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Cose in chiaro

Ieri, quando sono tornato a casa dal lavoro, mia moglie che è il cuore pensante della nostra famiglia mi ha avvisato che avevamo appena comprato da Amnesty uno striscione Verità per Giulio Regeni.

Lo striscione che era appeso in Comune è stato tolto, abbiamo deciso di mantenere in pareggio la contabilità cittadina degli striscioni. Appena arriva lo mettiamo in balcone, finché ce lo lasciano.

Dice il Sindaco che il vecchio striscione ormai era rovinato. La cosa, ovviamente, fa discutere perché, guarda caso, in giro per l’Italia un gran numero di neoeletti nuovi amministratori pubblici quasi per prima cosa appena insediati sono andati a verificare lo stato dello striscione e guarda caso lo hanno trovato tutti in cattive condizioni e perciò l’hanno tolto.

E, guarda caso, sono tutti neoeletti amministratori di destra, più o meno estrema. Ok, estrema: destra moderata in Italia non ce n’è, ci sono solo destrorsi estremisti o molto estremisti.

Quando si è saputo che Regeni era stato ucciso ho mandato una mail al preside e a un paio di docenti della Facoltà dove lavoro per dirgli che un luogo di studio di relazioni internazionali come il nostro, che manda studenti e ricercatori in giro per il mondo e spesso negli stessi luoghi dove lavorava Regeni, non avrebbe dovuto rimanere indifferente al destino di uno che viene ammazzato mentre fa ricerca all’estero.

Era un po’ una riflessione a voce alta, generata dal fatto che io sono sempre fedele al mio multiforme popolo, e fu raccolta. La Facoltà organizzò un piccolo incontro con un po’ di borsisti e ricercatori che raccontarono cosa vuol dire andare a studiare e fare ricerca nel Medio Oriente, le relazioni che si stringono, le percezioni che si riportano indietro, anche i rischi che si corrono (o non si corrono).

Spesso allo sportello vengono studenti o laureati che mi raccontano che sono stati a studiare e formarsi o a lavorare in Palestina, in Siria, in Turchia, fra i curdi, o nel Sud-Est asiatico o in America Latina. Altri studenti sono direttamente mediorientali: dopo che avranno finito di studiare da noi torneranno a casa, in contesti come l’Algeria dove fino a non molto tempo fa la violenza era feroce. Pensare a uno di quei ragazzi o ragazze con cui fai due battute allo sportello che viene torturato, ucciso e buttato per strada come uno straccio mi stringe il cuore. Penso che capiti lo stesso a ogni essere umano, per questo mi è incomprensibile come si possa trasformare una questione come quella di Regeni in un fatto politico di bandiera, o in un fatto settario.

Oh, poi io continuo a non capire come si possa decidere anche di lavarsi le mani della gente che muore affogata, quindi evidentemente non conto. Sono io che non capisco.

Ma comunque il Sindaco dice, oggi sul giornale, che personalmente ritiene che sulla vicenda (cioè, tortura e assassinio, per essere precisi) vada fatta chiarezza. Benissimo.

Ieri poi, a tavola, si diceva che magari servirebbe che anche altri reagissero mettendo lo striscione alla finestra. Andrebbe benissimo, ovviamente. Più persone tengono vivi il ricordo e l’attenzione meglio è. Ma il punto è politico, e riguarda l’atteggiamento del Comune e, per la verità, non riguarda nemmeno lo striscione e neanche le convinzioni personali del Sindaco, ma che scelta politica voglia fare il Comune.

Leggo ugualmente sul giornale che Francesca Ghirra, che in Consiglio comunale è la referente principale dell’opposizione, intende sollevare l’argomento. Spero che il dibattito non si riduca a striscione sì o no. Il fatto è che c’è una campagna di Amnesty, con degli obiettivi ben precisi e chiaramente spiegati. Sul sito di Amnesty fra le adesioni alla campagna c’è anche quella, che suppongo sia stata espressa come atto formale, del Comune di Cagliari.

Adesione alla campagna, non impegno a esporre uno striscione sine die in quella specifica finestra. Al Sindaco andrebbe chiesto se intende ritirare l’adesione del Comune, immagino con altro atto formale, o meno.

Se, come mi auguro, non la vuole ritirare, si possono fare un sacco di cose senza, uso l’espressione del Sindaco, appendere striscioni nella facciata del Municipio come allo stadio.

Per esempio, il Sindaco potrebbe appendere lo striscione nel suo studio, sotto il crocifisso. È sempre interessante, quando da qualche parte rientra il crocifisso, controllare cosa esce contemporaneamente: un tempo c’è stato un governo che ha rimesso il crocifisso nelle aule scolastiche e poi ha fatto uscire quarantamila supplenti; sarebbe il caso di evitare che rientri il crocifisso ed esca il ricordo dei torturati, considerato che Gesù è un torturato pure lui.

Oppure, ignoro se il Comune abbia un cappellano, ma io che sono devoto di La Pira penso che in un’occasione del genere il sindaco di Firenze avrebbe magari fatto dire una messa in suffragio mensile per il povero Regeni. Il 14 di ogni mese si ricorda che la campagna è ancora attiva e che devono ancora giungere risposte: magari far celebrare una messa il 14 di ogni mese? Anche Gandhi, quando non voleva usare un linguaggio politico che potesse confondere, spostava il discorso sulla spiritualità.

E ci sono, naturalmente, modi laici di aderire e sostenere la campagna. Una donazione del Comune ad Amnesty. Una donazione di tutti i Consiglieri e assessori comunali, senza distinzioni di partito. Una seduta solenne e aperta del Consiglio che ricordi che, a tre anni di distanza, Regeni non ha ancora avuto giustizia. Intitolare un’aula del palazzo comunale a Regeni. O una scuola. Invitare i genitori a Cagliari per un incontro pubblico. Fare una convenzione con Amnesty perché l’anno prossimo in tutte le scuole comunali si faccia un incontro con i loro volontari sui temi dei diritti umani e della tortura.

Se al Sindaco non piace nessuna di queste idee mi chiami: ne ho alcune altre decine da suggerirgli. O meglio ancora: chiami Amnesty, sono sicuro che avrà solo l’imbarazzo della scelta.

Oppure, si dica chiaro: è una questione di etichette politiche e abbiamo tre metri di pelo sullo stomaco. Si scriva ad Amnesty per dire che il Comune ritira l’adesione.

Basta essere chiari. Meglio che le cose siano in chiaro, senza ambiguità. Come si dice, o sì o no, il di più viene dal demonio.

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Un pensiero su “Cose in chiaro

  • È tutto molto chiaro. Quasi tragicamente chiaro.

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