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Figo, figo, figo in maniera imbarazzante

Quello che segue è il secondo dei tre articoli che, come ho raccontato ieri, ho trovato su The Atlantic e che ho deciso di tradurre, tre articoli che, sebbene trattino di argomenti differenti, mi sono sembrati collegati da un filo rosso comune, tre differenti visioni di un certo tipo di correttezza politica.

L’articolo originale, intitolato Toward a universal theory of ‘”cool”, è stato scritto da Derek Thompson. Le foto e i video sono quelle che illustravano l’articolo originale. Thompson fa riferimento a sua volta a un articolo scientifico verso il quale è incluso il link, e si tratta di una lettura aggiuntiva molto interessante.

L’unica nota è che si discute di ciò che in inglese americano è definito cool, un termine non facilmente traducibile in italiano. In inglese il significato base di “freddo”, “dotato di autocontrollo”, “persona che non può essere facilmente messa in imbarazzo” si è espanso fino a “tizio solido, roccioso, con le palle”, “leader“, “degno di imitazione” e infine “ammirevole”, “fascinoso”. Avrei potuto usare fascino ma, considerato che è una voce parzialmente gergale, ho scelto di tradurre con “figo” nella maggior parte delle occasioni.

Verso una Teoria Generale del “figo”

di Derek Thompson

james deanChe cosa rende qualcosa figo? Quale principio semisommerso spiega non solo le campagne di marketing della Harley Davidson, Apple Dos Equis ma anche il fascino di cowboy, James Dean e Jennifer Lawrence?

Un nuovo articolo nel Journal of Consumer Research prova a rispondere a quella che potrebbe essere una domanda impossibile studiando come le marche e le aziende diventano affascinati agli occhi dei consumatori. E, con mia sorpresa, è decentemente plausibile.

Per capire la loro teoria di ciò che è figo, fate un confronto con un altro concetto potenzialmente indefinibile: humour. Che co’è che rende qualcosa divertente? Platone e Aristotele proposero quella che noi oggi chiamiamo la Teoria della superiorità. Fondamentalmente noi ridiamo delle sfortune degli altri, o quando ci sentiamo superiori. Questa teoria spiega lo humour fisico, la maggior parte de I Griffin e una barzelletta come questa:

Una donna sale su un autobus col suo bambino piccolo. Il guidatore dice: «Bleah, quello è il bambino più brutto che abbia mai visto!!». La donna procede verso il retro dell’autobus e si siede, furente. Dice all’uomo seduto a fianco a lei: «Il guidatore mi ha appena insultato!». E l’uomo risponde: «Allora si alzi e vada a dirgliene quattro. Vada, vada pure, la scimmia gliela tengo io».

Ma la Teoria della superiorità non spiega granché del perché riconosciamo certe altre battute come battute. Per esempio: «Ci sono due pesci. Uno dice all’altro: «Ti rivelo un segreto, ma mi raccomando: acqua in bocca!» [la battuta originale, intraducibile, era: There are two fish in a tank; one says: «How do you drive this thing?», NdRufus]. Le freddure sono divertenti (qualcuna almeno, teoricamente) per ragioni che vanno oltre la superiorità. Necessitano di una teoria più vasta. Come ha spiegato Shane Show sul New Yorker, gli studiosi si stanno attestando su una teoria più sofisticata, chiamata della Violazione benigna.

La Violazione benigna indica che le vostre aspettative sono stravolte – le freddure ovvie non sono divertenti – in modi che non comportano minacce o tristezza per gli ascoltatori. «Un prete e un rabbino entrano in un caffè e ordinano una birra» non è una freddura; «Un prete e un rabbino entrano in un caffè e muoiono istantaneamente» non è una freddura; «Un prete e un rabbino entrano in un caffè… splash!!» [a priest and a rabbi walk into a bar – ouch!, NdRufus] è riconosciuta come una freddura (lasciamo perdere la sua qualità) perché stravolge le nostre aspettative in un modo che non sembra minaccioso. Snow scrive:

La Violazione benigna spiega perché la visione inaspettata di un amico che cade dalle scale (una violazione di ciò che ci si aspetta) è divertente solo se l’amico non si fa male davvero (un risultato benigno). Spiega la formula cabarettistica di Jerry Seinfeld che fa notare le cose più scandalose e volgari (violazione) nella vita di tutti i giorni (benigna) e la comica abitudine di Sarah Silverman di rendere argomenti di cattivo gusto (violazione) innocui (benigna) nei suoi monologhi. Spiega le freddure (violazioni benigne delle regole linguistiche) e il solletico (una minaccia fisica priva di pericolo reale).

Come lo humour e la bellezza, il fascino sembra eludere le definizioni. La letteratura ci dice che il fascino è soggettivo piuttosto che universale (gli U2 sono fighi?) e sappiamo che cambia col tempo (fumare è figo?). Ma un nuovo articolo di Caleb Warren e Margaret C. Campbell utilizza una definizione più restrittiva che è sorprendentemente funzionante: «Il fascino è una caratteristica soggettiva e positiva di persone, marche, prodotti e mode che sono autonomi in maniera appropriata».

Se comico è una violazione benigna delle aspettative, figo è una violazione contenuta di aspettative maligne.

Figo vuol dire scostarsi dalle norme che consideriamo inutili, illegittime, o repressive – ma anche farlo in modi che sono limitati. L’inserzione della Apple del 1984 che diceva, essenzialmente, «avete una scelta; non comprate IBM!» è considerata una delle pubblicità più fighe di tutti i tempi perché era, per usare le parole dei ricercatori, «autonoma in maniera appropriata». Ma una inserzione della Apple del 1984 che avesse detto: «avete una scelta; non pagate le tasse federali sul reddito!» non sarebbe figa, perché le tasse sono legittime; e una inserzione della Apple del 1984 che avesse detto: «bruciate la sede della IBM fino alle fondamenta!» non sarebbe figa, perché sarebbe eccessiva. Essere fighi richiede un po’ di Riccioli d’Oro.

Richiede anche qualcosa contro cui ci sia ragione di ribellarsi. Nella mia scuola superiore, come in molte scuole superiori, uno dei modi migliori per mostrare ai compagni di classe che eri figo era contravvenire in modo creativo alle regole sull’abbigliamento. Violare un ordinamento repressivo sul vestire non è forse figo per definizione quando si hanno quattordici anni? Penserei di sì. In uno studio citato dall’articolo di Warren e Campbell, ai partecipanti sono state proposte pubblicità che proponevano di rispettare o violare delle regole sull’abbigliamento. Alcuni sapevano che le regole esistevano per onorare un dittatore. Ad altri era stato detto che onoravano i veterani di guerra. Sebbene entrambi i gruppi abbiano considerato violare le regole sul vestiario come un segno di autonomia, è sembrato figo essere autonomi solo nel primo caso, sebbene si discostassero da una regola che era palesemente assurda.

Laddove la definizione di figo – iconoclastico, legittimo e limitato – si incaglia è per me nel concetto di successo. Alcune persone che violano le regole ma non raggiungono il successo sono considerati degli sfigati e dei falliti. Per altri nel mondo degli affari – Bill Gates, Warren Buffett, Mark Zuckerberg – è esattamente il loro successo emozionante, più che la loro “limitata” “autonomia” che è la vera fonte del loro fascino. Hanno raggiunto qualcosa. Warren e Campbell potrebbero argomentare che la vera fonte del fattore di fascino di questi capi d’impresa è che essi si sono misurati con norme preesistenti. Ma ogni impresa si confronta con delle norme: o si creano nuove quote di mercato o le si sottrae. L’autonomia è figa. Ma lo sono anche il potere e i soldi, anche quando creano o sostengono norme che gli iconoclasti vogliono distruggere.

Una delle implicazioni più interessanti di questa ricerca è quel che vuol dire per il marketing – in particolare quando si tenta di persuadere i giovani, che sono i più presi dalla corsa a essere fighi. Per esempio, piuttosto che intimidire i consumatori adolescenti con sincere richieste di non fumare o guidare ubriachi, l’articolo raccomanda di allineare il comportamento negativo con un fallito socialmente ben riconosciuto. In realtà questa era la tesi dietro la famosa campagna The truth contro il fumo: associare il fumare degli adolescenti con il rispetto di un conformismo idiota. Nel 2010 l’American Journal of Public Health ha pubblicato uno studio che concludeva che quelle pubblicità hanno significativamente ridotto il fumo fra gli adolescenti alla fine del secolo scorso. Ecco una cosa davvero figa.

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