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Lettera aperta di ludologi, giocologi, educatori, animatori ludici, autori ed editori di giochi sani

Su impulso di Paolo Fasce, storico presidente del Labyrinth di Genova, insegnante e scrittore, un gruppo autorevole, anzi autorevolissimo, di autori di giochi, editori e altre persone a vario titolo coinvolte nel campo del gioco ha sottoscritto il documento che segue, che si sforza di entrare nel dibattito sul gioco d’azzardo in Italia (che si concentra sulle slot machine ma c’è molto altro, in giro), mettendo alcuni puntini sulle “i” e cercando di spostarlo sul piano più propriamente culturale.

Siccome rientro anch’io in almeno un paio delle categorie dei firmatari e concordo pianamente col documento ho deciso di sottoscriverlo – rispetto alle firme che trovate in calce altre se ne stanno aggiungendo in ogni momento – e di pubblicarlo qui sul blog con minimi aggiustamenti grafici.

La lettera aperta

Da tempo, nel nostro paese, si confondono concetti che hanno bisogno di parole nuove: succede in tutti i campi, ma noi ci occupiamo di giochi e da qui vogliamo partire. Perché le parole sono importanti e, quando cambiamo le parole, cambiamo la nostra percezione del mondo.

In Italia, gioco e gioco d’azzardo, pur essendo due cose molto diverse, spesso risultano indistinti.

Nel mondo anglosassone il concetto di “giocatore” si articola in gambler (quello che gioca d’azzardo) e player (quello che gioca i giochi o, anche, suona gli strumenti musicali). Gli appassionati di giochi in scatola si chiamano gamer.

Nel nostro paese, la dizione formale “gioco di azzardo patologico” si è trasformata nel più sintetico “ludopatia”, coerentemente con uno slittamento dal termine “gioco d’azzardo” al semplice “gioco”, favorito da chi, col gioco d’azzardo, lavora. Pensiamo sia importante, anche nel linguaggio che usiamo tutti i giorni, mantenere la distinzione e proponiamo di adottare il termine “azzardopatia”. Riteniamo che l’uso del vocabolo “ludopatia” possa essere addirittura dannoso, camuffando il “gioco di azzardo patologico” dietro un termine emotivamente accettabile.

Riteniamo che l’uso della parola “azzardopatia”, parimenti sintetico e pratico, sia più corretto e la sua diffusione ancora possibile.

Come? Usando questa parola sui giornali, quando si parla di questa emergenza sociale; usandola nelle leggi e nelle delibere, accanto al termine tecnico “gioco di azzardo patologico”; adoperandola nelle campagne sociali; sostituendo, in sintesi, la parola “ludopatia”.

Perché? Perché la parola “ludus” ha un significato più ampio e nobile che si connota entro un’accezione più ricca e piena del concetto di gioco.

Recentemente Spartaco Albertarelli, noto autore di giochi, ha definito il gioco, non quello d’azzardo, come segue: «Il gioco è lo strumento che consente agli essere umani di interagire direttamente con il proprio immaginario, attraverso un sistema di regole che chiedono di essere rispettate». Niente di tutto questo sta nelle pratiche patologiche di chi non riesce a smettere di giocare alle videolottery, alle slot machine, al gioco d’azzardo on line.

Nel 2009 è nato il progetto “Fate il nostro gioco”, una campagna d´informazione matematica sul gioco d’azzardo (www.fateilnostrogioco.it).

Nel 2012 ALI per Giocare (www.alipergiocare.org) ha lanciato una campagna, “Mi azzardo a dirlo”, con lo scopo di sollecitare l’aggiunta della specificazione “d’azzardo” alla parola gioco, laddove si parli di “giochi pubblici con vincite in denaro”. Nell’ottobre del 2012 l’ASL 3 di Genova ha pubblicato un documento dal titolo molto significativo: “L’azzardo? non è un gioco!”. All’inizio del 2013 il Coordinamento Genitori Democratici (www.genitoridemocratici.it) ha lanciato una campagna contro il gioco d’azzardo e la sua pubblicità, in particolare quella televisiva nelle fasce orarie protette. Nello scorso mese di novembre l’Arciragazzi ha organizzato il convegno “Il gioco non vale la candela” (http://www.arciragazzi.org/online/?p=394). Siti web sono nati per segnalare gli esercizi commerciali senza slot (http://www.senzaslot.it/). Moltissime, fortunatamente, sono le iniziative di sensibilizzazione al tema che trascuriamo di citare.

Spazio slot al Catullo di VeronaSiamo convinti che un nuovo proibizionismo farebbe senz’altro danno e, con la presente, non intendiamo disconoscere il fatto che anche il mondo del gioco d’azzardo è variegato e ha punte di interesse culturale legittimo (si pensi, ad esempio, al poker sportivo) come ampie aree che lo sono molto meno (si pensi alle slot machine dietro l’angolo). Queste ultime sono la vera emergenza nazionale giacché, apprendiamo dai giornali, una buona fetta sono ancora in mano alla criminalità organizzata e sono anche forti e ben organizzate le lobby che operano a loro tutela.

La stragrande maggioranza delle azzardopatie è legata alle slot machine.

A noi, tuttavia, molto più modestamente interessa distinguere a livello macroscopico, come fanno altre lingue, il gioco sano, che chiamiamo semplicemente gioco, dal gioco d’azzardo. Crediamo che l’uso del termine “azzardopatia” contribuisca a questo scopo.

Mauro Adorna, Spartaco Albertarelli, Enzo Bartolini, Anna Benedetto, Luca S. G. Betti, Luca Borsa, Marco Carli Ballola, Gianfranco Buccoliero, Raffaele Cadamuro, Daniela Capitanucci, Tino Cappelleri, Andrea Castellani, Stefano Castelli, Mario Catarisano, Luca Cerrato, Dario Cherubino, Pietro Cremona, Massimiliano Cuccia, Alessandro de Lachenal, Tullio De Scordilli, Dario De Toffoli, Antonio Di Pietro, Marco Donadoni, Paolo Fasce, Anna Fava, Gianfranco Fioretta, Marco Fornasir, Giovanni Galanti, Renato Genovese, Nicla Iacovino, Andrea Ligabue, Antonello Lotronto, Giovanni Lumini, Piermaria Maraziti, Stefano Mondini, Paolo Mori, Paolo Munini, Andrea Nini, Tomas Paladin, Fabrizio Paoli, Ennio Peres, Angelo Porazzi, Claudio Procopio, Lorenzo Sartori, Anna Scovenna, Giacomo Sottocasa, Paola Rizzi, Marina Santinelli, Franco Sarcinelli, Beniamino Sidoti, Alberto Tavazzi, Lorenzo Trenti, Mirella Vicini, Emanuele Vietina, Andrea Vigiak, Luca Volpino, Giorgio Weiss, Elvira Zaccagnino, Dario Zaccariotto

e Roberto Sedda!

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