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Gemelli terribili

Gemelli KrayHo finito da poco di leggere The profession of violence, un libro di John Pearson sui gemelli Ronnie e Reggie Kray, una coppia di criminali degli anni ’50 e ’60 notissima in Inghilterra e credo quasi ignota da noi, nonostante siano stati oggetto di una serie di trasposizioni cinematografiche.

Il libro è per molti aspetti sorprendente e, direi, una lettura obbligata per cultori della materia, giocatori di ruolo, fumettisti e altra gente del genere.

In tre parole: altro che romanzo.

Lo sfondo è quello dell’East End londinese, che già è pittoresco e leggendario di suo. Su questo sfondo c’è la storia di una coppia di gemelli omozigoti, indistinguibili fra loro, che da adolescenti intraprendono la carriera di pugili, sotto le armi scelgono scientemente la vita criminale e imboccano la strada di un’avventura da fuorilegge che li porterà a un passo dalla costruzione di un vero e proprio impero finché la reazione della legge non li abbatterà infine senza pietà. Non basta: uno dei due (Ronnie) è psicotico e si crede una via di mezzo fra Al Capone e il Napoleone del crimine. Ma ha un carisma irresistibile. L’altro è metodico, paziente, un grande organizzatore, ma è succube: sognerebbe una vita normale ma la malattia del fratello è un guinzaglio al quale non può sfuggire. Costui a un certo punto si sposa con una ragazza bellissima

Kray gemelli e Francesma il matrimonio dura appena sei settimane, poi lei scappa coi nervi definitivamente scossi e in capo a due anni sarà morta, suicida. E c’è la swinging London dei locali notturni, ci sono i giri di ragazzini che Ronnie Kray condivide con alti prelati della Chiesa d’Inghilterra e un paio di membri della Camera dei Lord, c’è uno dei più grossi scandali mai occultato nella storia inglese, cospirazioni politiche, la mafia, agenti segreti: tutto e molto di più. C’è l’amico del cuore di Ronnie – un criminale ritardato – che viene fatto evadere salvo, dopo averlo liberato, rendersi conto che fuori galera è molto meno simpatico e perfino incontrollabile: è una storia che finirà malissimo. Perfino le pennellate occasionali sono sorprendenti, come la storia del padre dei gemelli, un venditore ambulante disertore durante la guerra, che per molti anni sarà una sorta di fantasma inafferrabile sia per la famiglia che per la polizia.

E il libro in sé, nel senso della sua genesi e della scrittura, è romanzesco: dal primo incontro fra Pearson e i Kray – degno di James Bond – fino alle pressioni per non farlo pubblicare, in quanto implicava pubblicamente una serie di uomini politici nella vicenda dei gemelli.

Perciò: un libro sorprendente e pieno di storie indimenticabili. Tuttavia al lettore italiano rimane un curioso senso di incompletezza, accentuato maggiormente dall’enfasi con la quale Pearson racconta la sua storia pigiando con forza sul pedale del “per un pelo”. La sua teoria è che solo la mancanza di prudenza legata alle psicosi di Ronnie abbia impedito ai Kray di fare il passaggio definitivo come uomini d’affari rispettabili che hanno legalizzato parte delle loro imprese criminali, un passaggio che li avrebbe resi inattaccabili e avrebbe anticipato di vent’anni la nascita del crimine organizzato nel Regno Unito.

Può essere, naturalmente. Il lettore italiano un po’ rimane scettico. Nonostante l’enfasi di Pearson, non si può evitare la sensazione che si tratti, pur sempre, di due criminali di mezza tacca. Si vede che fanno spesso soldi, anche molti soldi, ma è anche vero che le loro imprese durano poco, si sfaldano, devono spesso riconfigurarsi e comunque raramente escono dal recinto di alcuni ambienti e quartieri londinesi. I night che gestiscono gli portano un sacco di amicizie di personaggi noti, ma nel gran corpo della società inglese continuano ad apparire piuttosto isolati. Poteva darsi che facessero il grande salto, certo, ma è anche vero che non l’hanno fatto: possono esservi cento o mille motivi specifici ma il lettore può legittimamente pensare che non l’abbiano fatto non per un meccanismo casuale e imponderabile che li ha fermati all’ultimo momento ma perché, semplicemente, non c’erano gli spazi. Potevano non essere matti, essere più istruiti, più capaci e allora ce l’avrebbero fatta? Può essere, ma la storia non si fa con i se. Del resto, probabilmente se fossero stati più istruiti, più capaci e meno matti magari non avrebbero fatto i criminali, o no? Magari si buttavano in politica.

E questo è l’altro elemento che il lettore italiano coglie e forse Pearson no: la scarsissima permeabilità della società inglese dell’epoca al crimine organizzato, che è forse il vero motivo per il quale i Kray il loro salto di qualità definitivo non l’hanno fatto. Le loro importanti amicizie altolocate li portano a cena in circoli esclusivi o alla Camera dei Lord, o posano con loro in foto e frequentano insieme il letto di qualche ragazzino, ma nessuno o quasi nessuno fa affari con loro, perlomeno non in modo sistematico: ciò che Pearson non capisce cioè è che i Kray sono crimine organizzato nel senso folkloristico con il quale si può credere che Peppino ‘u Catanese sia la mafia; ma noi sappiamo che la vera mafia non è la manovalanza e neppure probabilmente i padrini, ma sono quegli ampi settori della società, cavalieri del lavoro, banchieri, politici, i quali hanno usato il monopolio della violenza garantito dal crimine organizzato per governare il territorio. All’epoca questo tipo di governo alternativo, in Inghilterra, semplicemente non è venuto in mente a nessuno (e, per converso, il paragone non spiega solo perché questo non sia avvenuto , ma anche perché sia invece avvenuto da noi).

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