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Lo zio Rufus va all’Università

Logo_Università_di_CagliariAvviso: questo articolo riguarda cose veramente mie, probabilmente di nessun interesse per il mondo.

Dell’importanza di un titolo di studio

Insomma, un po’ mi prudevano le mani.

Chi mi conosce sa che dopo una lunga (e talvolta dolorosa) vita in Scienze Politiche, non mi sono mai laureato: la prima volta ho lasciato che mi mancavano pochi esami, ma l’ultimo tentativo l’ho fatto due anni fa e l’ho chiuso senza praticamente avere mai nemmeno ricominciato.

E però sentivo comunque un forte bisogno di formazione: un po’ mi pesa l’essere sempre autodidatta e anelo alla sistematicità; non parliamo poi del fatto che, contrariamente a quel che si pensa, il titolo – nel senso del pezzo di carta – comunque serve.

E quindi questa estate ho detto a Maria Bonaria: «Mi sa che a settembre mi iscrivo di nuovo all’Università». E lei mi ha detto: «Bravo».

L’offerta formativa ha fatto la dieta

Ragionando, però, mi sono reso conto che il percorso di Scienze Politiche che, lo dico a scanso di equivoci, rimane comunque il più bello del mondo, in questo momento è aldilà delle mie possibilità di tempo, di concentrazione e di sforzo mnemonico, e quindi il colpo di genio: mi iscrivo in Storia, ho pensato, è vicino ai miei interessi, ho già delle competenze di base, richiede un approccio diverso allo studio e così, forse, ce la posso fare.

Certo, dei segnali preoccupanti c’erano. Un amico professore universitario mi dice: «Che bella decisione! Sei ammirabile: proprio tu che lavori all’università e sai in che condizioni siamo. Proprio tu che sai benissimo che il corso di studi magari potrebbe essere rivoluzionato da un momento all’altro dal tratto di penna di qualche oscuro funzionario ministeriale, impedendoti così di concluderlo». Adesso si che mi sento più tranquillo.

Secondo segnale: non esiste una laurea in storia all’Università di Cagliari. Quello che pudicamente viene chiamato asciugare l’offerta formativa – una conseguenza della controriforma Moratti (e dell’inerzia di Mussi) e della possibilità di quei famosi tratti di penna di cui sopra – non ha mai permesso alla nostra università di attivare un corso di laurea della classe L-42 ma solo un percorso interno al corso di laurea in Lettere, classe L-10.

Vi sembra arabo? Un po’ è come dire che tu vuoi fare il geometra, ma puoi solo iscriverti in una scuola di periti agrari, in cui però di fatto ti insegnano a fare il geometra. Solo che sul pezzo di carta ci sarà scritto sempre “perito agrario”. Però noi qui a Cagliari con quel pezzo di carta siamo disposti a farti accedere agli studi di geometra superiore specializzato, se vuoi, quindi alla fine forse tutto finirà bene. Forse. Altrove cosa ti potrebbe succedere non si sa. Benvenuti nel mondo complicato dell’università.

A me che ci lavoro queste cose sembrano normali, ma capisco che studenti e genitori possano rimanere perplessi.

Altre cose mi davano più fastidio e mi facevano pensare di non avere avuto proprio proprio un colpo di genio. Per esempio, siccome è un corso di laurea in lettere ti devi dare latino. Che bello. E due esami di letteratura italiana e perfino un esame di glottologia. Da trecento ore teoriche, che non è proprio pochissimo. Dice mia zia Enrica, che in Lettere ci ha insegnato e difende l’istituzione: il latino ti serve per la documentazione. Va bene: allora anche l’inglese, anzi meglio. Non è quello: è che nelle lauree in Lettere quelle materie ci devono essere, se no arriva l’oscuro funzionario ministeriale di cui sopra e ti crocifigge. E ha pure ragione.

Tutto considerato, però, mi sono iscritto lo stesso alla prova di valutazione.

Ah già, perché l’ansia di statistiche che pervade il mondo dell’istruzione italiano prevede che adesso per accedere all’università sia obbligatoria una prova di valutazione e orientamento, anche per i corsi ad accesso libero. La prova è cioè obbligatoria anche se non selettiva: chi va male si può iscrivere lo stesso ma deve fare dei corsi di recupero.

Capiamoci: detto così sembra fantastico. Finalmente l’università si occupa seriamente di didattica. Se però date un’occhiata ai risultati delle prove di quest’anno in Scienze Politiche, per esempio, capite che qualcosa non torna: se la maggior parte degli studenti fallisce un test più che abbordabile vuol dire che il problema non può essere risolto da dei “semplici” corsi di recupero.

A me la strutturazione tipica della prova di valutazione per Lettere un po’ mi seccava: perché c’erano dieci domande di latino, che non ho più toccato dall’epoca del liceo e tutto sembrava farsi un po’ complicato: col lavoro come farei, pensavo, a fare i corsi di recupero?

Insomma, dopo un po’ di esitazioni mi sono pagato la tassa di partecipazione alla prova all’ultimo minuto disponibile (esattamente le cose per cui rimprovero gli studenti tutti i giorni, in dom’e ferreri schiron’e linna), mi sono studiato le domande dei test degli anni scorsi, messe opportunamente a disposizione dei candidati, e mi sono presentato in un’aula colma di ragazzine. Ah già, questa è Lettere e non ci avevo pensato. Come mi dispiace.

E quindi…

Dopo una serie di controlli degni dell’aereoporto di New York ci siamo trovati in una cinquantina in un’aula, pronti per farci spennare. Nelle altre aule c’erano gli altri studenti, tranne un gruppo sperduto che cercava invano la selezione per filosofia e si era perduto. Poi dicono che non è vero che i filosofi sono distratti.

Un rapido sondaggio del professore che supervisionava, gentilissimo, rivela che la maggior parte di noi è intenzionata a studiare lettere moderne. Per storia siamo in quattro. Per lettere antiche uno solo, un ragazzo con gli occhiali. Tutti lo guardano con ammirazione mista a compatimento.

L’andamento della prova di orientamento dimostra che la mia vita nel corso di laurea in Lettere sarà conflittuale, cioè che mi farò riconoscere per il solito rompipalle. Appena iniziata la prova la commissione si rende conto con sgomento che qualcuno si è dimenticato di fotocopiare il retro di ogni pagina: così abbiamo le domande dall’uno al dodici, ma ci mancano le altre fino alla ventunesima, poi si arriva alla trenta ma si salta fino alla trentotto e così via. Tra me e me scuoto al testa con compatimento e penso che noi, in Scienze Politiche, questi errori non li facciamo, ma non lo dico (meno male). Invece sono bravi: con grande aplomb vengono sostituiti i questionari danneggiati governando una situazione che poteva facilmente diventare complicata.

Poi ci dicono che, contrariamente a quanto comunicato, il sistema di punteggio adottato è diverso da quello annunciato inizialmente. Sfoggio fermezza e cortesia e faccio quello che i miei vecchi studenti di Giurisprudenza, cui mi ispiro, definirebbero argutamente piantare un casino, discettando di pubblicazione di bandi che ha valore normativo, di aspettative predeterminate nei candidati e un po’ di altre cretinate. Un rompiballe, davvero, gli studenti di Giurisprudenza sarebbero fieri di me, ma la variazione rende la prova un po’ più difficile e lo spettro del corso di recupero di latino mi balla davanti agli occhi, agitando malignamente la declinazione dei sostantivi neutri della terza declinazione, mare, maris, la cui esistenza io avevo prudentemente rimosso dalla mia vita intorno ai vent’anni.

Come Dio vuole la prova finisce. Sono sicuro di aver fatto bene la parte di lingua e letteratura italiana e quella di storia. Cicerone consule dovrebbe essere un ablativo assoluto, e quindi forse ce la faccio.

Si, ce la faccio. In latino ho fatto sei su dieci, quindi oggi mi sono iscritto. La prima cosa che ho notato, con rammarico, è che per un’inezia la mia matricola non è una parola palindroma: un rompiballe, davvero. Ma se vi fa piacere mi riservo di raccontarvi in futuro qualche altra avventura nell’improbabile ruolo di studente.

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3 pensieri riguardo “Lo zio Rufus va all’Università

  • Bravo davvero! Latino serve, ma piu che altro come rito di passaggio. Un po’ come il bungye-jumping (o come diavolo si scrive)… In bocca al lupo, ammiro molto il tuo desiderio di studiare; e penso che ormai fatico anche a imparare il testo di una canzone. Sei sicuro di avere la mia stessa età?
    Lettere ha una certa tendenza a cambiare le regole in corso, come hai già potuto constatare: essere rompiballe serve, serve…

    Rispondi
  • Pingback: Una giornata in Facoltà

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