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Lezioni di abbordaggio alla Feltrinelli

Ieri ero a Roma. Verso le cinque esco da una riunione faticosa e, prima di arrivare a Termini, per tirarmi su entro alla Feltrinelli International che sta vicino a piazza Esedra.

In realtà la ricognizione dello scaffale del fantasy in inglese non è proprio fatta per migliorarmi l’umore: apparentemente puoi solo leggere storie di hobbit oppure di vampiri, con una spruzzata di troni di spade più o meno occupati. Pochi hobbit, in realtà, e una marea di vampiri, il cui successo è dimostrato anche il fatto che lo scaffale a fianco è occupato interamente da quella che un tempo si sarebbe chiamata letteratura rosa.

A fianco a me c’è appunto una ragazza che si sta controllando le ultime uscite della Kinsella: una bella ragazza, direi, in una età indefinita fra i ventidue e i trent’anni.

Mentre sto lì che cerco di stabilire se una serie che mette in scena una scuola di magia, un contrasto fra creature millenarie le une buone e le altre malvagie, una ragazza adolescente con poteri sconfinati, un triangolo amoroso, alcuni oggetti magici misteriosi, un padre della ragazza adolescente perduto nel Regno delle Ombre e… draghi potrebbe vincere il campionato mondiale di plagio o essere un regalo interessante per mia nipote Michela, una voce alla mia destra fa: «Scusa, tu leggi molti di questi libri? Mi puoi consigliare?». Mi giro ma il proprietario della voce – un ragazzo sui trenta alto e bruno, con la barba accuratamente di tre giorni e vestito casual ma elegante – non si sta rivolgendo a me ma ovviamente alla ragazza.

Ora, io sono sempre andato poco per locali e mai in discoteca. Devo confessare che perciò non ho quasi mai assistito in diretta a tentativi di abbordaggio, e quindi sono molto curioso, vecchio impiccione che sono.

Naturalmente forse non è un tentativo d’abbordaggio.

«Senti, ma tu sei di qui di Roma?».

Ok, è un tentativo di abbordaggio.

Lei è di Roma. Lui invece stava al nord, ma è a Roma da tredici anni.

«E che fai?».

La ragazza studia Medicina. Lui si lancia in una storia ammirata di quanto è difficile Medicina, con la frequenza obbligatoria e tutte quelle robe là. Lei ride. Secondo Bardotti e Aznavour se lei ride è un buon segno. Vai ragazzo che vai forte.

«E dopo Medicina che vuoi fare?».

Psichiatria. Hmmmm.

Argomento difficile su cui proseguire. Il ragazzo un po’ si sgonfia. Con una logica che non colgo passa a parlare di telefilm e poi de La grande bellezza. Ma soprattutto parla di sé, blah blah blah.

La ragazza cambia significativamente atteggiamento corporeo, non si protende più verso di lui, sposta il centro d’equilibrio come se fosse pronta a fare un passo verso altrove. Ha l’aria di quella pronta per andarsene.

E lui le racconta che fa l’attore.

«Davvero??!!».

Come in quella pubblicità dove perdevi i punti e poi con un balzo tornavi a punteggio pieno.

«Si, cioè, ho fatto molti corsi di teatro…».

«Ah…».

Tutto è in bilico…

… e lui le racconta quello che lui pensa dei corsi di teatro, bisogna stare molto attenti a sceglierli… La politica culturale di certe compagnie…

Crash!!

Quando lei gli racconta che presto si trasferirà in Germania a studiare – ha un dizionario di tedesco in mano – sono abbastanza sicuro che la cosa non è andata.

Quando lui cita i dati della disoccupazione tedesca e i pregi di quella economia ne sono totalmente sicuro.

Mentre mi avvio all’uscita mi chiedo: ma nell’abbordaggio non dovresti arrivare al dunque? Non dovrebbe chiederle qualcosa tipo: ti va di bere qualcosa?

Alle mie spalle lui dice: «Senti, stavo giusto andando a prendere un caffé, che dici, proprio qui vicino…».

Ah, ecco.

«Mi dispiace, sono molto di fretta. Ciao».

A fianco alla cassa c’è uno scaffale con Jane Austen, quindi mi attardo e mi trovo dietro di lei quando esce.

A fianco alla libreria c’è un bar pasticceria dove mi ha portato una volta Marco Carlizzi, dove fanno dei cannoli alla siciliana fantastici.

Però sono a dieta. Però in quel bar se chiedi un bicchier d’acqua minerale ti chiedono compiti se ci vuoi la fettina di limone, cosa che ingenuamente trovo signorilissima – e trovo che frequentare un simile bar renda molto signorile anche me. Così entro, mi accontenterò solo di un caffé e dell’acqua gassata in versione signorile.

La ragazza è lì, a un tavolo con un the e il libro appena comprato. Non doveva avere tutta questa fretta, penso.

Guardo con desiderio la lunga vetrina dietro di lei con eclairs di ogni tipo coperti di glasse multicolori. Ancora più avanti, oltre la vetrina, il ragazzo passa anche lui, getta uno sguardo dentro e vede la ragazza.

Abbiamo tutti e due dei dolci a cui non possiamo arrivare, mi dico.

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