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Gli osti giocano a dadi

Quando il gallo cantò, Ataru e Rufus si scambiarono uno sguardo. Slacciandosi il grembiule l’uno e l’altro si spostarono dal grande camino verso le scale e, senza che nessuno se ne accorgesse, salirono verso la loro camera al piano di sopra.

Una volta dentro, mentre Ataru sbarrava la porta Rufus aprì un grande armadio, rivelando ripiani e ripiani pieni di piccole figurine: umani e umanoidi scolpiti nel piombo, nel legno e in altri materiali e finemente dipinti. Rufus attese qualche momento, in contemplazione, mentre Ataru apriva un secondo armadio: questo conteneva pile e pile di fascicoli e fascicoli, libri e fogli di carta. Con attenzione, ciascuno sollevò i ripiani per estrarli dall’armadio e iniziò a deporli sul pavimento. E, accidenti!, una volta estratto un ripiano un altro appariva la suo posto, rivelando, dalla parte di Rufus sempre nuove figurine, dadi brillantemente colorati di un materiale mai conosciuto in tutto l’Ultraverso, libri, piccoli riquadri di carta, persino dei calendari, e dalla parte di Ataru sempre nuovi libri pieni di immagini colorate, in quantità sempre crescenti, finchè il pavimento fu pieno di materiale di ogni tipo e ancora nuovi ripiani continuavano ad apparire negli armadi.

I due si guardarono ansanti. «Dici che basta?», chiese Rufus.

Sotto, il grido di guerra di Sir Brightblade squarciò il silenzio.

«Dovrà bastare per forza», sogghignò Ataru, cupo.

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Nel Nulla avanza il Verme. La sua coda trascina i pianeti e la sua bocca divora gli universi. Mille draghi trascinano la grande bestia cieca, e milioni di schiavi reggono il suo peso. Sulle sue spalle sono le fondamenta della Fortezza del Vuoto, e dalle sue ali spira il vento della rassegnazione.

Attenti al Verme.

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Il generale che guidava l’attaco alla Locanda non era un brigante nè un orchetto. Era astuto, e aveva Potere. Attraverso ciò che un tempo erano stati i suoi sensi, e che ora erano qualcosa di molto di più e molto di meno, avvertiva il Potere davanti a sé. Potere, dolce Potere, buon Potere, da divorare, da succhiare, si, si, si… Presto avrebbe estinto di nuovo la sua sete, e un altro Nodo sarebbe stato chiuso.

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Rufus e Ataru avevano estratto ciascuno un oggetto apparentemente preso a caso dalla massa che ricopriva il pavimento: Rufus aveva in mano una figurina raffigurante una giovane guerriera a cavallo con un arco in mano, e Ataru un foglio con raffigurata una ragazza seminuda con un piccolo paio di corna sotto i capelli neri. Per un attimo, ciascuno dei due sembrò perso in qualche misterioso ricordo, poi i loro sguardi si incrociarono e sorrisero:

«La fantasia è un amuleto potente», recitarono insieme.

Subito tantissime ombre, simili a fantasmi, sembrarono sollevarsi dagli oggetti sul pavimento: cavalieri Keshak del Clan del Falco, un pallido Signore dei Sogni dagli occhi rossi, la guarnigione di una rocca sulle terre di confine, Brujah cacciatori della notte, un uomo dal perizoma di leone alla guida di un branco di elefanti, un cupo mago dagli occhi a forma di clessidra, le legioni di Aquilonia guidate da un ex ladro proveniente dalla Cimmeria, e molti, infiniti altri.

Le ombre rimasero ferme per un istante, come in attesa di qualcosa, poi svanirono attraverso le pareti.

Ataru e Rufus, invece, sembravano ascoltare qualcosa in lontananza. Infine, si scambiarono un’occhiata e si rilassarono visibilmente.

«È fatta, credo», disse Ataru. Rufus guardò il suo robusto collega e rispose col suo tipico accento pesante: «Se intendi che respingeremo l’attacco, su questo non ho dubbi. Abbiamo messo in campo abbastanza Potere da respingere un attacco venti volte più forte. I ragazzi giù crederanno di vincere loro la battaglia, senza accorgersi di nulla, ma con le forze che abbiamo evocato la battaglia non avrebbe storia comunque… anche se in questo momento il Velo è abbastanza sottile, al massimo sentiranno delle voci fantasma, o avranno la sensazione di un nemico che cade prima ancora che il loro colpo arrivi a bersaglio. Ma per il loro stesso bene, non devono sapere».

Ataru sbuffò: «Non sono più un pivello perchè tu mi debba spiegare le cose per filo e per segno, collega. Sai benissimo che non parlavo dell’attacco di quelle miserabili Ombre travestite da orchetti, ma di quando arriverà il Verme. I Nodi sono sempre meno, ormai, e se cade la Locanda cadrà anche la caverna di Ninglaube e con essa migliaia di mondi: potrebbe essere la sconfitta decisiva».

Rufus fece rotolare un dado con aria distratta: «Dal che deduco, collega, che tu non l’hai sentito, vero?».

«Sentito cosa?» rispose Ataru, poi, improvvisamente, tutta la sua massiccia presenza si irrigidì: «Uh, ma allora ha funzionato».

«Puoi giurarci, collega», sogghignò di nuovo Rufus, e, senza altre parole, i due tavernieri si rovesciarono sulle brande, ridendo a crepapelle.

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Il Verme avanza. Il suo cibo è sempre più scarso, ma la sua fame è immensa. Sulle sue spalle, la Fortezza del Vuoto sembra un enorme bocca affamata.

Davanti al Verme brilla una luce: è un nucleo di Potere. Da esso, come filamenti, partono sentieri di luce: ciascuno dà accesso a un mondo.

La bocca del Verme si apre affamata. Il respiro dei draghi si fa incandescente. Dalle gole degli schiavi il rantolo di fatica ha note di ebbrezza. Presto la fame sarà saziata.

Attenti al Verme, voi della Locanda.

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Nel Tempo del Fulmine fu creato il Verme, poichè è destino che la Creazione deve morire. Ma Volontà infettò il Verme, ed esso prese a scegliere di divorare ciò che più gli aggradava, contravvenendo a Necessità. E ciò che era ancora peggiore, il Verme divorava principalmente i Pensieri, lasciando le Cose senza vita alcuna. Fu per questo che i Guardiani crearono i Nodi, che creassero, collegassero e rafforzassero Fantasia, affinchè il Vuoto creato dal Verme venisse bilanciato.

(da un’antica leggenda Garou)

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Il generale avvertì subito il variare delle forze, le presenze che adesso popolavano il bosco attorno alla Locanda: un echeggiare di corni di caccia gioiosi, un ruggire di belve, un vento lontano che portava suono di glorioso di acciaio contro acciaio. Un enorme cervo bianco passò davanti a lui e subito scomparve nel folto. Ma la sete ormai lo accecava, ardente sete la cui soddisfazione era lì, aportata di mano, così vicina da far impazzire i suoi sensi. Avanti, avanti, il generale e quelle miserevoli imitazioni di orchetti si lanciarono avanti, dimentichi di tutto, avanti, avanti, verso il Potere, avanti, calpestandosi a vicenda, senza più forma di esercito organizzato, avanti, massa informe, muraglia vivente, onda zannuta armata d’acciaio, avanti. Alla Locanda.

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Il Verme imparò presto che dai Nodi poteva venire molto piacere. Erano come fonti di cibo dolcissimo. Ma il Verme era cieco e privo d’intelligenza: non si accontentava di succhiare ciò che i Nodi producevano. Esso prese a divorare i Nodi, distruggendo nel contempo tutto il lavoro dei Guardiani: con ciascun Nodo, infatti, milioni di mondi venivano privati dell’anima per sempre. Bestia immemore, il Verme non sapeva di firmare la propria rovina: quando l’ultimo Nodo sarà stato divorato infatti, non ci sarà più cibo e il Verme patirà la fame eterna. Allora sarà il Vuoto per sempre e infine la Fine.

(ciò che Rufus Fabbricastorie disse ad Ataru attorno al fuoco)
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Il Verme avanza. Il Nodo che ha davanti ha preso a brillare di luce ancora più vivida: in esso un Potere immenso è stato scatenato. Draghi e schiavi sono annientati quando il corpo del Verme balza in avanti, sconvolgendo gli abissi del Nulla.

Ma, dal Nodo, emerge la Nemesi.

Attento Verme, alla Locanda.

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L’aria di tensione, e poi di disperata volontà di resistere che aveva dominato la Locanda parve allentarsi di botto quando i primi raggi di luce si posarono sul cortile. Intanto, tutti si accorsero di avere una gran fame: peccato che Rufus e Ataru non si vedessero da nessuna parte, ma, in fondo, pensarono tutti, questo non è un gran problema. E mentre Claudia si sforzava di riempire un piatto dietro l’altro di impanate di anguilla e patate fredde, rimaste dal giorno prima, Annling girava per le sale riempendo i boccali di te e Mush, fischiettando, rotolava un barilotto, il tesoro di Ataru, fino al centro della sala principale per spillarlo.

Gli avventori si guardavano stupiti, come coloro che si risvegliano da un gran sonno e da sogni cattivi. Improvvisamente, tutto pareva acquisire un senso diverso.

Jeff Brightblade finì di buttare giù una gran sorsata e poi disse semplicemente: “Io vado”. Dietro a lui, senza che nessuno lo vedesse o lo sentisse, Caramon disse a Raistlin: “Bravo, ragazzo”.

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«Il fenomeno del Velo è sempre sorprendente. I Nodi convogliano in maniera potente la fantasia. Di solito un Nodo può esistere anche se solo qualche Guardiano lo abita, ma normalmente ogni Nodo finisce per dare albergo a persone speciali. Noi Guardiani li chiamiamo i Viaggiatori: sono coloro che superano i confini dei mondi, coloro che hanno la funzione importantissima di mettere i mondi fantastici in comunicazione gli uni con gli altri. Furono i Viaggiatori a scoprire il Velo, a scoprire, cioè, che i Nodi, che in sé sono puro pensiero, possono assumere un aspetto fisico tangibile: una Locanda, un Bar, una Taverna. Questo serve a Viaggiatori di estrazioni diverse a trovare un modo di comunicare. Naturalmente, ciò che i Viaggiatori vedono in realtà non esiste: questa Locanda, per esempio, è solo un pulsare di energia nel nulla, ma noi lo vediamo come tavoli, pareti, cortile, bosco. Anche i Portali, quei filamenti che si protendono nel vuoto, sono visti in maniera diversa dai Viaggiatori: c’è chi pensa di attraversare un ponte, chi crede di tuffarsi dentro un libro, chi sbatte i tacchi e via! ma sono sempre pallidi tentativi di rappresentare la realtà: è per questo che spesso la strada per arrivare alla Locanda appare diversa ai vari Viaggiatori. Un altro effetto del Velo è quello di trasformare gli stessi viaggiatori: essi assumono talvolta l’aspetto dei grandi eroi della fantasia, divenendone imitatori».

(ciò che Ataru disse alla Lezione Cui Non Venne Nessuno)

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Un pensiero su “Gli osti giocano a dadi

  • Fra la fine degli anni ’90 e i primi anni del 2000 ho frequentato assiduamente it.arti.fantasy, un newsgroup dedicato, beh, al fantasy, ovviamente.
    Il newsgroup (che mantiene tuttora una forma di esistenza su Facebook) si configurò rapidamente come un luogo veramente accogliente, uno dei gruppi della gerarchia it.* a un tempo più colti, allegri e in tema.
    Ben presto i frequentatori presero l’abitudine di dare al gruppo una “forma” presa di peso dagli stereotipi del genere, e nel fantasy non c’è un luogo di incontro più “classico” di una locanda. Così it.arti.fantasy divenne la Locanda delle Arti Fantastiche, e i vari utenti, in maniera molto naturale, acquisirono una sorta di personalità conseguente (del resto già la maggior parte di noi postava con vari nicknames: avevamo Aragorn, Legolas e un bun numero di elfi, un paio di cavalieri, un nano e un faltyn che nessuno sapeva esattamente cosa fosse ma del quale l’opinione prevalente sosteneva fosse una specie di nuvoletta puzzolente).
    Io fui nominato, con Pier Luigi Ataru Rocco, l’Oste, ma c’erano cameriere, vari avventori e un numero imprecisato di tizi poco raccomandabili che dichiaravano di occupare “un angolo in penombra” della Locanda (il che suscitò, ricordo, un dibattito su come potesse la Locanda avere angoli oscuri in numero sufficiente: che razza di forma aveva?).
    A un certo punto la finzione divenne una vera e propria fan fiction, nella forma di un round robin: ognuno postava un pezzo di una storia che poi il successivo proseguiva. All’inizio qualcuno (forse Jeff Brightblade) postulò un aseedio da parte di orchetti, e il resto venne di conseguenza. Fu un delirio divertentissimo, e questo (della cui altisonanza ancora mi vergogno, ma che fu molto bene accolto) è stato il mio contributo.
    Ah, per chi se lo chiedesse la fan ficton completa occupa circa 20 mega e sono circa dieci anni che qualcuno di cui non faccio il nome ha promesso di dargli una forma redazionale decente 😉

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