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Scritto nelle stelle

Sul posto al mare dove vado a fare il bagno appena posso aleggia una curiosa maledizione, ben nota ai frequentatori locali.

YASHICA Digital Camera
Perché uno dopo una nuotata in questo mare vorrebbe anche un bel caffè… e un risottino, magari

Chiunque prenda in gestione il bar del luogo sprofonda nella disorganizzazione. Famiglie che conducono rispettabili baretti di periferia, affermate società provenienti da eleganti ritrovi del centro, rampanti gestori di locali che saranno di tendenza, tutti appena respirano l’aria salmastra improvvisamente dimenticano i più elementari contenuti del mestiere.

Negli anni i clienti hanno assistito sconcertati a tazzine di caffè lungamente agognate che un secondo barista dirotta improvvisamente verso un altro cliente all’altro estremo del banco, a cappuccini che si accumulano quando non servono e diventano invece merce rarissima quando richiesti, a baristi ammassati sulla macchina per il caffè mentre il bancone è sguarnito e a baristi schierati in fila al bancone mentre la macchina per il caffè è desolatamente abbandonata, a gente che abbandona la cassa proprio nel momento di massima affluenza per fare cose banali all’altro estremo del locale, ad affannose gestioni della lavastoviglie nel momento di massima affluenza, e così via: la semplice arte per cui uno stia alla macchina, due servano al bancone e uno stia alla cassa, così diffusa nei bar di tutta la città, è sembrata negli anni una scienza esotica il cui studio si fermasse alla rotonda di Marina Piccola e riprendesse al Margine Rosso.

Ogni anno gli habitué scrutavano con curiosità la nuova compagnia di giro in arrivo nel bar comune, e ogni anno le più cupe aspettative erano rapidamente soddisfatte, con solo pennellate estemporanee a marcare la differenza fra una stagione e l’altra: come l’anno in cui alla cassa stava una tipa con le unghie chilometriche che le impedivano un corretto uso della tastiera, e perciò batteva scontrini da tremila euro per caffè e cornetto: «Che problema vuoi che sia?!», diceva al proprietario, «È chiaro che è un errore!!».

Un altro anno, invece, c’era una cameriera che andava nel panico. Guardava i tavolini esterni, dove è tanto bello sedersi e accogliere man mano che arrivano vicini di ombrellone, parenti, conoscenti e genitori degli amici dei figli e a tutti dire: «Dai, siediti, prendi un caffè anche te», e lei non riconosceva più la geografia. E scoppiava a piangere: «Mi si spostano apposta! Vanno da un tavolo all’altro! Non ci capisco più niente».

E in più il caffè era, anno dopo anno, uniformemente cattivo.

È stato con una certa sorpresa, perciò, che quest’anno abbiamo appurato che la nuova gestione del bar è sorprendentemente efficiente. E in più sono anche simpatici. E il caffè, addirittura, è buono.

Un po’ c’era da rimanere delusi: e adesso di cosa ci si lamenta, sotto l’ombrellone?, e un po’ c’era da essere preoccupati come per un presagio sinistro: l’Inghilterra lascia l’Europa, Trump potrebbe vincere in America e perfino al bar del mare tutte le abitudini sono rovesciate. Coincidenze?!!1!?! Io non credo.

Eppoi, al colmo di una eccellenza professionale nella ristorazione mai raggiunta fra la prima fermata e Terra Mala, ecco che i nuovi gestori hanno commesso un errore. Un errore gravissimo, che li ha rimessi nelle grinfie della maledizione.

Hanno aperto il ristorante.

Certo, anche prima si poteva pranzare: un tramezzino, un primo surgelato scaldato al microonde, un’insalata, due pizzette, una fetta di anguria (anche uno solo di questi, non dovete necessariamente fare come me, che sono panzone).

Ma adesso c’è un servizio di cucina vero, e un menù interessante.

E la maledizione, ruggendo, ha rialzato la testa: ma io, Maria Bonaria e l’Inossidabile, quando abbiamo deciso per un bel pranzetto dopo il mare, non ci abbiamo pensato.

Poetto 1Ci sediamo e il cameriere alto ci porta i menù.

Dice Maria Bonaria: «Ma fanno solo pizza? Non cucinavano, anche?».

Perché al menù di Bonaria mancava una pagina.

Poco male, la principale passa di là e ce lo cambia.

Poi l’Inossidabile fa: «Appetitose, queste insalate…».

E io dico: «Quali insalate, mamma?».

E lei, un po’ inalberandosi: «C’è scritto, bucallotto, in-sa-la-te».

Perplesso riguardo il foglio. Niente insalate. L’Inossidabile perde la pazienza: «Ma come mai non le vedi?! Sono QUI! Eppure ce li hai gli occhiali, eh!».

Viene fuori che il suo menù era quello della settimana scorsa. Il mio è quello attuale e le insalate non ci sono più.

Poco male, dai: passa la capocameriera carina e ce lo sostituisce. Intanto ci chiede cosa vogliamo bere: una bottiglia d’acqua gassata e una naturale, per l’Inossidabile (temperatura ambiente, mi raccomando).

Il cameriere alto ci porta l’acqua e noi, che nel frattempo ci abbiamo pensato, gli chiediamo anche un quarto di vino. E poi ordiniamo: una pasta con le arselle e le zucchine per Bonaria e un risotto alla marinara per me. L’Inossidabile invece chiede di sapere cosa sarebbe il pescato del giorno da fare arrosto.

Torna la capocameriera carina e gli diciamo che abbiamo già ordinato. Allora se ne va. Torna il cameriere alto e ci dice che non hanno vino sfuso, solo calici: ordiniamo tre calici di vermentino, ma del pesce del giorno non dice niente.

Viene anche la proprietaria a chiedere se va tutto bene e le diciamo che l’Inossidabile vorrebbe sapere che pesce arrostiscono. «Chiedo subito», dice.

La cameriera bionda, nel frattempo, porta il pane.

La capocameriera carina ci porta i tre calici.

Aspettiamo. Alla fine passa la cameriera simpatica e minuta e le diciamo che l’Inossidabile, che di natura è impaziente, vorrebbe sapere che pesce arrostiscono. Lei imperturbabile ci dice: «Stavo proprio per dirvelo: spigola». L’Inossidabile, che di natura è impaziente ma anche godereccia, dice: «Allora no, preferisco la frittura mista». «E fa bene, signora», dice lei, «è buonissima». Io, già che ci sono, aggiungo una porzione di patate arrosto (dopotutto, buon sangue non mente).

Passa la proprietaria e ci chiede se va tutto bene. Noi gioiosi alziamo i calici e le diciamo che l’Inossidabile ha ordinato la frittura, e che non si preoccupi a chiedere qual è l’arrosto del giorno. «Ha fatto bene, signora», dice lei, «oggi la frittura è buonissima».

Passa la cameriera bionda e ci ritira i menù.

Passa la capocameriera carina e ci chiede se abbiamo ordinato. Tutto a posto. Si, la frittura è buonissima, oggi.

Mangiamo pane.

La cameriera bionda ci porta la frittura. Abbondantissima. L’Inossidabile, con falsa modestia, dice: «Nooo, per me è troppa», agguantando un calamaro. Ci sono anche le mie patate. Io pensavo che arrivassero dopo il risotto, ma Maria Bonaria ci fa cenno: iniziate pure.

Il cameriere alto ci chiede se va tutto bene. «Si, perfetto», diciamo, «e magari abbiamo finito il pane, se non le spiace».

La cameriera simpatica passa di là, nota che non abbiamo pane e ci chiede se ne vogliamo. «Non si preoccupi, abbiamo già chiesto…».

La proprietaria passa di là: «Tutto a posto?». Frittura buonissima, certo. Io ho un attimo di dubbio: ma i primi li abbiamo ordinati? Maria Bonaria e l’Inossidabile si coalizzano: possibile che sei così distratto? La proprietaria sorride. Poi fa: «Ma vi serve pane?». Boh, l’abbiamo già chiesto, ma magari… ah, ed è finita l’acqua gassata, per cortesia.

Il cameriere alto ci porta l’acqua, ma non il pane. La cameriera bionda passa a chiedere se l’acqua è arrivata. Le diciamo del pane e lei ce lo porta.

Intanto ci mangiamo due calamari della frittura dell’Inossidabile. «Prendete, prendete», fa lei recintando la zona del piatto coi gamberoni e le trigliette in modo che nessuno vi faccia pericolose incursioni.

Poi aspettiamo.

Passa la cameriera simpatica. E le diciamo che ancora mancano due primi. Lei dice che si va a informare. L’Inossidabile trova questa nostra ansia eccessiva: ci sono ancora un paio di calamari, su, tranquilli – perché l’Inossidabile è di natura impaziente, ma anche godereccia: e quando c’è la frittura mista il resto passa in secondo piano.

Passa un altro po’ di tempo. La frittura è finita. I calici sono vuoti. Faccio un cenno al cameriere alto: mancano due primi, dopotutto.

Passa la padrona: mancano due primi, vero? Adesso sicuramente la cameriera li ha fatti uscire.

Aspettiamo. L’Inossidabile guarda l’ora: vorrebbe fare altro, dopotutto, e un po’ è insofferente: perché dopotutto, come sapete, l’Inossidabile è impaziente.

Aspettiamo ancora. L’Inossidabile scuote la testa: sicuramente hanno perso la comanda.

Fermiamo la cameriera bionda: mancherebbero due primi, scusi. Lei va a chiedere: l’Inossidabile vorrebbe gridarle dietro che sicuramente si sono persi le comande, guardi, e sbuffa un pochino quando le diciamo che non importa, dirlo.

Passa la cameriera carina: mancava qualcosa? Eh si, due primi… abbiamo chiesto… scusi…

Ripassa la padrona: ma come?! Non sono ancora arrivati? Vado subito in cucina!

Aspettiamo.

Arriva la capocameriera carina: ma cosa avevamo ordinato? Glielo diciamo. L’Inossidabile borbotta: ve l’avevo detto! Si sono persi le comande…

Arriva la cameriera bionda: ma lo sapete che non si trova la comanda?! Incredibile!

L’Inossidabile inorgoglisce. L’aveva detto, lei.

Passa la cameriera simpatica: adesso ve li facciamo rifare! E cosa avevate ordinato?

Ripassa la padrona: ma ci credereste?! Non si trova la comanda! Comunque adesso li rifanno, solo cinque minuti…

Alla fine la capocameriera carina ci porta risotto e spaghetti, con mille scuse. Buonissimi. Io mi scofano il mio risotto e poi finisco anche gli spaghetti di Bonaria – che è parca – perché si sa: buon sangue non mente, e perciò sono godereccio anch’io. Lascio solo un po’ di zucchine sul fondo, e allora Bonaria, che è parca ma odia lo spreco, le finisce una a una.

Passa il cameriere alto: tutto bene? Noi con la bocca piena: buonissimi! E lui: «Scusate tanto, sapete, si era persa la comanda…».

Passa la cameriera bionda e si scusa tanto per il ritardo, e noi diciamo che non importa, che erano buonissimi e abbiamo ripulito il piatto, e ordiniamo tre caffè.

Il cameriere alto torna e ci chiede se vogliamo i caffè. Ordinati, eccoli: li sta portando la capocameriera carina, che si scusa ancora (si era persa la comanda, pensa un po’) e ci dice che ovviamente i caffè sono offerti.

Mentre beviamo il caffè passa la padrona: «Cosa vi posso offrire, per scusarmi?». Noi ci schermiamo, non è stato un gran problema, dopotutto, ma lei insiste: un amaro, magari? Un limoncello?

Guarda me, in quanto maschio della situazione, perché Maria Bonaria è evidentemente parca e l’Inossidabile dopotutto ha la sua età.

Ma io ringrazio: siamo al mare, dopotutto, e forse col caldo il limoncello non ci sta.

E l’Inossidabile fa: «Mah, visto che me lo chiede… io lo voglio, il limoncello! Me lo porti, grazie».

Perché siamo goderecci, in famiglia.

[P.S. Si racconta per scherzare: abbiamo mangiato bene, e torneremo]

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