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Il monello

Ho messo oggi in linea la venticinquesima puntata di Oggi parliamo di libri, quella dedicata all’Huckleberry Finn di Mark Twain: dopo la conclusione delle puntate e la pausa estiva mi sono un po’ rilassato e ho tardato a mettere su YouTube le ultime.

A proposito delle cose che ho detto in trasmissione non ho molto da aggiungere. Sto rileggendo adesso il romanzo e rimango convinto di una certa intenzione eversiva di Twain rispetto alla letteratura avventurosa – e per ragazzi – della sua epoca. Casomai man mano che leggo trovo che il romanzo è molto più complesso anche di quanto mi ricordassi, e certo ho semplificato, per la fretta, parecchie cose riguardo allo sguardo che Twain rivolge sull’America rurale e sulla società del Sud anteguerra, ma non c’era molto di più che fosse possibile fare, dati i tempi.

Mi sono invece guardato bene dal dire perché avessi scelto Huckleberry Finn invece del più noto Le avventure di Tom Sawyer. Non avevo, infatti, molte spiegazioni, se non che il primo mi piace molto di più: scegliere l’uno piuttosto che l’altro sono i privilegi di chi ha il microfono in mano.

Bambini lasciati a se stessi

In realtà il confronto fra i due romanzi suggerisce invece il tema che è rimasto del tutto fuori della puntata.

Il mio amico Beniamino Sidoti, che era a Cagliari proprio nei giorni in cui registravo la puntata e con cui ne parlavo, mi suggeriva sdi scegliere Tom Sawyer perché è una delle maggiori espressioni dei romanzi in cui il bambino “si educa da sé”.

È vero; in parte ho sfiorato il tema con Kim, ma molto alla lontana. Alla fine ho scelto Huck per il motivo che ho detto e anche perché secondo me serviva meglio a far vedere, nel contrasto con London – che pure è successivo – e non solo, modi imprevisti di utilizzare gli stilemi tipici e già consolidati del romanzo d’avventura. È rimasto però così fuori del ciclo di puntate sull’avventura tutto quel filone di romanzi in cui i ragazzi sono protagonisti assoluti e, direi, in cui la prospettiva narrativa, l’occhio di chi guarda e di chi racconta, è del tutto infantile. Sarebbe stato molto interessante proporre un percorso di lettura di questo genere, toccando per esempio La guerra dei bottoni di Pergaud, I ragazzi della via Pál di Molnár e qualche altro, magari fino a Pinocchio. Non ci “stava” nel ciclo di puntate, ma lo segnalo per chi si vuole organizzare magari le letture estive.

Il commento musicale

Il commento musicale della puntata è affidato a Bruce Springsteen: il testo della canzone non c’entra niente, ma le assonanze con l’America profonda ci sono, e penso che il vecchio Mark avrebbe apprezzato anche lui il boss.

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