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Insulti e ragazze pietose davanti al portone chiuso

L’altro giorno Maria Bonaria, mia moglie, tornava a casa dopo una visita al babbo quando, dall’altro lato della strada, si sente chiamare: «Signora, signora!».

A chiamare era una signora sugli ottant’anni, piccoletta, vestita di nero, con un grande borsone e una borsetta. In mano un piccolo mazzo di chiavi.

«Seeenta, ma lei ce la fa ad aprirmi la porta? Io non ci riesco…».

Maria Bonaria prende le chiavi e si rende conto che nessuna delle due è adatta alla serratura del portone.

«No, signora, queste chiavi non vanno bene. È sicura che…».

Non riesce a finire che quella molla un calcio fortissimo al portone. BAM!!

«No, signora, che fa?! Aspetti! Le chiavi, vede…».

«Mi hanno guastato il portone dopo che sono uscita!». BAM!! «Burricasa!! Sono sempre guastandone cose del palazzo».

Fa due passi indietro e alza il braccio teso nella direzione generica della facciata. «Bagassasa!!». A pieni polmoni agitando il braccio a tempo come un ultrà. «Bastardusu».

«Aspetti, ehm, signora, vede le chiavi non corrispondono. È sicura che questo sia il mazzo giusto?».

«E ‘ta seu, scimpra? Crede che non mi riconosco le mie chiavi?!». Di nuovo col braccio: «Bagassasa bastardasa. Tutte bagasse in questo palazzo».

Poi, passando senza soluzione di continuità direttamente a un’altra soluzione: «Chiami un uomo, chiami. Gli uomini ci sanno fare con le chiavi. Vede, chiami quegli uomini!!».

Gli “uomini” sono due ragazzi che passano insieme a delle ragazze. Maria Bonaria, di fronte all’ordine imperioso, gli fa un cenno. Quelli arrivano e la signora li apostrofa: «Che, c’è uno di voi che c’ha la mano santa? Perché qui ci vuole una mano santa di un uomo con le chiavi».

Mentre i ragazzi cominciano, dopo qualche altra spiegazione, ad armeggiare con la serratura, una delle ragazze entra in modalità organizzativa. Tira fuori venti euro dal portamonete e li dà al fratellino: «Allora, Pier, noi stiamo qui, tu vai avanti e cominci a comprare i biglietti. Tre biglietti andata e ritorno. Poi torni qui».

Quello è un po’ dubitativo: «Ma mi bastano venti euro?». «Ecccerto, sono sei euro andata e ritorno per tre biglietti. Quanto fa sei per tre? Sei più sei dodici e sei diciotto. Tu hai venti, dai, e non ti bastano?».

Spedito via il fratellino pesca il cellulare e chiama uno: «Oh Maicoll, guarda che stiamo aiutando una persona anziana e facciamo tardi, capito? … Oh Maicoll, non fare lo stronzo: ti ho detto che stiamo aiutando a una persona anziana!! … No, i biglietti non c’è problema, ho mandato Pier, e mi rimangono anche dieci euro … Si, dieci euro! … Come fai a dire che non ce li ho? Oh Maicoll, ma hai messo di nuovo le mani nel mio portafogli?! Ma la devi smettere, hai capito?».

Intanto i due ragazzi sono arrivati anche loro alla conclusione che, semplicemente, le chiavi sono sbagliate. Tutti insistono che la signora si è confusa: magari è uscita col mazzo sbagliato? L’idea che possa essersi confusa è rafforzata, peraltro, dal fatto che indossa due scarpe sinistre.

La signora risponde con una tirata di parolacce. Maria Bonaria è distratta, ma nota che uno dei ragazzi è arrossito. «Che ha detto?», «Lasci perdere», fa quello, imbarazzato.

Qualcuno prova a suonare per vedere se un inquilino del palazzo apre, così almeno si può andare al pianerottolo e provare là. Nessuno risponde. La signora ha la spiegazione pronta: «Non c’è nessuno in questo palazzo. Sono tutte fuori a fare le bagasse!». Passa anche una coppia del palazzo accanto: «Di nuovo le chiavi?», e tira dritta. Come, “di nuovo”? Cosa ne sapete voi? Ehi ehi aspettate! Ma prima di poter formulare le domande quelli si sono chiusi nel loro portone.

Nel frattempo il fatto che ci sia un capannello sul marciapiede fa da richiamo, così arriva sempre più gente. A tutti gli uomini la signora chiede se hanno la mano santa. Qualcuno prova a ragionare: «Oh signora, come fa a dire che quelli del palazzo le hanno guastato il portone se poi dice che non c’è nessuno perché, ehm, sono fuori a esercitare la professione più antica del mondo? Eddai, su, non può essere». Seguono, per risposta, parolacce.

Un altro signore prova a essere didattico. Quante chiavi in questo mazzo? Due. La porta di casa sua quante chiavi ha? Due. E allora lo vede signora che ne manca una terza? Quella del portone! Ha preso un mazzo sbagliato, è matematico. Ma la signora non è scimpra, le sue chiavi le conosce, e ovviamente seguono parolacce.

Il gruppo, però, non demorde. Una possibilità: magari semplicemente la signora ha due mazzi di chiavi nella borsetta e ha pescato quello sbagliato? Se la signora controllasse…

La signora nauralmente non è scimpra, le sue chiavi le conosce e seguono parolacce. Ma i soccorritori stanno esaurendo la pazienza. Maria Bonaria, che è spiccia, passa addirittura alle minacce: «Signora, abbia pazienza, controlli. E se non controlla noi non possiamo aiutarla. Guardi, ce ne andiamo e la lasciamo qui, guardi».

Quella allora si arrende. Fa due passi indietro, porta la borsa contro il petto, si ingobbisce, i gomiti in fuori a protezione guarda il gruppetto con uno sguardo misto di sfida e di diffidenza, solleva un lembo piccolissimo della copertura della borsetta, poi dà una sbirciata rapidissima con un occhio solo e annuncia, trionfante, che altro mazzo non ce n’è, in borsa. «E ‘ta seu, scimpra?!».

La ragazza organizzativa invece ha chiamato i Vigili del Fuoco. Che però non possono venire subito. Ma la folla ingrossa e il tempo passa, così li richiama per sollecitare: «C’è una persona anziana qui sul marciapiede, l’avete capito?».

In previsione dell’arrivo dei Vigili il passante didattico avverte la signora: «Le chiederanno un documento d’identità. Ce l’ha la carta d’identità, oh signora?». «Documenti? E perché mi deve cercare i documenti la giustissia, a mimmia? E ‘ta seu, scomunigara? A queste glieli devono chiedere i documenti, bagassasa, che mi hanno rotto il portone».

Insomma, c’è poco da ragionare. La maggior parte degli astanti si dispone in santa pace ad aspettare l’arrivo dei Vigili del Fuoco e l’epilogo della faccenda. Solo un tizio nota la signora irrigidirsi un attimo, come colta da un pensiero improvviso. Poi si gira, dando le spalle a tutti. Scruta nervosamente alle sue spalle, a destra e sinistra, mentre stringe la borsetta al petto, si ingobbisce, allarga i gomiti a protezione. E poi, accidenti! tira fuori un mazzo di chiavi, fa un salto degno di Tarzan, apre al volo il portone e zac! si catapulta dentro. Potrebbe riuscire a chiuderlo se il tizio non avesse esclamamato: «Guarda! Guarda!» e Maria Bonaria, lestissima, non avesse infilato un piede nel portone.

Un coro: «Signora, dove va? Ma le sembra modo? Ma non poteva guardare prima nella borsa? E ci lasciava così, senza nemmeno salutare? E non ringrazia tutta questa gente che ha cercato di aiutarla?».

La signora non risponde. «Lasciate», dice la ragazza organizzativa, «salgo io ad accompagnarla fino al pianerottolo. Dopotutto, è una persona anziana».

***

«Te l’immagini», mi dice Maria Bonaria andando a letto, «avere quella signora nelle riunioni di condominio?».

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