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Andiamoci piano (commenti pelosi)

Amici, andiamoci piano. Lo so che l’elezione di Trump è uno shock però, ecco, andiamoci piano.

Andiamoci piano, per esempio, a parlare di lotta di classe.lotta-di-classeNo, non è un pezzo satirico. Scrive veramente

Non è stato scontro politico, è stato scontro di classe, uno scontro di classe alla rovescia con i lower-income, i bassi redditi, i poveri ma anche il ceto medio stremato dalla crisi, i meno istruiti, l’enorme platea disillusa dal sogno americano, decisi ad affidare il loro riscatto alla destra ancora in gran parte misteriosa di Donald Trump anziché al progressismo solido incarnato da Hillary Clinton.

Ecco, io ci andrei piano: perché i rilevamenti dicono che la Clinton ha vinto fra i bassi redditi (e ha perso fra i medi e via a salire) e comunque anche parlare di progressismo solido della Clinton fa abbastanza ridere. E comunque sono tentativi di ornarsi con le piume del pavone, cioè di accreditare spiegazioni di comodo in funzione della propria lotta politica locale.

In generale, andiamoci piano a fidarci dei commenti che si leggono in giro (tranne di questo che state leggendo, naturalmente, essendo io noto per autorevolezza, competenza e equilibrio. E modestia).

Perché in questo momento, diciamo, ognuno tira l’acqua al suo mulino.

E quindi abbiamo antiamericanisti di provata fede che quindi sono con Trump a prescindere, ma c’è anche lo spettacolo piuttosto sorprendente di tutti quelli che sono sempre allineati con gli USA e adesso non sanno più che pesci pigliare, oppure quelli che scoprono, bontà loro, i difetti della globalizzazione

Immigrazione e globalizzazione, sono i due fenomeni sotto accusa. Il grande tradimento delle élite spinge alla ricerca di soluzioni nuove… oppure antichissime. Quel tradimento è reale.

Per élite intendo un ceto privilegiato che estrae risorse dal resto della società, per il potere che esercita direttamente: politici, tecnocrati, alti dirigenti pubblici nella sfera di governo; capitalisti, banchieri, top manager nella sfera dell’economia. Più coloro che hanno un potere indiretto attraverso la formazione delle idee, la diffusione di paradigmi ideologici, l’egemonia culturale: intellettuali, pensatori, opinionisti, giornalisti, educatori. Ci sono dentro anch’io.

Il tradimento delle élite è avvenuto quando abbiamo creduto al mantra della globalizzazione, abbiamo teorizzato e propagandato i benefici delle frontiere aperte: e questi per la maggior parte non si sono realizzati. Quando abbiamo continuato a recitare un’astratta retorica europeista mentre per milioni di persone l’euro e austerità erano sinonimi di un grande fallimento.

Il tradimento delle élite si è consumato quando abbiamo difeso a oltranza ogni forma di immigrazione, senza vedere l’enorme minaccia che stava maturando dentro il mondo islamico, un’ostilità implacabile ai nostri sistemi di valori.

Immigrazione e globalizzazione, sono i due fenomeni sotto accusa. Il grande tradimento delle élite spinge alla ricerca di soluzioni nuove… oppure antichissime. Quel tradimento è reale.

Per élite intendo un ceto privilegiato che estrae risorse dal resto della società, per il potere che esercita direttamente: politici, tecnocrati, alti dirigenti pubblici nella sfera di governo; capitalisti, banchieri, top manager nella sfera dell’economia. Più coloro che hanno un potere indiretto attraverso la formazione delle idee, la diffusione di paradigmi ideologici, l’egemonia culturale: intellettuali, pensatori, opinionisti, giornalisti, educatori. Ci sono dentro anch’io.

Il tradimento delle élite è avvenuto quando abbiamo creduto al mantra della globalizzazione, abbiamo teorizzato e propagandato i benefici delle frontiere aperte: e questi per la maggior parte non si sono realizzati. Quando abbiamo continuato a recitare un’astratta retorica europeista mentre per milioni di persone l’euro e l’austerity erano sinonimi di un grande fallimento.

Il tradimento delle élite si è consumato quando abbiamo difeso a oltranza ogni forma di immigrazione, senza vedere l’enorme minaccia che stava maturando dentro il mondo islamico, un’ostilità implacabile ai nostri sistemi di valori.

A parlare è Federico Rampini. Lo stesso che nel 2008 scriveva:

È campagna elettorale
Esce un altro Tremonti contro la globalizzazione
Se fosse vissuto nell’800, immagino
avrebbe bocciato la rivoluzione industriale
e quella sarebbe andata avanti lo stesso
ignara di dover chiedere il permesso.

Anche poeta, perbacco. Scazonte ma poeta. Francamente il pentimento sembrerebbe un tantino sospetto, e sa di sapiente riconfigurazione del proprio profilo di commentatore. Non è il solo, naturalmente.

trump-nazionaleE francamente in questo momento andiamoci pano a dar credito al dibattito che sta prendendo piede negli Stati Uniti e che grosso modo si concentra sulla bolla democratica, il non saper ascoltare, il dire che occorre rendersi conto che chi ha votato Trump non sono dei fanatici oltranzisti ma delle persone normali, anche perbene, che hanno visto ridursi progressivamente reddito e diritti, e così via. Sarà anche tutto vero, ma detto in questo modo e adesso che i buoi sono scappati sa di chiacchiere da bar, o di riciclo di affermazioni tutto sommato innocue per poter continuare a esercitare un ruolo di spin doctor: il dibattito interessante oggi sarebbe quello più o meno intitolato: «quali politiche [per la sinistra in Europa] [per il Partito Democratico americano]?». Gli interventi in merito non mi sembrano abbondare: perfino Sanders è stato abbastanza anodino. D’altra parte i dati dicono che Trump ha fatto il pieno di voti, non sorprendentemente, fra… i repubblicani, quindi l’idea di milioni di elettori democratici si siano spostati verso Trump non è propriamente esatta.

E, andiamoci piano, anche, con la critica al politicamente corretto. Lo dico io che non lo sopporto, figuriamoci, ma condividere un articolo come questo (sacrosanto) di alcuni mesi fa sul tema o altri simili sa di regolamento di conti a sinistra, con i liberali della vecchia guardia che finalmente possono serenamente azzannare alla gola gli attivisti da campus e i paladini degli studi di genere – cosa che è sempre buona e giusta, per carità – però la Clinton non ha perso per quello, diciamocelo, e il dibattito in questo momento è del tutto strumentale.

Peraltro da che mondo e mondo dopo che si perdono le elezioni saltano le teste, quindi la volontà di regolamento di conti è anche comprensibile; solo che tutte queste discussioni, che gli inviati italiani in America puntualmente rilanciano senza mai spiegarle, sanno complessivamente  di cortina fumogena per non affrontare il punto centrale, che è il fatto che sia stata presentata una candidata debole e, col senno di poi, perdente: se la Clinton ha preso circa sei milioni di voti in meno del secondo Obama e Trump poco meno dei voti di Romney andiamoci piano a descrivere un’ondata bianca reazionaria che ha sommerso gli Stati Uniti e si prepara a travolgere l’Europa: più semplicemente gli elettori bianchi senza titolo di studio universitario repubblicani hanno deciso che detestavano abbastanza la Clinton da votare Trump, mentre i loro corrispondenti democratici sono rimasti a casa (o hanno votato i candidati indipendenti, che a questo giro hanno preso più voti della volta scorsa).

E andiamoci piano a parlare di populismo. È una categoria facile da usare e che torna comoda a tutti, ma probabilmente non è proprio verissima, e forse si potrebbero usare altre categorie più raffinate: nella notte delle elezioni la California ha votato in massa per la Clinton ma ha rafforzato la pena di morte (anche in altri Stati la pena capitale ha avuto un’ottima nottata). La stessa nazione che ha eletto Trump ha reso legale la marijuana in numerosi Stati, aumentato il salario minimo in altri e reso più restrittiva la possibilità di comprare armi.

E tutto questo dovrebbe invitare a andarci piano a parlare di svolta epocale. Ho trovato particolarmente interessante nei giorni scorsi un piccolo esperimento mentale che ho letto. Ammettiamo che la vittoria di Trump significhi che

  • La presunta muraglia blu democratica – da sempre una affermazione dubbia – si è sbriciolata. Addirittura, con la sconfitta di Hillary Clinton, i Democratici possono essere costretti a a rifondare il partito dalle fondamenta.
  • Ma anche il Partito Repubblicano è cambiato per sempre. Il “GOP” ha imparato che c’è un mercato più vasto per il populismo e uno più piccolo per il conservatorismo movimentista di quanto molti di noi immaginassero. Il partito di Reagan è stato soppiantato dal partito di Trump.
  • Il crinale fra élite culturali delle aree urbane costiere e il resto del paese è più grande che mai. Clinton ha migliorato i risultati del Presidente Obama in zone del paese, come la California, Atlanta e l’isola di Manhattan. Ma mentre Obama ha vinto in Iowa di dieci punti percentuali nel 2008, Clinton ha perso di dieci punti.
  • L’America non ha lasciato i propri demoni – compreso il razzismo, l’antisemitismo e la misoginia – dietro di sé. I bianchi costituiscono ancora la grande maggioranza dell’elettorato in particolare considerando la composizione del Collegio Elettorale, e i loro voti ordinariamente determinano il vincitore.

Ma Clinton non ha perso di tanto. In molti Stati il distacco da Trump si misura in decine di migliaia di voti, non arriva neanche alle centinaia di migliaia. Se un elettore su cento – solo uno su cento – avesse votato lei anziché Trump, o se grosso modo due o tre astenuti avessero votato, Clinton avrebbe vinto largamente le elezioni.

clinton-nazionaleE allora noi grosso modo avremmo detto così:

  • I repubblicani semplicemente non sono capaci di attirare un numero sufficiente di elettori per poter avere una chance nel Collegio Elettorale. Sebbene Stati come l’Ohio e lo Iowa possano tendere a uscire dal controllo dei democratici, la cosa è più che compensata dal movimento di Arizona, Carolina del Nord e Florida verso la colonna blu man mano che i cambiamenti demografici si consolidano. I democratici sono la coalizione in ascesa.
  • Gli Stati Uniti erano più che pronti per la loro prima donna presidente. E l’hanno eletta immediatamente dopo il primo presidente afro-americano. Sommato alle ulteriori vittorie dei liberali ottenute negli ultimi anni su una varietà di temi, dai diritti degli omosessuali al salario minimo, non si può non riconoscere la tendenza del progresso in atto.
  • Le istituzioni politiche americane sono discretamente robuste. Quando un candidato come Trump mina le norme politiche e viola gli standard di decenza, questi è punito dall’elettorato.

Visto com’è andata, sono affermazioni che fanno (forse amaramente) sorridere. Ma è solo per una manciata di voti che noi non ci riempiamo la bocca di queste – e allora considereremmo ridicole quelle dell’altro elenco. Quindi, insomma, andiamoci piano.

P.S. Ma io, come la penso? In due parole, che la similitudine con Berlusconi è abbastanza calzante e che il populismo – tanto meno il popolo – non c’entra granché (del resto, l’avevo già detto).

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Un pensiero su “Andiamoci piano (commenti pelosi)

  • Domenico Licheri

    Ciao Roberto,
    e grazie.
    Vorrei precisare le ipotesi che sarebbe necessario fare per capovolgere il risultato (ovviamente, col senno di poi).
    Stando al Guardian, avrebbero votato 128.354.227 cittadini americani.
    Trump e’ stato eletto avendo vinto 290 voti elettorali (i 16 voti elettorali del Michigan non sono ancora stati assegnati), contro i 232 della Clinton.
    Uno spostamento di appena 5.807 voti da Trump alla Clinton in Michigan (pari a meno dello 0.26% degli elettori in quello stato) avrebbe dato i 16 elettori alla Clinton, portando i rispettivi totali a 290 contro 248.
    A questo punto bisognerebbe guardare alla solita Florida (che la Clinton, ovviamente, ha visitato nell’ultimo giorno della campagna) dove 59.886 voti “spostati” da Trump alla Clinton (pari all’1.3% dell’elettorato dello Stato) porterebbero il numero di elettori a 261 per Trump contro 271 per la (ora Presidente) Clinton.
    Da un lato, sarebbe in teoria bastato uno spostamento di appena 69.693 voti da un candidato all’altro per invertire l’esito dell’elezione, pari a meno di 5,12 elettori ogni diecimila su base nazionale, ma dall’altro, e crucialmente, Tramp ha pur sempre vinto la Florida con un margine di piu’ del 2.6% (richiedendo appunto uno spostamento del 1.3% per invertire l’esito dell’elezione).
    Non sarebbe quindi vero che uno spostamento dell’1% “piatto” su tutto il paese sarebbe stato sufficiente a far vincere la Clinton, mentre e’ vero che uno spostamento “chirurgico” dello 0.0512% sarebbe stato sufficiente se concentrato in Florida con qualche briciola in Michigan.
    D’altra parte, la Clinton ha comunque raccolto 1.004.823 voti in piu’ di Trump…
    …solo non abbastanza in Florida e Michigan…

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