passato un po’ di tempo a cercare anche modelli femminili: non in tutti i casi mi è stato possibile trovare esempi adatti (una nota contrabbandiera dell’800?! giusto nei dintorni di Malles c’è un sentiro dedicato a loro, e devono essere state centinaia solo in quella valle fra Italia, Austria e Svizzera, ma come trovare i nomi? E come dare l’indicazione comprensibile ai giocatori?), ma in un buon numero di casi c’è una doppia indicazione,

- Scegli {ora|nuovamente} la classe del tuo personaggio. {Determinerà le caratteristiche che userai durante il gioco di ruolo tradizionale.|} {Nota che parliamo della sua identità all'inizio della campagna; in futuro potrebbe cambiare, {sesso == maschio: come Buffalo Bill che è stato prima corriere del Pony Express, poi cacciatore, poi militare e poi imprenditore e uomo di spettacolo.|come Elizabeth Blackwell, che è stata prima medico, poi riformatrice sociale e infine scienziata.}|} 

e in altri casi un unico modello maschile o femminile, con una prevalenza di modelli maschili molto minore di come era inizialmente. Per esempio

+ {sesso == maschio: un <b>guerrigliero</b>,|una <b>guerrigliera</b>,} appartenente a un corpo di truppe irregolari. Potrà essere {sesso == maschio: un combattente|una combattente} di prima linea, il capo di una piccola unità o {sesso == maschio: un comandante|la comandante} di larghe formazioni di truppe leggere e bande irregolari, come Giuseppe Garibaldi, un buon modello da cercare di imitare.
    ~ classe_personaggio = "guerrigliero"
    -> premesse_ruolo_sociale

ma anche

+  {sesso == maschio:un <b>rivoluzionario</b>|una <b>rivoluzionaria</b>}. Non {sesso == maschio:un teorico|una teorica}, non {sesso == maschio:un|una} leader, ma {sesso == maschio:un|una} semplice componente di base della rivoluzione: {sesso == maschio:un|una} bombarol{sesso == maschio:o|a}, {sesso == maschio:un cospiratore|una cospiratrice}, {sesso == maschio:un|una} giornalista, {sesso == maschio:un|una} sindacalista, oppure {sesso == maschio:un|una} combattente sulle barricate, come Louise Michel, la Pétroleuse.
    ~ classe_personaggio = "militante rivoluzionario"
    -> premesse_ruolo_sociale

Visti questi esempi, torno un attimo sulla lunghezza del testo e sulla scrittura frammentata: come vedete, un sacco di roba che si scrive non sarà mai vista dal giocatore, e un’altra parte svanirà nei meandri del codice: ci sono decine di classi diverse e tu scrivi per tutte, ma il giocatore ne sceglierà solo una (in realtà farà tre personaggi diversi, ma il discorso rimane); sceglierà se essere un bianco o meno, quale religione avere, che lingua si parla nel suo mondo: tu però hai scritto per tutte le eventualità.

La variante di genere, in realtà, è il solo adeguamento che ho aggiunto in corso d’opera: nazionalismi, discriminazione razziale e religione facevano parte dall’inizio dell’idea di ‘800 che volevo proporre ai giocatori; la scelta di avere millemila classi dei personaggi faceva parte invece dell’idea di proceduralità nella creazione del mondo, perché a seconda della classe il mondo si determina, parzialmente, in maniera diversa – questo vuol dire che presenza di molte classi diverse e presenza di un gran numero di elementi generati casualmente sono legati da un’unica idea di design del mondo di gioco, ma su tutto questo torno fra un attimo.

Prima devo raccontare che credo non sia casuale che l’ultima grossa variazione apportata all’impostazione del programma sia anch’essa legata alle dinamiche di genere. Inizialmente, infatti, che il personaggio fosse gay era legato a un tiro casuale: cioè tu sceglievi se il tuo personaggio era maschio o femmina e poi, durante la costruzione del personaggio, potevi essere informato o informata che eri gay:

- dado == 7:
                ~ caratteristiche_speciali += amante_giovane
                ~ influenza ++
                {determina_queer(RANDOM(1,8))}
                ~ amante_giovane_gen = "{sesso == maschio and queer == 0: {~Maelie|Senara|Enora|Anaelle|Azenor|Katell|Perlezenn|Conwenna|Oanez|Nana}|{sesso == maschio and queer == 1:{~Ael|Argant|Armel|Bran|Corentin|Elouan|Erwan|Ewen|Malo|Maugan}|{sesso == femmina and queer == 0:{~Ael|Argant|Armel|Bran|Corentin|Elouan|Erwan|Ewen|Malo|Maugan}|{~Maelie|Senara|Enora|Anaelle|Azenor|Katell|Perlezenn|Conwenna|Oanez|Nana}}}}"
                {sesso == maschio: {queer == 0:Si vede spesso al tuo braccio una donna giovane e bellissima, la tua amante. Temi che {amante_giovane_gen} possa esserti infedele, e sei sempre in tensione; tutto questo ti ha dato una notorietà tinta di scandalo:|Ti si vede spesso al braccio di un uomo bello e fascinoso, il tuo amante (si, sei gay); temi però che {amante_giovane_gen} possa esserti infedele, e sei sempre in tensione; tutto questo ti ha dato una notorietà tinta di scandalo:}|{queer == 0: Ti si vede spesso al braccio di un uomo bello e fascinoso, il tuo amante; temi però che {amante_giovane_gen} possa esserti infedele, e sei sempre in tensione; tutto questo ti ha dato una notorietà tinta di scandalo:|Si vede spesso al tuo braccio una donna giovane e bellissima, la tua amante (si, sei lesbica). Temi che {amante_giovane_gen} possa esserti infedele, e sei sempre in tensione; tutto questo ti ha dato una notorietà tinta di scandalo:}} la tua influenza aumenta.

Vi ho messo i punti da notare in grassetto. Chiedo scusa se queer nel contesto non è esatto o adatto: sono tag che uno si mette nel codice e che deve capire lui e solo lui. Il punto, comunque, è che questo avere determinate preferenze sessuali come se fosse una sfiga (o una fortuna) casuale mi è sembrato a un certo punto molto da boomer e l’ho eliminato (è stato un momento di comprensione interessante). Adesso per dire la scelta dell’orientamento sessuale funziona così:

Tanto per cominciare, il personaggio è <>
    + (genere_maschio) [maschio] maschio.
        ~ sesso = maschio    
        -> per_caso_queer
    + (genere_femmina) [femmina] femmina.
        ~ sesso = femmina
        -> per_caso_queer
    
- (per_caso_queer) 
~ temp dado = RANDOM(1,8)
{determina_queer(dado)}  
{queer == 1:Il tiro di dado ci dice che è attratt{sesso == maschio:o|a} sessualmente da persone del suo stesso sesso|Il tiro di dado ci dice che il personaggio è eterosessuale}.
Vuoi cambiare questa scelta?
    + Si.
    {
    - queer == 0:
        ~ queer = 1
        Quindi il personaggio sarà attratto sessualmente da persone del suo stesso sesso.
    - queer == 1:
        ~ queer = 0
        Quindi il personaggio sarà attratto sessualmente da persone del sesso opposto.
    }
    + No.
    Bene, allora lasciamo così.
    -> scelta_parola_che_mi_rifiuto_di_usare

e le varie situazioni create reagiscono poi automaticamente (ci sono stati infiniti punti da correggere). Non c’entra niente in qusto contesto, ma la parola che mi rifiuto di usare e che forse qualcuno ha notatto qui sopra è, peraltro, razza, perché essere un boomer vuol anche dire essere stato educato all’idea che le razze non esistono (esiste l’oppressione dell’uomo sull’uomo – e sulla donna, soprattutto – ma questo è un altro discorso); poi la variabile l’ho chiamata razza lo stesso, ma nella parte di programma visibile agli utenti la parola non compare mai (spero, salvo errori).

Poi, rimangono altre stranezze: l’orientamento sessuale è nella piena determinazione del giocatore, ma scorrendo le dimensioni casuali a uno può capitare di essere satanista, pedofilo, schiavista e diverse altre cose abbastanza ributtanti. Ho lasciato così, evidentemente, altrimenti tutta l’idea di design se ne andava via, ma il punto rimane e lo segnalo. Naturalmente, in parte dipende dal fatto che il design è quello tradizionale dei giochi di ruolo old school, nel quale il giocatore ha molto controllo sulla creazione del proprio personaggio; già alcuni giochi storici (Cyberpunk e Traveller sicuramente) creavano casualmente un passato del personaggio che poteva anche essere spiacevole o limitante, e io ho fatto riferimento a quelli, di fatto. Se tutte le caratteristiche del personaggio fossero state generate casualmente, fin dal principio, evidentemente le cose dovrebbero essere configurate diversamente, ma prima di tutto in questo caso i giocatori sarebbero stati eslcusi completamente dal processo di creaizone e non avrebbero sentito il mondo come proprio, così negando tutto l’obiettivo, e poi io volevo lasciare libertà ai giocatori ma contemporaneamente porre problemi ai personaggi, e alla fine ho deciso che l’identità e le preferenze sessuali erano un problema da porre che non era sufficientemente ottocentesco da meritare le controversie del ventunesimo secolo, e spero che Oscar Wilde e un sacco di altri sconosciuti abbiano pietà di me.

*** [Una specie di disclaimer.]                  - I personaggi saranno "tuoi" per giocarci, ma non "tuoi" in maniera tale da poter determinare <i>tutte</i> le loro caratteristiche: nel processo di creazione alcuni elementi saranno casuali e potrà capitare che i personaggi rivelino dei tratti sgradevoli o perfino ributtanti (ma saranno sempre molto ottocenteschi). Puoi prenderla come una sfida. Ti potrà sembrare che questo dia più profondità alle partite future. Puoi proporti di redimere il tuo personaggio. Oppure, puoi rifare tutto il processo e creare tre personaggi diversi e, si spera, senza difetti. 

Colo l’occasione per dire invece, sul versante del design, di un elemento ricorrente del gioco, che è l’attenzione a dare un nome ben individuato ai vari comprimari che vengono tirati in ballo nel processo di creazione dei personaggi principali. Un esempio è questo,

- dado == 6:
            ~ caratteristiche_speciali += idea_ossessiva
            ~ ossessione = "{~una valvola|un giroscopio|una pompa idraulica|una serratura|una caldaia|un revolver|un freno idraulico|un manometro|un modello di locomotiva|un motore navale|un giunto per edilizia|un ponte d'emergenza|una macchina volante|una macchina calcolatrice} migliore del brevetto di {~Stiffen|Wilcott|Hume|Roungemont|Vichy|Pascal|Salgado|Costa|Savater|Anderssen|Lasker|von Kues|Jusupov|Keres|Kropotnik|Palestrina|Lagalla|Tasso}"
            Sei ossessionat{sesso == maschio:o|a} dall'idea di riuscire a progettare {ossessione}. Un tempo questa ossessione ti portava a essere sempre un po' distratt{sesso == maschio:o|a}, poi sono venute le notti insonni, il chiuderti in te stess{sesso == maschio:o|a}, il senso di frustrazione crescente, gli improvvisi scoppi d'ira... La gente attorno a te è sempre più preoccupata.

nel quale viene creata la figura del tutto estranea di uno sconosciuto possessore di un brevetto qualsiasi. Lo stesso elenco di nomi si trova in varie altre occasioni, come nel caso della presenza di un rivale d’affari di un secondo personaggio,

- dado == 9:
            ~ caratteristiche_speciali += calunnie
            ~ ricchezza ++
            ~ influenza --
            ~ calunniatore = "{~{nome_straniero(linguaggio)}|{linguaggio == inglese: {~Stiffen|Wilcott|Hume}|{linguaggio == francese:{~Roungemont|Vichy|Pascal}|{linguaggio == spagnolo:{~Salgado|Costa|Savater}|{linguaggio == tedesco:{~Anderssen|Lasker|von Kues}|{linguaggio == russo:{~Jusupov|Keres|Kropotnik}|{~Palestrina|Lagalla|Tasso}}}}}}}"
            Hai fatto causa all'industriale {calunniatore}, che si rifiutava di pagarti quanto dovuto per il tuo lavoro sui suoi apparecchi. La tua ricchezza aumenta.
                Ora però quel{~ maiale borioso| figlio di una scimmia| mentecatto traditore|... quel... quel...|lo scarto di baleniera| lurido infame|lo schifoso imbroglione} cerca di vendicarsi parlando male di te in ogni ambiente che frequenta, calunniandoti coi tuoi clienti e fornitori. La tua influenza diminuisce.

e anche in conesti del tutto diversi:

- dado == 6:
            ~ caratteristiche_speciali += seguace_di
            ~ leader_gen = "{classe_personaggio == "meccanico":{~il temuto colonnello|il famoso esploratore|la notissima esploratrice|il coraggioso navigatore di lungo corso|l'ardito trasvolatore|la temeraria trasvolatrice|l'innovativo progettista|la spregiudicata imprenditrice|il prolifico inventore|la nota scienziata|l'appassionata ricercatrice}|{~il temuto colonnello|il famoso esploratore|la notissima esploratrice|il coraggioso navigatore di lungo corso|l'ardito trasvolatore|la temeraria trasvolatrice} {~{{nome_straniero(linguaggio)}|{~Stiffen|Wilcott|Hume|Roungemont|Vichy|Pascal|Salgado|Costa|Savater|Anderssen|Lasker|von Kues|Jusupov|Keres|Kropotnik|Palestrina|Lagalla|Tasso}}}}"
            Ormai da anni collabori con {leader_gen}, {classe_personaggio == "meccanico":alle cui imprese e scoperte hai dato un contributo indispensabile, sebbene non sempre pienamente riconosciuto dall'opinione pubblica. Ma non ti preoccupi: la sua amicizia e la sua stima sono ricompensa sufficiente, come pure la scusa che ti offre per abbandonare la tua officina per lanciarti in affascinanti viaggi del corpo e dello spirito|che ti onora della sua amicizia; unendoti ai suoi viaggi hai potuto vedere meraviglie naturali inaspettate e accumulare conoscenze che altrimenti ti sarebbero state certamente negate}.

Il gioco è cioè aperto alla presenza di più comprimari diversi, un progettista, un rivale in affari, un’esploratrice, con nomi diversi. Ma se la casualità assiste pososno anche chiamarsi allo stesso modo, creando per esempio una famiglia Kropotkin in cui il padre è un fortunato progettista, il figlio gestisce l’industria di famiglia e la figlia è un’esploratrice e il nume titolare di un personaggio diverso, creando una tensione narrativa fra due dei personaggi dello stesso giocatore (o di due giocatori diversi). Liste di nomi potenzialmente coincidenti si trovano dappertutto. Questo intreccio di costruzione del mondo casuale che può costruire da sola spunti per trame, narrazione frammentata che casualmente si scopre ricondursi a unitarietà, creazione di problemi ai giocatori generata in maniera apparentemente naturale era esattamente quel che volevo fare (che poi ci sia riuscito resta da vedere).

L’800 e tutto quanto

Carlos Roume

Era da molto che volevo fare un gioco ambientato nell’800 latinoamericano, credo soprattutto per influenza di passate letture del fumetto argentino. Essendo cresciuto, come tanti della mia generazione, nel mito dell’avventura, l’800 è un periodo di riferimento naturale. Nei miei esercizi di worldbuilding che mi faccio di notte, come Tolkien, avevo già costruito almeno un paio di ambientazioni con questa linea tematica, e questa mi pareva l’occasione giusta per proporre qualcosa del genere ai Fabbricastorie (il titolo del regolamento di gioco preparato per questo tipo di avventure, Fra piombo e fiamme, è una citazione salgariana).

L’ambientazione latinoamericana era, in ogni caso, solo una ispirazione generale: fin dal principio ho deciso che avremmo giocato non in una ambientazione storica e geografica reale, ma in un mondo inventato, anche se con riferimenti facilmente individuabili e in certi casi direttamente espliciti.

Nella scrittura ho deciso di aumentare la possibilità che i mondi creati fossero abbastanza divergenti fra loro, a seconda delle scelte degli utenti e della casualità, e per di più ho pescato a piene mani dalla letteratura avventurosa dell’epoca e successiva, quindi ci sono dentro molti altri riferimenti diversi. Rileggendo alla fine, in realtà, il riferimento latinoamericano rimane preminente, e mi sono reso conto abbastanza tardi che avrei potuto permettere linee narrative più radicalmente divergenti: il riferimento all’India è complessivamente debole e quello africano o cinese quasi interamente assente. Era un momento in cui ero abbastanza stanco e, soprattutto, volevo chiudere per dimostrarmi che ero capace di mettere un punto al progetto, quindi ho deciso che l’allargamento delle ambientazioni andrà a eventuali espansioni.

C’erano in realtà anche altri problemi, ma per spiegarlo devo fare un passo di lato.

Temi e recensioni

Per me proporre una campagna ai miei giocatori vuol dire, spesso, avere l’occasione di esplorare una tematica, nella maniera specifica dei giochi di ruolo, cioè narrativamente. Apro una parentesi per tornare alla discussione precedente delle caratteristiche casuali dei personaggi: è per questo che sono stato abbastanza libero con caratteristiche negative o controverse – un po’ perché corrispondeva all’idea del periodo che volevo trasmettere, ma anche perché lo sviluppo della trama sarà molto in mano ai giocatori, e avere personaggi di tipo molto diverso a disposizione vuol dire avere pedine utili per costruire le varie situazioni narrative.

La nostra prima campagna aveva già affrontato il tema del cinismo necessario per governare un’impresa coloniale (presentata in maniera molto tradizionale, peraltro), ho condotto una lunga campagna in cui reagivo al modo con cui mi aveva molto colpito il libro di Lane Fox su Alessandro Magno (Daenerys e il suo impulso autodistruttivo era ancora da venire nella volgata fantasy) e l’ambientazione della nostra penultima campagna era il turbolento periodo inglese post-Cromwell (e la violenza politica settaria in generale). Questa volta volevo provare a fare una recensione (nel senso con cui ho usato il termine l’altro giorno a proposito di Pratt e de Gli scorpioni del deserto) dell’800 in un contesto coloniale.

Poi ho avuto un attimo di scoramento, perché mi sono reso conto che una recensione videoludica dell’800 e del colonialismo esisteva già, ed era 80 days, di cui ho già parlato. Il mio non era un videogame ma una campagna di gioco di ruolo e si trattava di vedersi fra quattro amici, ma mi sono chiesto lo stesso se valesse la pena, se ci fosse la possibilità di dire qualcosa di diverso, anche già nel programma che stavo già scrivendo.

Agenzia bianca

NOn in questa edizione, in un’altra

In un bell’intervento alla Game designers conference, Meg Jayanth racconta come, per caratterizzare in senso anticolonialista 80 days, abbia scelto di ridurre la capacità di agenzia di Fogg e Passepartout, mettendoli nelle condizioni, nella loro cavalcata folle attorno al mondo, di essere travolti da un turbinio di storie nelle quali, però, i protagonisti veri non sono loro, ma le persone – non europee, non bianche, non colonialiste – che sono i veri abitanti e proprietari dei luoghi che i due viaggiatori attraversano.

Mi sono reso conto che nel mio caso la soluzione era nel fare l’opposto: in un gioco di ruolo attorno al tavolo non si può ridurre l’agenzia dei giocatori come può fare lo scrittore onnisciente dei testi di un videogame. E quindi occorreva essere eversivi in maniera diversa nei confronti della tradizione dell’avventura ottocentesca, accettando tutti gli stilemi convenzionali del genere (e però rendendoli adulti), prendendo sul serio le figure dei protagonisti classici, avventurieri, esploratori, combattenti, non negando loro potere di agenzia, ma mostrando le conseguenze reali delle loro azioni.

Questo però voleva dire, in qualche modo, accettare che il mondo di riferimento fosse largamente a trazione europea, cioè con i colonialisti in posizione certamente dominante: non un mondo in cui la presenza di neri, mulatti, nativi eccetera fosse negata, ma un mondo dove i rapporti di potere fossero palesemente a favore dei bianchi. Questo nel concreto vuol dire che il programma permette la creazione di un cast di protagonisti adatti a mettere in scena, poniamo, riscritture di eventi reali come la liberazione di Haiti, la guerra delle Colline Nere, la rivolta dei sepoy o i pirati della Malesia, se lo si vuole. Metterci dentro Shaka Zulu o Menelik, le guerre dell’oppio dal punto di vista dei cinesi o entità statuali non europee molto strutturate è un po’ più complicato, richiede forse un intervento di scrittura più pesante e in ogni caso non so se davvero mi interessa farlo o se sarebbe più opportuna un’altra campagna ad hoc (per esempio, di questi tempi tornare alla rivolta dei boxer e al tema di colonialismi concorrenti – nei due sensi del termine – sarebbe interessante, secondo me). Andare ancora oltre e, in nome della decolinizzazione dell’immaginario, adottare un punto di vista diciamo così color blind era del tutto contrario alle mie intenzioni.

In parte la difficoltà dipende anche dalla presenza, esplicita, di schiavi neri e di un sistema schiavistico in generale. Questo rende meno facile l’eventuale ambientazione fintoafricana e, in generale, spostare il focus geografico oltre l’Atlantico. D’altra parte la questione della schiavitù e dell’abolizionismo è uno dei grandi temi del secolo e volevo assolutamente esplicitarlo. L’altro tema era quello della costruzione dell’identità della classe operaia e, potenzialmente, la costruzione (e la repressione) di esperimenti democratici, ma questo dipenderà dai giocatori.

Al di là di questo, io credo che prendere sul serio l’800 favorendo la possibilità di agenzia dei giocatori, come ho detto, voleva dire ammettere che la questione dell’epoca era la colonizzazione, non il suo contrario, e che anche coloro che la avversavano spesso si ponevano in termini di nazionalismi, non di decolonizzazione intesa in senso odierno: certo, se dovessi fare un gioco sul ‘900, le cose sarebbero del tutto diverse e preferirei leggere il secolo in una narrazione della decolonizzazione e delle lotte di liberazione, a preferenza doi qualunque altro tema, e tanti saluti alla III Internazionale.

Giochi (più o meno) finiti

Quando lavori con Ink il programma ti avvisa se fai errori. Di solito io li correggo subito, ma a un certo punto dello sviluppo ho scelto di elaborare un pezzo del programma a parte e di andare avanti lasciando uan specie di buco nel mezzo – nel frattempo Ink praticamente faceva suonare ininterrottamente la sirena. Dopo diverse settimane ho finalmente finito la bozza, ho preso il pezzo mancante e l’ho inserito, turando il buco, diciamo. Improvvisamente sono spariti tutti i bollini rossi e il programma ha cominciato a scorrere, armoniosamente. È stato un momento molto emozionante; quando ho intervistato Matteo Contu prima della Jam lui mi ha raccontato della sensazione di quando scrivi un pezzo di videogame e vedi che funziona, e io l’ho capito benissimo.

Questo è stato diversi mesi fa: da allora ho continuato a correggere, aggiugnere pezzi, riscrivere e cambiare via via impostazione di alcune cose. Con tutto questo, quando ho dato il giochino ai Fabbricastorie per prima cosa si è bloccato.

Subito.

La quantità di errori che ho dovuto correggere in un programma che credevo finito è incredibile. L’esperienza di debug e di playtest è stata molto istruttiva, e in realtà è uno dei motivi che stanno dietro a questo articolo: ci sono sicuramente molti errori che ancora non ho scovato e quindi chiedo collaborazione; potete scaricare il programma qui, scompattarlo sul vostro PC e usarlo: è compilato per funzionare come html, quindi basta che lanciate il file index che sta dentro la cartella con il vostro browser abituale. Mi faranno piacere tutte le osservazioni, sia qui sotto, come commenti, che direttamente. Se mi segnalate errori o incongruenze potrebbe essermi utile sapere cosa avete fatto, dove l’avete trovato, al limite la stampa della schermata.

L’unico errore non corretto di cui sono cosciente è che la presenza contemporanea di troppe epidemie frischia di condurre il giocatore in un vicolo cieco, ma correggerlo richiede un intervento un po’ pesante e non l’ho ancora fatto.

L’ultimo cambiamento apportato al programma, a dir la verità, è stato il titolo. Per molto tempo il nome del progetto e il potenziale titolo della campagna è stato Nascita di una nazione, che era contemporaneamente molto evocativo e anche rappresentativo della trama complessiva della campagna. Ero abbastanza certo che la frase fosse stata utilizzata millemila volte in contesti diversi, poi ho visto che in realtà il riferimento nei motori di ricerca era al film di Griffith in maniera del tutto preminente per non dire esclusiva, e ho preferito cambiare. Adesso il programma si chiama Terre dell’orizzonte, che è altrettanto evocativo ma purtroppo noon vuol dire niente, maledetto Clansman.

A parte la correzione del baco legato alle epidemie, continuerò a correggere eventuali errorini del programma ma non credo che ci tornerò sopra in maniera robusta tanto presto. Scrivendo questo articolo mi è venuta un po’ voglia (e un po’ no, come detto sopra) di fare un’espansione meno legata all’America Latina; più facilmente potrei aggiungere un pezzo che crei anche le schede dei personaggi incorporando le caratteristiche e le abilità più tipiche dei giochi di ruolo, e naturalmente potrei utilizzare quanto già fatto per proporre un vero e proprio pezzo di videogame (per esempio, il titolo previsto del primo capitolo della campagna è Patria o morte). Più probabilmente pezzi anche consistenti di quanto scritto troveranno la loro strada in qualche altro gioco, come per esempio un mio vecchio progetto di un western che inizia con una rapina in Messico. Non credo però che sarà tanto presto, perché Thisisnotafunnygame sta riprendendo in mano il gioco sulla lotta politica iniziato alla Jam (titolo provvisorio: Le radici dell’odio) e questo ha la precedenza.

Ripensando al progetto adesso, trovo quasi incredibile quanto il gioco sia più largo che lungo: con tutte le 66407 parole che ci ho messo dentro, in dieci minuti si finisce, una roba che fa pensare (Meg Jayanth per 80 days ha scritto 800 000 parole, un’enormità).

Per il resto, beh, c’è dentro molto di me, sia dal punto di vista di quel che penso dei giochi, di come è interessante giocare, di come si costruisce un mondo, del ruolo e dell’agenzia dei giocatori, sia dal punto di vista del mio immaginario, dei iei riferimenti e dei miei pensieri.

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