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Facile moralismo

Stamattina mi sono visto passare il 6 sotto il naso, per una volta che ero riuscito a uscire di casa puntuale.

Per fortuna un attimo dopo passa il 31, scarica l’abituale orda di ragazzini diretti alle scuole della zona e prosegue, con a bordo un’altra orda di altri ragazzini, sei immigrati africani, uno che sembra un controllore ma non lo è, me, due signore, un signore grasso e un tizio cinese.

Cioè, veramente no, non prosegue.

Rimane fermo, con le portine aperte. Un minuto, due minuti, tre.

Ci guardiamo l’un l’altro un po’ stupiti, perlomeno quelli che hanno il senso della realtà circostante: quattro ragazzine hanno sequestrato i sedili messi uno di fronte all’altro per farne un salotto nel quale si dibattono argomenti interessantissimi, un altro paio di passeggeri sono persi negli smartphone, due sono sprofondati nei meandri della passione.

Dalla postazione dell’autista proviene una sorta di borbottio indistinto; un rimprovero, pare di capire. Ci guardiamo attorno, perplessi.

«Scusi, non abbiamo capito», grido, chiedendomi poi, in realtà, perché debba mettermi a gridare: altri autisti del CTM semplicemente si alzano e dettano le regole a voce alta, di solito.

Altri borbottii, fra i quali pare capirsi: «… mettere a posto i vetri».

Boh, le finestrelle sembrano in ordine. Le due signore, impegnate in una discussione su quella là che si è presa le ferie, si fermano un attimo per attestare: «Sì, i finestrini sono a posto».

I ragazzini – soprattutto ragazzine – sghignazzano. Il tempo passa, l’autista borbotta: «… stupidi scherzi».

Faccio due passi avanti e dico ai due signori che mi precedono: «Scusate, magari noi che siamo adulti possiamo andare avanti e chiedere cosa sta succedendo, no?».

Quello grasso tiene lo sguardo fisso in avanti, sopra la testa la nuvoletta: «Non voglio grane». L’altro si gira ed è cinese, e mi guarda come a dire: «我没有发生过». Allora vado avanti io e mi rivolgo a quello che sembra il controllore: «Mi scusi, non abbiamo capito, possiamo sapere cosa succede?».

Solo che quello non è il controllore, è un passeggero anche lui con camicia azzurra e maglione blu, ma siccome viaggia attaccato al parabrezza ha deciso di ritagliarsi il ruolo di bodyguard – muta, peraltro – dell’autista. Il quale, comunque, non solo è basso ma sta sprofondato nella sedia, quindi parlare con lui è come rivolgersi alle profondità dell’autobus.

Alla fine capisco che il problema è che qualcuno ha girato la rotella di apertura automatica della porta posteriore, e l’autista con le porte aperte non riparte.

«Scusi, e non le può rimettere a posto?».

«Io?! A me non spetta. Rimettetele a posto voi».

A casa mia lui sarebbe pure responsabile del mezzo, ma magari mi sbaglio. «E scusi, allora ci dice cosa dobbiamo fare, come le possiamo aggiustare?».

«A loro chiedetelo, cosa hanno fatto e come si può aggiustare…».

A questo punto, essendo l’amichevole Rufus che non perde mai la calma che conoscete, sono un po’ alterato: «Ma senta, ma lei blocca il pullman così, per una ripicca?».

«Io non sto bloccando niente, loro sono che lo bloccano». E a un nuovo affondo prosegue: «Io non sto sequestrando proprio nessuno, le portiere sono aperte».

Vista l’impossibilità, decido di chiamare l’assistenza del CTM e protestare. Il cinese, perplesso, mi chiede: «Scusi, perché non riparte?». Alle mie spiegazioni fa: «Scemo!».

L’autista, intanto, che mi ha visto col telefono in mano, la centrale la chiama lui. Si sente che gli dicono, evidentemente, che se la potrebbe cavare in un attimo e lui risponde che non può stare là tutta l’ora a aggiustare rotelle. Quelli, boh, a quanto pare desistono.

Oh, se fosse che l’autobus è in mano a teppisti che ripetono lo scherzo ogni secondo, avrebbe pure ragione. Ma ci guardiamo attorno: l’intera parte posteriore dell’autobus è occupata da studentesse che non sembrano proprio propense agli scherzi, tranne un ragazzotto che comunque è perso nei suddetti meandri della passione con una delle suddette studentesse, peraltro certo meritevole di attenzione. L’opinione corrente è che gli autori dello scherzo probabilmente sono già scesi, anzi grosso modo ora devono essere non solo a scuola, ma già intenti alla ricreazione. L’autista replica che ci dovremmo preoccupare di educarli meglio, i nostri figli. Per un attimo penso che si possa mettere a piangere.

Nel frattempo arriva un altro autobus. Scendiamo tutti, poi si scopre che è il 5 che va da un’altra parte e risaliamo. Una ragazzina si alza e gira la rotella, precedendomi. La portiera posteriore si chiude, quella in mezzo rimane aperta.

Boh.

Arriva il 30. Scendiamo di nuovo e trasbordiamo. Il cinese scuote la testa e mi rivolge un sorriso complice, robe da matti.

Ovviamente perdo la coincidenza col 10 e arrivo in ritardo al lavoro, mannaggia.

Ah, e il moralismo? In due parole, e senza voler entrare nei dibattiti sul (presunto) bullismo di questi giorni: ma come definire il comportamento dell’autista se non capricci isterici da adolescente?

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