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Se guardi Capitan America e ti viene da dire “Times are a-changing”

Trovo un po’ strano che da Capitan America, che era uno dei fumetti di supereroi che preferivo di meno, traggano invece quelli che trovo i film più riusciti. Mi era molto piaciuto il primo e anche questo Winter soldier non mi sembra niente male.

In realtà, come avrete letto nel titolo e nell’articolo di ieri, le riflessioni che mi ha suggerito il film sono perlopiù non cinematografiche, quindi andremo con ordine.

Nota: la parte che segue immediatamente contiene qualche spoiler, ritengo non centrale.

Capitan America: The Winter Soldier (Anthony e Joe Russo, USA 2014)

Il film

Non ho visto The Avengers, che dal punto di vista degli eventi narrati dovrebbe collocarsi cronologicamente fra il primo Capitan America e questo, ma sono convinto che in buona parte i film di Capitan America funzionino perché la controparte cattiva, cioè l’organizzazione segreta HYDRA, è molto indovinata, o forse dovrei dire appropriata. Cap non ha un antagonista che sia anch’egli un supereroe, ma una organizzazione composta di una serie di avversari, dotati magari di tecnologie straordinarie, o molto addestrati, o molto intelligenti, ma sempre eminentemente umani: e questo ha consentito per contrasto di impostare il personaggio cinematografico di Capitan America come un essere bifronte che è da una parte molto umano e contemporaneamente molto eroico (una caratteristica in buona parte condivisa da tutti i comprimari positivi dei due film: Nick Fury o la Vedova Nera sono personaggi tutto sommato abbastanza sfaccettati).

È curioso, voglio dire, che questa operazione sia riuscita per Capitan America e molto meno con l’Uomo Ragno, che pure dovrebbe essere il “supereroe con superproblemi” per definizione e che invece finisce spesso per essere inutilmente retorico, o gladiatorio. Qui invece il tono piano funziona quasi sempre – direi che l’unica eccezione è quando entra in scena Falcon, uno dei sidekick più incompiuti che abbia mai visto – e su questo tono piano funzionano e diventano emozionanti i pochi momenti in cui regista e sceneggiatori vogliono davvero creare l’effetto.

«Ordini del Capitano». Beh, funziona.

L’HYDRA come avversario è molto appropriata anche da un altro punto di vista. Siamo nel campo delle cospirazioni mondiali, un tema che è comprensibile anche a un pubblico complessivamente digiuno di supereroi – niente complesse costruzioni di mitologie asgardiane o difficili ragionamenti sul rapporto fra umani e mutanti – e per il quale si può pescare a piene mani fra i materiali narrativi provenienti dai film di spie e dai thriller, compreso il modo di caratterizzare i comprimari, mentre cinematograficamente permette di incrociare un action movie moderno di buona qualità – un genere oggi molto maturo e che funziona (quasi ) sempre – con quel tanto di fantascientifico e di invenzione visuale che rappresenti un valore aggiunto.

Insomma, The Winter Soldier fa passare due ore appassionanti, non ha sbavature, è molto compatto, ben diretto e ben recitato.

Non strappa gridolini di eccitazione, questo sì. Soprattutto perché, come tanti film recenti, la sfida posta agli eroi ha delle soluzioni molto classiche ma un po’ telefonate. Se avete visto il post di ieri forse capirete di cosa parlo: per rendere la sfida credibile occorre supporre che prima dell’inizio delle vicende il campo dei buoni abbia commesso una serie di errori che sfidano un po’ la capacità di sospensione di incredulità degli spettatori: dopotutto, se sono gli eroi – e quindi bravissimi, intelligentissimi, eccetera – dovrebbero essere in grado di valutare che cosa può succedere se decidono di fare una certa cosa, e magari allora non farla, perché invece farla e poi arrabattarsi per due ore di pericoli mortali per sbrogliare il pasticcio sarà sì eroico ma non molto furbo.

L’altra cosa paradossale

Ho già detto della dimensione almeno apparentemente anti-retorica del film (o, più esattamente, una retorica in chiave minore).

L’altro tema che mi ha molto colpito è quello di una decisa presa di posizione contro le dinamiche sulla sicurezza che ormai abitualmente associamo all’America. Non voglio entrare nella trama per non svelare niente, però la presa di posizione del film è chiarissima: niente attacchi preventivi coi droni, per capirci. L’impressione che ho avuto è che se l’industria mainstream americana (perché nel caso di una produzione del genere non stiamo parlando di Michael Moore, diciamo) arriva a porre il tema nel modo con cui viene posto in The Winter Soldier, allora forse gli USA cominciano a metabolizzare (finalmente) l’11 settembre.

Può darsi che esageri, naturalmente, o che sopravvaluti il segnale. Però ricordo che anni fa vidi le prime puntate di Beverly Hills 90210, agli inizi degli anni ’90, e rimasi spiazzato. Dall’America reaganiana arriva una storia con parecchio politicamente corretto, toni diversi, buoni sentimenti. Una storia diversa. Ecco, probabilmente mi sbaglio, ma The Winter Soldier mi ha dato la stessa sensazione di pagina girata, di mood culturale che cambia.

The times are a-changing, Captain.

Roba da non credersi.

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