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The Spirit

Ci sono film, trasposizioni di libri, o di fumetti, che non si pongono l’obiettivo, semplicemente, di far “vedere” o “camminare” ciò che si è solo potuto immaginare dalla parola scritta o osservare immobile sulla pagina disegnata. No, signori miei, ci sono registi, sceneggiatori e produttori che hanno nelle loro capacità la possibilità di fare una trasposizione di un fumetto e anche farne la recensione, la rilettura sottotraccia, la revisione critica, facendone emergere i punti salienti, i tic dell’autore, il legame col contesto storico di scrittura, e, perfino, facendo vedere come avrebbe potuto essere un
pur grande fumetto se un autore ancora più grande l’avesse preso in mano.

Diciamo subito che non è il caso di The Spirit e che Frank Miller non è quell’autore.

Miller prende un grande fumetto d’avventura, irrimediabilmente datato nel contesto ma ancora godibilissimo nel tratteggio dei personaggi, e soprattutto nell’affollato mondo di comprimari da commedia umana che lo popola, e ne coglie i tratti più esteriori: le pin-up, il supercattivo, la giungla d’asfalto, a cui aggiunge un tono di grottesco che nell’originale non c’era (c’erano arguzia, sarcasmo,
cose surreali, ma il grottesco decisamente no) e ne fa un filmaccio di supereroi che vorrebbe fare da contraltare “spensierato” a Batman (e manca, invece, l’altro riferimento ovvio, che sarebbe Dick Tracy).

Però uno potrebbe dire: chi se ne frega, non stiamo parlando dell’edizione Oxford di Omero… l’importante è che come film sia interessante. Del resto, The Spirit è un classico del fumetto, ma attualmente è anche così poco conosciuto al grande pubblico che qualunque tradimento sarebbe di fatto ininfluente.

Ebbene, è proprio come film/film che The Spirit non funziona. La trama è ridicola, i personaggi macchiettistici, la recitazione così stentorea da essere irritante… Miller non riesce a tenere in mano gli
attori, con Scarlett Johansson clamorosamente fuori parte…  una delle cose sorprenenti è che un film in cui ci sono sei attrici bellissime non riesce a offire neanche un paio di momenti di sensualità. Un film che ha un plotone di attori importanti nei ruoli secondari,non ha un personaggio che riesce a farsi ricordare. Sul piano della regia, ci sono una serie di tarantinate (la cravatta rossa, le scarpe bianche, certi sfondi, i cambi di costume del duo Samuel L. Jackson/Johansson) che istantaneamente rivalutano il buon Quentin… e dimostrano che si può parlare quanto si vuole di cultura pop e citazionismo, ma poi saperlo fare è un’altra cosa… e Miller non lo sa fare.

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