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Fare i sardi (e Bellas mariposas)

Era il 2007, credo. Una ventina di responsabili di cooperative sociali, associazioni e volontari di Banca Etica, provenienti da quasi tutta la Sardegna, erano riuniti per un seminario di studio. Diversi di loro si alternavano a presentare progetti che le loro organizzazioni avevano intenzione di intraprendere nel futuro, per avere una consulenza (o almeno un parere) dagli altri partecipanti.

Prese la parola un ragazzo proveniente da un piccolo comune del Sulcis. Spiegò che la sua associazione aveva avuto in concessione un terreno comunale, ricco di ulivi secolari, su cui pensava di aprire un punto di ristoro e un ristorante, una piccola base per escursioni guidate, cose così.

Un tizio che veniva da Sassari disse subito: «Non si può fare!».

Lo guardammo. Sentendosi in dovere di dare una spiegazione, aggiunse: «Perché il pastore che pascola le sue pecore là attorno usa quel terreno come pascolo abusivo». Il ragazzo del Sulcis assentì. «Se gli togliete spazio vi mette fuoco, e addio».

Però!, pensai. Non male per uno che abita a duecento chilometri di distanza esa i perché e i percome dell’allevamento brado di un comune a caso. Il meglio, però, doveva ancora venire.

Un tizio di Samugheo si schiarì la voce: «Ma è quel terreno sopra la cantoniera?».

«No-ooo», disse uno di Cagliari. «Tu stai pensando a quell’uliveto a Santu Giacu. Questo è sopra il santuario, ma il santuario è quello di Sant’Isidoro».

«Ehia, alla cantoniera giro a destra…».

«Si», disse una signora di Nuoro, «giri a destra, ma poi non sali dietro Santu Giacu, vai giù nella valle e risali là dove c’era il terreno del vecchio dottor Floris».

«Ma il dottor Floris il farmacista? Quello che il figlio lavora a Is Mirrionis?».

E un altro: «No, il figlio di dottor Floris il farmacista lavora al Brotzu, adesso. Si è trasferito due anni fa. Comunque lì avevano terreni i Floris che adesso abitano a Selargius, non i parenti del farmacista».

«Perché su quella cantoniera c’è un bando della Regione per fondi per attività turistiche…».

«Ehia, ma fidati», disse un agronomo barbaricino. «Il bando per la cantoniera è un’altra cosa. Quel terreno è più oltre».

«Comunque quel pastore lì è un tipo molto pericoloso», disse una ragazza di Seneghe. «Se non sbaglio non l’avevano inquisito anche per un sequestro?».

«No, il pastore del sequestro è quello che pascola dall’altra parte del paese», rispose automaticamente il ragazzo del Sulcis. «Anche lì c’è un terreno con ulivi secolari».

«Però, più che ulivi, querce». precisò il signore di Sassari.

«Perché lì il terreno è diverso, è esposto a nord», si inserì un educatore penitenziario di Arborea.

«E comunque lì il terreno non è comunale», aggiunse il signore di Nuoro. «Lì avevano terreni i Matta, i Sanna, i Monni…».

«A dire la vera verità, i Monni i terreni ce l’avevano più verso il fondo valle. Vicino ai Matta c’erano i Meloni».

«Però poi il comune ha espropriato per fare la strada, e i Meloni sono andati via».

«Eh, lo so. Uno dei Meloni è mio cognato…».

«Chi, Mario?».

«No, Marieddu Meloni è il cugino di mio cognato. Cugino secondo. Io sono imparentato con…».

Sarebbero potuti andare avanti ancora a lungo, venti sardi provenienti da tutte le parti dell’isola in grado di discutere con cognizione di causa ogni particolare riguardante un terreno agricolo di un comune minuscolo di un angolo sperduto della Sardegna.

Però si faceva tardi e il conduttore del seminario (un cagliaritano grassoccio con la barba), troncò la discussione: «Ahiò, ragazzi, non fate i sardi…». Tutti ammutolirono.

Perché noi sardi siamo così: siamo molto competenti sulle cose che riguardano la nostra isola, amiamo dissezionarle all’infinito, e quando i particolari non ci tornano piantiamo delle rogne da non dire, magari (anzi sicuramente) perdendo di vista l’argomento principale. Se poi l’argomento è la lingua, non se ne esce più.

Bellas mariposas mi è piaciuto, ma non è questo il punto. A proposito delle polemiche sulla lingua usata nel film (e commenti annessi e connessi) mi viene solo da dire: «Ahiò, ragazzi, non fate i sardi…».

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7 pensieri riguardo “Fare i sardi (e Bellas mariposas)

  • mi ci ritrovo parecchio a volte mi spaventa……

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  • questo argomentare sul niente, che a volte è divertente, ma poi si deve ci deve guardare in faccia e si deve dire :”ma di cosa stiamo parlando….”

    Rispondi
  • Ottimo post!
    Io non ho ancora visto il film, ma trovo le polemiche sulla lingua a dir pco irritanti (o forse, solo banali).
    E’ evidente che neanche un pur bravo regista come Mereu possa destreggiarsi con lo sperimentalismo linguistico di Atzeni: se potesse, sarebbe un Atzeni redidivo!
    Comunque, sulla base di vari e lunghi trailers (o provini, come si diceva una volta) che ho visto, posso dire che le protagoniste mi hanno ricordato con molta precisione “filologica” parecchie delle alunne dei corsi in cui ho insegnato.
    Infine, non condivido le polemiche sulla crudezza o volgarità del film: in certi quartieri della nostra Cagliari si vive o meglio NON vive così. Perchè nasondere la testa sotto la sabbia?
    Ciao.

    Rispondi
  • Errata corrige: in molti quartieri della nostra Cagliari si vive o meglio non si VIVE così ecc.
    Perchè nascondere ecc.

    Rispondi
  • Pingback: La Cagliari Unofficial Guide

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