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L’opera pubblica? È un gioco!!

Sono molto di fretta, ma appunto qui senza troppo approfondire che stamattina mi è venuto in mente che, probabilmente, molti dei conflitti intorno alla realizzazione di opere pubbliche a Cagliari (diciamo quelle del tipo “costruzione di parcheggi”, “taglio di alberi” e simili) sono in realtà dei giochi di Berne.

Eric Berne, fondatore dell’analisi transazionale, sostiene (in A che gioco giochiamo, edito da Bompiani nel 2000) che ci sono una serie di relazioni sociali che si strutturano secondo regole implicite (per questo le chiama, appunto, giochi) in cui le persone competono per delle poste in gioco non dichiarate e diverse da quelle apparenti.

Vi sembra incomprensibile? Facciamo un esempio. La signora che si lamenta con le amiche perché il rubinetto perde si sente dire: «Chiama un idraulico». Al che lei risponde: «Eh! A trovarne, in questo periodo! Quello che ho chiamato non è disponibile fino al mese prossimo, e nel frattempo io che faccio?!» (e segna un punto). Le amiche possono tentare di andare in rete a loro volta, dicendo: «Chiedi a tuo marito di sistemarlo», e lei raddoppia con: «Chi?! Quell’incapace??». «E allora sistemalo tu…», «Eh! Fai presto a dirlo tu, ma con la mia schiena…», filetto, cappotto e partita (in realtà fra giocatori veramente abili si può andare avanti per ore, o almeno finché non finisce l’ora del the, perché ovviamente le amiche non sono avversarie del gioco, ma complici).

Perché succede? Perché secondo Berne la nostra psicologia è strutturata secondo tre componenti: l’adulto (la razionalità, il senso del limite…), il bambino (impulso, energia, desiderio, soddisfazione del piacere) e il genitore (senso del dovere, autorità), e queste tre componenti sono influenzate dalle nostre esperienze con le figure genitoriali, con il vissuto che abbiamo avuto da bambini e così via (ve l’ho detto che non mi posso dilungare). Tornando alle nostre signore, quella che apparentemente è una relazione fra adulti (ho un problema, suggeritemi una soluzione) è in realtà una relazione fra bambini che permette alla signora di marcare la sua superiorità sulle amiche («non siete capaci di prendermi – cioè mettermi con le spalle al muro con un suggerimento che non posso rifiutare – gnegnegne»).

La teoria ha importanti applicazioni in terapia: per esempio permette di capire che persone che stanno vicine a un alcolizzato o a chi soffre di altre dipendenze in realtà collaborano al suo rimanere in quella condizione, anche se apparentemente cercano di farlo smettere (per esempio perché questo gli permette di ricoprire all’infinito il ruolo di genitore rimproverante, oppure di assumere il ruolo di “quello che porta la croce”, che è anche questa una forma di gratificazione, sebbene perversa). Un caso semplice è il gioco che Berne chiama Tutta colpa tua: per esempio un marito (siamo negli anni ’50) impedisce alla moglie di uscire e fare vita sociale. La moglie si lamenta col terapista: «Se non fosse per la severità di mio marito…». In realtà sotto questa patina si cela il fatto che la moglie ha scelto un marito autoritario per essere sicura di essere repressa e non doversi confrontare con le sue insicurezze, casomai si trovasse davvero costretta a uscire nel mondo. Quindi l’apparente relazione fra adulti (con argomenti tipo la parità fra coniugi, il desiderio di autorealizzazione eccetera) cela da parte del marito una relazione bambino – bambino: «Se non ti trovo a casa al mio ritorno mi sento abbandonato», e da parte della moglie una del tipo bambino – genitore: «Proteggimi, dimmi cosa devo fare…».

In generale secondo Berne tutte le relazioni che dovrebbero essere del tipo adulto – adulto possono essere “giocate” in maniera distorta, agendo sotto la superficie con relazioni del tipo genitore – bambino o bambino – bambino.

startrekborrowsstarwarsDetto tutto questo secondo me certe volte a Cagliari si gioca questo gioco:

Sindaco, assessore, dirigente comunale (genitore 1): «Qui si fa quel che dico io!!».

Intellettuale 1 (altro genitore): «Eh?! Un’opera pubblica senza il mio consenso? E cos’è questa città, un albergo?! Chi è che porta i pantaloni in questa città, eh?!?!».

Intellettuale 2 (bambino): «Cos’è, c’è casino? Ahiò a vedere! Mamma, mamma, si stanno picchiando!».

Attivista di professione 1 (bambino, al genitore 1): «Prova a prendermi prima che finisca di far firmare questa petizione! Non ci riesci, non ci riesci, gnegnegne».

Intellettuale 3 (genitore): «In verità, in verità vi dico, sulla base di un mio saggio, edito dalle prestigiose edizioni Su Connottu site in Pompu, su (inserire argomento a piacere, a proposito o a sproposito) che quest’opera non s’ha da fare perché…».

Giornalista 1 (bambino, a uno scelto a caso): «Cos’è, ci volevi costruire un parcheggio a mio fratello?! Costruiscilo un po’ con uno che è grosso come te, se hai coraggio».

Giornalista 2 (bambino): «Guardi, era un parcheggio grande così…».

Attivista di professione 2 (bambino): «Mario, c’è rissa! Ahiò a fare casino».

Attivista di professione 3 (genitore): «Benedetti bambini, smettela di fare chiasso! Santa pazienza, tocca sempre a me spiegarvi come vi dovete comportare».

Altri (bambino, indicando uno a caso): «Non sono stato io! È tutta colpa sua!!!».

Proseguire ad libitum. Il bello di questo gioco è che ammette un numero indefinito di giocatori.

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