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I soci comandano

I soci comandano?!

Durante una recente riunione in Banca Etica mi è capitato di usare l’espressione: «I soci comandano».

20160923_141348Mi sono reso conto da qualche altra chiacchierata successiva che nell’occasione non mi sono spiegato proprio bene e che l’espressione, anzi, può portare a malintesi: se qualcuno comanda qualcun altro per forza obbedisce, si potrebbe pensare, e Banca Etica tendenzialmente è composta da gente che diffida di potenziali autoritarismi.

Il fatto è che la mia espressione era molto, molto meno pretenziosa: quando uso l’espressione comandare ho in mente l’uso che ne faceva un vecchio manovale quartese con cui ho discusso ogni tanto di lavori edili casalinghi.

«Il vaso comanda», diceva spesso. Intendeva dire che siccome di solito nei lavori di casa la colonna montante non la puoi spostare, e siccome si può discutere se sia meglio avere la doccia o la vasca o lasciar posto alla lavatrice ma invece di solito un cesso in un bagno è considerato una necessità assoluta, allora quando fai il progetto del bagno devi decidere dove vuoi mettere il vaso – o prendere atto che deve stare per forza là – e poi, di conseguenza, decidere dove andrà tutto il resto. Magari l’armadietto degli asciugamani starebbe tanto bene in quell’angolo ma non puoi, perché là ci deve stare per forza il vaso, il quale, appunto, comanda: è da partire da lui e dalla sua posizione inevitabile che progetti tutto il resto, con buona pace degli asciugamani.

Spero adesso di non essermi messo ulteriormente nei guai dando l’impressione di denigrare i soci, volgarmente paragonati a un oggetto certo utile ma poco accattivante, ma chiunque abbia mai dovuto ristrutturare casa credo che apprezzerà pienamente la similitudine.

Il che vuol dire, quindi, che quando dico che: «I soci comandano» non intendo che comandano i soci nel senso di Nicoletta, Andrea, Giuditta, Massimo, Lucia eccetera (e soprattutto: non io) ma nel senso che siccome i nostri padri fondatori hanno scelto – in maniera illuminata – di fare una Banca ad azionariato diffuso, una cooperativa con moltissimi soci e un’azienda con processi democratici e partecipativi complessi, allora quella scelta determina le altre. I soci, l’esistenza dei soci, la necessità di mantenere vitali i processi democratici, l’esigenza che i soci possano organizzarsi e confrontarsi comanda. Il resto viene dopo.

20160923_184514Puntini sulle “i”

È anche vero che la dimensione associativa della Banca non esiste nel vuoto. I padri fondatori – sempre loro – non hanno scelto di fare un movimento politico o culturale: hanno scelto di fare un’azione politica e culturale fondando un’impresa, anzi, tanto per fare le cose più complicate, non un’impresa qualunque: una banca. E quindi in realtà c’è un’altra cosa che comanda, nella nostra intrapresa, ed è la sostenibilità economica: si può fare tutto quel che si vuole, ma alla fine gli stipendi vanno pagati, i conti onorati, i soldi dei clienti tutelati e le realtà che vogliamo finanziare devono poter accedere al credito a condizioni ragionevoli. Quindi in realtà i soci comandano… ma comanda anche la sostenibilità di bilancio.

E per di più non siamo solo una banca ad azionariato diffuso: siamo anche una banca, come dice il nome, etica. E questo è il terzo paletto dal quale non si può sfuggire: non mi dilungo, ma se saltasse è chiaro che tutto il resto non avrebbe più senso.

La cosa interessante, e uno dei motivi per il quale sto facendo questo discorso qui, dove presumibilmente leggono anche persone che non sono socie della Banca, è che il mantenere in piedi la sostenibilità economica e l’orientamento etico e il movente ideale della Banca non sono in contraddizione con l’idea del primato della forma associativa: come sa chiunque abbia mai messo il naso dentro la Banca  una base sociale attiva e vitale è garanzia non solo di innovatività e di mantenimento dello slancio ideale ma anche del buon andamento degli affari, un tema che fa parte della storia del movimento cooperativo ma che spesso non mi sembra particolarmente percepito nel dibattito politico e culturale più ampio.

20160923_182835Visto che stiamo posizionando con attenzione tutti i confini mi sembra anche utile notare, soprattutto per coloro che non hanno mai particolarmente approfondito questi temi, che enfatizzare il ruolo dei soci fuori degli incarichi gestionali espliciti – presidente, amministratore, eccetera – può comportare dei rischi organizzativi: tu sei là che produci, boh, scarpe, ti giri un attimo e scopri che c’è un socio che è là – siccome dopotutto lui è padrone – e sta dicendo agli operai come devono risuolare la tomaia. In realtà paradossalmente anche qui i fondatori e la loro strana scelta di fare una banca ci aiuta: perché in una banca – bene amministrata, ça va sans dire – il rischio di interferenze è minore; la normativa a tutela del risparmio è molto stringente, permette che certe cose le faccia solo chi è deputato salvo sanzioni anche pesanti, e quindi i soci della Banca sanno benissimo che ci sono dei limiti operativi che non si possono a nessun costo attraversare (il che non vuol dire che non ci siano spazi per partecipare al processo del credito, penso alle valutazioni sociali, ma sono percorsi strettamente normati e comunque la decisione è sempre in capo a funzionari della banca, non a soci).

Si, ma quindi?

Discorsi interessanti, per carità, ma forse qualcuno potrebbe chiedersi qual è il senso. Il fatto è, e anche questo è interessante da notare, che nelle organizzazioni spesso ci sono parti che funzionano a velocità diversa e hanno un’anima interna diversa. In una realtà come Banca Etica, i dipendenti vanno al lavoro tutti i giorni, lavorano tanto, hanno clienti che li sollecitano quotidianamente, procedure consolidate, regolamenti bancari da seguire. Le filiali e gli uffici della Banca sono, anche visivamente, la sua manifestazione più palese. È chiaro che la dimensione operativa è il “cuore” della Banca, e tende a porsi al centro – anche per quel tema della sostenibilità economica del quale dicevo.

Anche la dimensione etica e ideale è molto presidiata e strutturata: ci sono un Codice Etico, un Comitato Etico, un Manifesto Politico della Banca, una serie di procedure interne che vengono agite tutti i giorni, per esempio le valutazioni sociali. Ci sono uffici che se ne occupano, a diversi livelli.

20160923_182644I soci, invece, sono migliaia e tutti diversi. I territori sono diversi, impongono orari, organizzazioni, ritmi diversi. I soci sono volontari, lavorano tanto per la Banca ma in orari e con livelli di impegno molto differenti da quelli delle altre componenti della Banca. Dei tre paletti fondamentali di Banca Etica, i primi due sono solidi, ma i soci sono liquidi. Si tratta di una differenza strutturale che, inevitabilmente, comporta una differenza di potere (“potere” è un’altra parola che può non piacere: dopotutto tutti abbiamo letto Cambiare il mondo senza prendere il potere); il potere nelle organizzazioni è la possibilità di agire e incidere: è chiaro che agire e incidere è più difficile a partire dallo stato liquido (qualche volta, diciamolo, anche gassoso) e quindi i soci hanno bisogno di un presidio che prima ancora che organizzativo deve essere ideale. Ci vuole la volontà di mettere i soci al centro.

Quale può essere? Ma che i soci comandano, perbacco. Ripetiamocelo tutti insieme, più e più volte, così non ce lo dimentichiamo.

Si, ma il vaso… (chiarimento forse non necessario)

Rileggo e mi rendo conto che se è evidente per tutti che il vaso comanda perché c’è la colonna montante, gli scarichi eccetera, magari non è così evidente e autoesplicativo che i soci abbiano una funzione altrettanto centrale.

E quindi, perché i soci hanno questa funzione così centrale? In base a cosa tutto il resto della Banca va configurato per lasciargli spazio?

Beh, ma perché i soci sono i padroni della Banca, cosa che, ne converrete, non è proprio secondaria.

E perché la Banca è democratica (sempre grazie alle intuizioni dei succitati fondatori) e mettere i soci in posizione diversa vorrebbe dire, forzatamente, mettere in secondo piano anche la democrazia. E, converrete con me, qualunque democrazia che non avesse libertà di esprimersi senza essere compressa non sarebbe più democrazia. Con l’ultima riforma del Regolamento elettorale, oltretutto, il CdA è eletto mediante un meccanismo di liste contrapposte il che rende il gioco democratico più vivace, e quindi rende necessario renderlo anche sempre più libero di esprimersi in tutte le sue forme, senza condizionamenti.20160923_183812

[le foto sono alcune di quelle scattate in occasione dell’inaugurazione dell’ufficio della Banchiera ambulante di Cagliari, un buon esempio di soci in piena attività]

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