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La strada di Firenze

L’altro giorno mi è stato commissionato un breve articolo a commento della proclamazione della venerabilità di Giorgio La Pira; per scriverlo sono andato a rivedermi, fra le altre cose, la Premessa di Cagliari, cioè il discorso che La Pira tenne a Cagliari nel 1973 per introdurre il convegno dell’IPALMO, l’Istituto per le relazioni tra Italia e i Paesi dell’Africa, America Latina e Medio Oriente.  Nel discorso La Pira ripercorre storia dei colloqui di pace fiorentini da lui condotti e lascia intuire molto di quella diplomazia dal basso che conduceva ormai da anni, ma non è questo che mi ha colpito, quanto la sicurezza con la quale, in una fase in cui era sicuramente già stanco e malato e nella quale i colloqui fiorentini erano ormai terminati, confermava la sua visione della storia e delle relazioni nel Mediterraneo.

A questo punto sorge inevitabile la domanda: nonostante tutto, l’esperienza fiorentina resta valida anche oggi?

Resta sempre valida l’ipotesi di lavoro che l’ha ispirata e diretta?

Sempre necessaria – per l’unità del mondo – la convergenza e l’unità della famiglia abramitica dei popoli mediterranei?

La risposta a me sembra tanto chiara: nonostante tutto, questa validità sussiste: l’ipotesi fiorentina appare sempre più una ipotesi senza alternativa. E infatti se sono validi i «tre punti» in cui si articola la nostra ipotesi, cioè 1) inevitabilità nell’età atomica della soluzione politica, pacifica dei problemi del mondo; 2) unità, giustizia e pace quale inevitabile foce del fiume storico; 3) inevitabile convergenza ed unità dei popoli mediterranei della famiglia abramitica a causa del comune mandato spirituale e storico che ad essi la storia (la Provvidenza!) assegna per la edificazione della «nuova casa planetaria» del mondo, allora la conseguenza non può essere che questa: si, quell’esperienza e quella ipotesi sono – nonostante tutto – ancora valide; anzi, oggi più valide di ieri!

Ed allora?

Allora non c’è che da riprendere – per così dire – la strada di Firenze; la strada cioè della convergenza, dell’incontro, che il profeta Isaia indicò con tanta profetica precisione: «in quel tempo vi sarà una strada dall’Egitto alla Siria e il siro si recherà in Egitto e l’egiziano andrà in Siria ed Egitto e Siria serviranno il Signore: e in quel tempo Israele, terza con l’Egitto e la Siria, sarà benedetta in mezzo alla terra. Li benedirà il Signore dicendo benedetto l’Egitto, mio popolo, la Siria, opera delle mie mani ed Israele, mia eredità» (19,23).

La strada che il Corano (III, 64,) indica dicendo: «O gente del Libro! Venite ad un accordo equo fra noi e voi, decidiamo cioè di non adorare che Dio e di non associare a Lui cosa alcuna, di non sceglierci fra noi padrone alcuno che non sia Dio».

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