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Dieci tipi di leadership

Ai bei tempi in cui in AC facevamo corsi di dinamica di gruppo e di animazione insegnavamo, di solito, che ci sono tre motivi per i quali le persone fanno parte di un gruppo: potere, inclusione e identità.

Non sono termini negativi e non è che uno sia migliore degli altri, sono cose che si preferiscono per diversi motivi, e basta. Potere vuol dire che si sta in un gruppo per cambiare le cose, agire, influenzare la realtà, fare attività; inclusione vuol dire che la motivazione è legata al bisogno di affetto, di essere parte di qualcosa, di sentirsi in relazione con altri; l’identità, infine, fa riferimento alle idee: sto in un’organizzazione perché ne condivido l’ideologia, gli scopi, la visione del mondo, e tramite l’adesione a tutto ciò mi definisco anch’io.

Conseguentemente, insegnavamo, ci sono nelle organizzazioni tre tipi di leadership, a seconda di qual è il tipo di dimensione delle organizzazioni di cui questi leader si servono e al quale, a loro volta, danno risposte. I leader funzionali servono a guidare le attività dell’organizzazione e a garantire il raggiungimento degli obiettivi, quelli relazionali ne rafforzano la dimensione relazionale e il benessere affettivo delle persone, quelli ideali fungono da guida morale, ancoraggio per gli ideali dell’organizzazione e testimonianza plastica di tutto ciò in cui i componenti credono.

Martin JelfsNon è detto che ogni organizzazione abbia tutti e tre questi tipi di leader, né che un leader relazionale non possa raggiungere anche obiettivi operativi importanti o viceversa, ma qui il discorso si fa complicato. E per carità di patria non aggiungerò i tre stili di leadeship, lassista, paternalista e democratico, definizioni che erano del tutto trasversali all’altra categorizzazione. Andremmo molto lontano.

Invece.

Tutta questa introduzione per dire che l’altro giorno ho visto un articolo, su LinkedIn, che espande la lista dei tre tipi di leadership della mia giovinezza in dieci categorie. È un articolo molto semplice – ingannevolmente banale, direi – ma che può essere il punto di partenza per un po’ di studio personale o di riflessione per chi lavora nei gruppi o ha la responsabilità della conduzione di squadre di lavoro, e così l’ho tradotto. In alternativa, non posso che consigliare il famoso Martin Jelfs, Tecniche di animazione. Per la coesione nel gruppo e un’azione sociale non-violenta, edito dalla LDC.

Pensi di essere un leader! Di quale tipo sei?

 di Hesham Yassin

Many terms are used to describe leadership styles, even if these don’t fit within a particular system. It’s worth understanding these!

Si impiegano molti termini diversi per descrivere gli stili di leadership, anche se non si fa riferimento a un particolare quadro di riferimento. Vale la pena di capirli!

1. Autocrate

Una leadershiop autocratica è una forma estrema di leadership contrattualistica, nella quale i capi hanno un potere assoluto sui loro dipendenti o gruppi di lavoro. I componenti della direzione e degli uffici hanno scarse possibilità di proporre suggerimenti, anche se questi andrebbero a vantaggio dell’ufficio o dell’organizzazione.

La maggior parte delle persone tende a vivere questo trattamento con risentimento. Pertanto la leadership autocratica conduce spesso ad alti tassi di assenteismo o di ricambio nel personale. Tuttavia per alcune forme di lavori ripetitivi o non qualificati lo stile può rimanere efficiente poiché i vantaggi dello stretto controllo possono sopravanzare gli svantaggi.

2. Burocrate

leader burocratici lavorano seguendo il manuale. Seguono rigorosamente le regole e si assicurano che il proprio gruppo segua con esattezza le procedure. Si tratta di uno stile appropriato per lavori che comportino importanti rischi per la sicurezza (come lavorare con macchinari, con sostanze tossiche, o ad altezze pericolose) o laddove si trattino grosse somme di denaro (come gestire flussi di cassa).

3. Leader carismatico

Uno stile di leadership carismatica può assomigliare a quella volta al cambiamento, poiché questi leader ispirano molto entusiasmo nei loro gruppi e spingono avanti gli altri con molta energia. Tuttavia i leader carismatici possono tendere a credere più in se stessi che nei loro gruppi e questo crea il rischio che un progetto, o anche un’intera organizzazione, crolli su se stessa se il leader abbandona. Agli occhi dei seguaci il successo è direttamente legato alla presenza del leader carismatico. In quanto tale la leadership carismatica comporta una grave responsabilità, e richiede una dedizione a lungo termine da parte di chi la ricopre.

4. Democratico (o leadership partecipativa)

Sebbene i capi democratici prendano le decisioni finali, invitano gli altri componenti della squadra a contribuire al processo decisionale. Questo non solo fa aumentare la soddisfazione lavorativa ma mediante il coinvolgimento del gruppo contribuisce a sviluppare le abilità delle persone. I componenti del gruppo di lavoro sentono di essere in controllo del proprio destino, e sono così motivati a lavorare duramente più [di quanto lo sarebbero] tramite una semplice ricompensa finanziaria.

Poiché la partecipazione richiede tempo questo approccio più essere più lungo, ma spesso il risultato finale è migliore. L’approccio può essere appropriato soprattutto quando lavorare in squadra è essenziale, e quando la qualità è più importante della rapidità commerciale, o della produttività.

5. Lassista

L’origine della parola francese richiama il “lasciar fare”, ed è usata per descrivere leader che lasciano che i componenti della propria squadra lavorino per conto proprio. Può essere efficiente se il capo  monitora i risultati e li comunica al gruppo regolarmente. Spesso il lassismo è efficiente quando i singoli componenti della squadra sono persone esperte e abili, capaci di darsi obiettivi autonomi. Sfortunatamente questo tipi di leadership può anche verificarsi quando i manager non esercitano un controllo adeguato.

6. Orientato alle persone o alle relazioni

Questo è lo stile opposto della leadership orientata al compito. Con una leadership orientata alle persone i capi si focalizzano totalmente sull’organizzare, sostenere e far crescere le persone dei loro gruppi di lavoro. È uno stile partecipativo e tende a incoraggiare un buon lavoro di squadra e una collaborazione creativa.

Nella pratica la maggior parte dei capi sono orientati sia al compito che alle persone.

7. Servitore

Questo termine, coniato da Robert Greenleaf negli anni ’70, descrive un leader che spesso non è formalmente riconosciuto come tale. Quando qualcuno, a un qualunque livello all’interno di una organizzazione, guida semplicemente perché soddisfa le esigenze del gruppo, è descritto come un “leader di servizio”.

Sotto molti punti di vista si tratta di una forma di leadership democratica, poiché l’intero gruppo tende a essere coinvolto nel processo decisionale.

I sostenitori del modello del leader di servizio suggeriscono che si tratti di un modo importante di progredire in un mondo nel quale i valori sono via via più importanti, e dove i leader di servizio acquisiscono potere sulla base dei loro valori e ideali. Altri credono che in situazioni di leadership competitive le persone che utilizzano questo stile possono trovarsi scavalcati da coloro che usano altri stili di leadership.

8. Orientato al compito

I capi fortemente orientati al compito si focalizzano sul far sì che il lavoro sia fatto, e possono essere piuttosto autocratici. Essi definiscono attivamente il lavoro e le funzioni richieste, posizionano strutture, pianificano, organizzano e sorvegliano. Tuttavia, poiché capi orientati al compito tendono a non preoccuparsi del benessere dei loro gruppi di lavoro, questo approccio può soffrire di molti dei limiti della leadership autocratica, con difficoltà a trattenere e motivare lo staff.

9. Contrattualista

Questo stile di leadership parte dall’idea che i componenti del gruppo accettano di obbedire al capo in maniera totale quando accettano il lavoro. Il contratto o “transazione” consiste abitualmente nel fatto che l’organizzazione paghi i componenti del gruppo di lavoro in cambio del loro impegno e obbedienza. Il capo ha il diritto di “punire” i componenti del gruppo se il loro lavoro non si conforma al modello prestabilito.

I componenti del gruppo possono fare poco per migliorare la propria soddisfazione lavorativa nel caso di una leadership contrattualista. Il capo può dare ai componenti del gruppo un certo grado di controllo sul proprio livello di reddito o ricompensa utilizzando icnentivi che incoraggiano livelli di qualità più alti o una maggiore produttività. In alternativa, un leader contrattualista potrebbe praticare una “direzione per eccezione” – invece di ricompensare un lavoro migliore, potrebbe prendere misure correttive se non vengono raggiunti i livelli di qualità richiesti.

Una guida di tipo contrattualista è di fatto uno stile di supervisione, non di leadership, poiché il focus è concentrato sui compiti a breve termine. Ha seri limiti nel caso di lavoro basato sulla conoscenza o di tipo creativo, ma può essere efficiente in altre situazioni.

10. Agente di cambiamento

Come abbiamo detto in precedenza, le persone che hanno questo stile di guida sono i veri leader che ispirano costantemente i loro gruppi con una visione condivisa del futuro. Sebbene l’entusiasmo di questo capo venga trasmesso ai propri collaboratori, può trovarsi nella necessità di essere sostenuto da “personale esecutivo”. Questo è il motivo per il quale, in molte organizzazioni, c’è necessità sia di stili di cambiamento che contrattualistici. I capi (o i supervisori) contrattualisti si assicurano che il lavoro quotidiano venga svolto in maniera affidabile, mentre gli agenti di cambiamento si occupano delle iniziative che aggiungono nuovo valore.

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