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Empaticamente rimosso

Pubblico oggi il terzo articolo che mi ero ripromesso di tradurre, quello che entra più specificamente nelle tematiche del politicamente corretto. Ho già detto che c’è un filo rosso che secondo me unisce la benintenzionata ingegneria sociale vagamente razzista dei tempi di Myrdal, la violazione delle regole socialmente accettabile che segnala tendenze pop attuali e il tema di cui parlo oggi: è, al fondo, la rimozione del conflitto, emozionale prima ancora che sociale (o forse: anestetizzazione emozionale per rimuovere il conflitto sociale), un tema che mi interessa molto e che “taglia” oggi trasversalmente i campi politici sia a destra che a sinistra (basti pensare che sul modo corretto di educare i bambini si trovano d’accordo persone diverse come Hanna Rosin – il cui articolo è citato anche qui – e Jennifer Flanders). Naturalmente questa non è tutta la storia: la mancanza di quegli spazi di sicurezza che qui sono discussi è la stessa che ha condotto i famosi autori di giochi a far fallire il game jam.

Il titolo originale dell’articolo è “Empathetically correct” is the new politically correct ed è stato pubblicato su The Atlantic, per chi volesse leggerlo in inglese. L’autrice è Karen Swallow Prior, editorialista sia di The Atlantic che di Christianity Today. Ho mantenuto nel testo i link orginali, anche perché sono piuttosto interessanti. Le immagini sono state usate in passato su Roba da giocatori di ruolo: ho scelto apposta quelle meno politicamente corrette, sesso, droga e rock&roll.

“Emozionalmente corretto” è il nuovo politicamente corretto

di Karen Swallow Prior

Cappuccetto rossoQuando frequentavo il mio corso di laurea nei tardi anni ’80 e nei primi anni ’90, il politicamente corretto regnava supremo. Imbrigliando le forze di linguaggio, letteratura e legge il movimento chiamato “PC” lavorò inizialmente per il positivo obiettivo di una maggiore inclusività per le comunità marginalizzate. Alla fine, tuttavia, gonfiato a dismisura dai tesori della torre d’avorio dell’accademia e provocato dagli eccessi e dall’esclusivismo della cultura da circolo riservato di Wall Street, il politicamente corretto si trasformò in una dittatura di regole di linguaggio, corsi di sensibilizzazione e censura sui libri. La sua presa incombe ancora, come dimostra ultimamente la decisione di una commissione statale del Nevada di non intitolare a Mark Twain una baia a causa delle opinioni razziste di questo autore nel XIX secolo verso i nativi americani.

Ma sembra che il politicamente corretto stia venendo rimpiazzato da una nuova tendenza – una che potrebbe essere definita “empaticamente corretto”.

Mentre il politicamente corretto cercava di coltivare la sensibilità esterna a favore di gruppi storicamente marginalizzati e oppressi, l’empaticamente corretto si concentra nell’interiorità a favore della protezione di sensibilità individuali. Ora, invece di sfidare lo status quo chiedendo testi che mettano in discussione il confortevole canone occidentale, gli studenti chiedono lo status quo rifiutandosi di leggere testi che mettano in discussione il loro personale conforto.

ZombieNella premessa di Divertirsi da morire. Il discorso pubblico nell’era dello spettacolo [edito in Italia da Marsilio nel 2002, NdRufus], la sua geremiade iconoclasta sulla cultura dell’intrattenimento, Neil Postman evoca 1984 di Geroge Orwell e Il mondo nuovo di Aldous Huxley. Nell’osservare le differenze fra le due visioni distopiche del futuro, Postman annota:

Orwell ci avvisa che saremo sopraffatti da un’oppressione imposta dall’esterno. Ma nella visione di Huxley, non è necessario nessun Grande Fratello per privare le persone della loro autonomia, maturità e passato. Per come la vedeva le persone sarebbero giunte ad amare la propria oppressione, a adorare le tecnologie che li deprimono la loro capacità di pensare.

Ciò che Orwell temeva erano coloro che avrebbero messo al bando i libri. Ciò che Huxley temeva era che non ci fosse ragione di mettere al bando un libro, perché non ci sarebbe stato nessuno che lo volesse leggere.

Orwell immaginava una forma di controllo esterno che viene interiorizzato – essenzialmente, il politicamente corretto. Huxley immaginava una forma di controllo interiore che viene esteriorizzata – l’empaticamente corretto. E Postman ritieneche quella di Huxley sia la previsione più accurata.

La dimostrazione di empaticamente corretto che lascia maggiormente a bocca aperta giunge in un recente articolo del New York Times che riferisce del numero di campus che propongono che i cosiddetti “allarmi di innesco” siano piazzati sui programmi di esame per insegnamenti che utilizzano testi o film che contengono materiale che potrebbe “innescare” una sensazione di disagio negli studenti. Gli argomenti che si considera abbiano bisogno di questi allarmi vanno dal suicidio, abuso e stupro fino all’antisemitismo, “violenza misogina” e “relazioni di controllo”. È stupefacente che alcune delle opere letterarie che gli attivisti ritengono abbiano necessità di etichette di avviso sono spesso letture per gli studenti delle scuole superiori, come Il grande GatsbyIl mercante di Venezia.
Call-of-Cthulhu-Field-Researcher-by-Henning-LudvigsenLo scopo di questi segnalatori di innesco, secondo uno studente della Rutgers che li proprone, è di permettere agli studenti o di pianificare in anticipo come «affrontare i massaggi [sic] scatenanti» o di predisporre «un altro piano di studi con il proprio docente». Lo studente, iscritto al secondo anno e, sorprendentemente, uno studente di Lettere (c’erano una volta studenti di Lettere che chiedevano a gran voce libri provocatori) propone che i docenti avvisino gli studenti su quali passaggi contengono «materiale di innesco» e quali sono «sicuri» così che gli studenti possano leggere solo le parti del libro con cui si sentono «pienamente a loro agio». Spiega

Per molti studenti l’innesco di traumi è una esperienza quotidiana e dolorosa… tuttavia, se creassero degli allarmi di innesco per i propri studenti i docenti potrebbero aiutare a creare uno spazio di sicurezza per i propri studenti – tale da generare una discussione intellettuale positiva e appassionante all’interno della classe universitaria

Egli sostiene che «molti dei nostri studenti entrano – e escono – dalla nostra università con traumi seri, che possono causare disagio emozionale o psicologico nelle nostre classi». Così, una proposta del genere in esame nell’Università della California a Santa Barbara, permetterebbe  agli studenti che possono essere traumatizzati da materiali problematici di saltare le lezioni  che propongono quei materiali senza penalità sul voto.

Non sono del tutto priva di comprensione. Come docente di Inglese ho avuto una studentessa – una che aveva subito uno stupro – che ha manifestato il fatto che si sentiva traumatizzata dalla discussione in classe di Tess dei D’Urbervilles di Thomas Hardy. Sono venuta a conoscenza delle sue difficoltà solo dopo avere notato le sue ripetute assenze a lezione. Un allarme di innesco potrebbe avere evitato – o forse semplicemente assicurato – quelle assenze. Ma una persona traumatizzata dal leggere un romanzo vittoriano è una persona che ha bisogno di aiuto e l’intero episodio condusse alla piccola crisi che ebbe come esito un risultato più importante: metterla in contatto con lo psicologo del college.

Female warriorCome fa notare Conor Friedersdorf nel suo articolo Ciò che la HBO può insegnare alle università circa gli “allarmi da innesco”  è perfettamente ragionevole riconoscere un probabile innesco per una situazione come questa che riguarda le vittime di un trauma chiaramente definito, identificabile e trattabile come lo stupro. Ma è del tutto un’altra cosa mettere etichette di avviso su qualunque materiale che potrebbe mettere in crisi ogni possiible sensibilità coltivata in una intera generazione di ragazzi iperprotetti.

Tuttavia l’empaticamente corretto non è limitato alla componenti della generazione Y con genitori protettivi e ai veterani che soffrono di disordine post traumatico. In risposta alla recente decisione della Corte Suprema che sancisce la possibilità di riti religiosi di parte all’inizio delle adunanze comunali, l’editorialista del Washington Post E.J. Dionne ha dichiarato che la sentenza non supera il test dell’empatia”:

Per capire perché la libertà religiosa abbia importanza, mettetevi nella posizione di qualcuno che è parte di una tradizione religiosa minoritaria in una città o nazione che in maniera schiacciante aderisce a un credo differente. Quindi giudicate le prassi pubbliche da come queste influenzerebbero quel voi ipotetico.

Questo atto di empatia aiuta a spiegare perché la libertà religiosa negli Stati Uniti sia un tale dono.

Tuttavia, molti sarebbero disposti a sostenere che la libertà religiosa (insieme con tutte le altre libertà) negli Stati Uniti non è un dono ma un diritto. Il genere di pensiero che vede la libertà come un dono, e perciò opzionale, non è lontano dal genere di pensiero che vede i materiali di studio controversi nei college  anch’essi opzionali. Come si può coltivare l’empatia se non tramite una volontà di mettere in discussione i nostri pregiudizi e il nostro stesso benessere? Il genere di cittadinanza che chiede etichette di avviso sui doni migliori della civiltà è una cittadinanza male equipaggiata per mantenere questi diritti.

WW1_Zombie_by_SavageZombieNaturalmente l’empatia è una virtù. Ironicamente, è una virtù che secondo studi recenti è fatta crescere dalla lettura della grande letteratura – quelle stesse opere che alcuni vogliono etichettare con segnali di allarme.

Ma alcuni studi hanno anche mostrato che, per quanto positiva, l’empatia non è sufficiente per promuovere il bene sociale.

In un editoriale intitolato I limiti dell’empatia David Brooks racconta di una ricerca del 2011 sull’empatia. «Il problema», riferisce Brooks, giunge quando proviamo a trasformare il sentimento in azione. L’empatia rende più consapevoli delle sofferenze degli altri, ma non è chiaro se davvero motivi a intraprendere un’azione morale o prevenga le azioni immorali». Citando come esempio le guardie dei campi di concentramento nazisti che piangevano mentre assassinavano i prigionieri o i soggetti di studi sperimentali che manifestavano un disagio emotivo quando gli veniva ordinato di somministrare scosse elettriche ad altri soggetti, Brooks spiega: «L’empatia orienta verso le azioni morali, ma non sembra aiutare granché quando quella azione comporta un costo personale». Più dell’empatia, argomenta Brooks, ciò che promuove il bene sociale è incoraggiare e dare gli strumenti alle persone per «discutere, comprendere, riformare, riverire e abilitare» un codice morale e un senso del dovere. Non è un caso che questi siano gli obiettivi tradizionali dell’istruzione superiore.

L’empatia ha anche un lato oscuro, sostiene Paul Bloom nei suoi motivi contro l’empatia. Opponendosi a un diluvio degli ultimi anni di libri e ricerche a favore dell’empatia, Bloom sostiene che l’empatia «è bigotta, di vedute ristrette e non sa far di conto. Noi siamo spesso al nostro meglio quando siamo sufficientemente astuti da non farvi affidamento».

Flannery O’Connor – una scrittrice le cui opere traboccano di violenza meritevole di etichette cautelative – è nota per aver detto che il sentimentalismo conduce sempre alla camera a gas. Senza nessun ancoraggio esterno alle legge, ai costumi, o a guide fidate – o senza apertura mentale per far interpellare il proprio pensiero – l’empatia volta all’interno condurrà ciascuno di noi alle nostre individuali prigioni del sé.

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