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O come…

S.A.S. Caccia in Afghanistan (Eden & César, Cosmo novembre 2018)

Gerard de Villers è l’autore di una lunga serie di romanzi di spionaggio, nati in origine come concorrenza francese a James Bond e poi approdati a una propria cifra stilistica autonoma, che negli anni ’80 avevano un certo successo in Italia con, addirittura, una propria collana dedicata oltre alle solite pubblicazioni su Segretissimo.

Sospetto che una parte del successo fosse dovuta a una certa pruriginosità dei racconti, che vedevano spesso il protagonista e i comprimari accompagnarsi a signorine e signore procaci e piuttosto disponibili, ma il punto di forza della narrazione era, a quanto ricordo, la capacità di trattare temi di attualità e un tentativo nemmeno disprezzabile di raccontare le crisi del mondo (minacce terroristiche, complotti, ruolo dei servizi segreti nelle crisi geopolitiche) con un certo crudo realismo ben informato, in un certo senso per come andavano realmente le cose – o per come immagina la resa realistica di certe situazioni un conservatore di destra cinico e piuttosto materialista.

Insomma: nei romanzi di Malko Linge, Sua Altezza Serenissima, vedevi il retrobottega dello spionaggio e sullo sfondo si faceva sesso, molto sesso. I comprimari, soprattutto i terroristi, perché stupidi e preda dei più carnali istinti, Malko perché ovviamente fascinoso, le donne perché si sa, a parte mia madre e mia sorella eccetera.

Poi boh, si sparava anche molto e succedevano molte altre cose e il concetto di fan service non era stato ancora del tutto inventato, quindi si dava per scontato che fossero letture un po’ forti – del resto non è che su Segretissimo o su altre collane gialle le cose fossero molto diverse – ma insomma, non ci si faceva troppo caso. O forse ero io che, come per I leoni di Argouges, un po’ certe cose me le facevo scivolare addosso.

Comunque, credevo che nel campo della narrativa popolare De Villiers si fosse più o meno estinto (a parte tutto è morto nel 2013) ma poco prima di Natale ho visto in edicola una trasposizione a fumetti di alcuni dei suoi romanzi e me la sono presa.

Ora.

Non ho idea della produzione editoriale finale di De Villiers (vedo che ha scritto fino a poco prima di morire), ma i tre fumetti che ho letto sono orrendi.

Orrendi. Trame – sempre di stretta attualità, come al solito – sconclusionate, con una quantità di ellissi narrative che stroncherebbe un bue e un disegno nel quale, complice la resa in bianco e nero in piccolo formato delle grandi tavole originali a colori tipiche del fumetto francese, non si capisce mai chi è chi e chi fa cosa. E con una quantità di sesso – greve, peraltro, ma questo deve stare già nei libri – davvero incomprensibile: quello che nei romanzi è, tutto sommato, un marchingegno narrativo – greve l’ho già detto? – per caratterizzare psicologie e situazioni, nel disegno diventa, sostanzialmente, materiale fine a se stesso che non si capisce, nell’epoca attuale della HBO, a cosa serva: troppo pesante per essere fan service, privo di qualunque utilità narrativa, complessivamente già visto e conturbante come un pezzo di piombo.

Orrendo. Osceno.

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