Breve nota su suor Cristina (teologia inside)
All’epoca di The Voice avevo perso l’occasione di commentare suor Cristina e credevo che, trattandosi di un effimero fenomeno mediatico, l’occasione non si sarebbe ripresentata.
Invece non bisogna mai dire mai e vedi che la suora Orsolina ricompare sui media.
Colgo quindi l’occasione per annotare qui un pensiero. Sto rileggendo la Gaudium et Spes, il documento del Concilio Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo e ho anche iniziato a seguire un ciclo di incontri di presentazione del documento. È evidente che con la Gaudium et Spes la Chiesa cattolica sceglie di accettare la modernità e di viverla come sfida (il grassetto è mio)
Il popolo di Dio, mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l’universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo, orientando così lo spirito verso soluzioni pienamente umane (GS 11).
una posizione molto differente da altre posizioni cristiane, che vanno dalla acquiescenza passiva alla negazione totale.
Negli ultimi anni, però, l’idea che sia necessario incarnare la fede dentro la modernità, in una condizione potenzialmente scomoda e comunque sfidante, ha lasciato sempre più il posto al rimpianto dei tempi passati, alla tentazione che si possa semplicemente negare le nuove condizioni storiche e al tentativo di ricrearle artificialmente.
È una condizione che aveva già sperimentato il popolo d’Israele nel deserto, quando si era trovato a rimpiangere la schiavitù del Faraone
Gli Israeliti ripresero a lamentarsi e a dire: «Chi ci potrà dare carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cocomeri, dei meloni, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. Ora la nostra vita inaridisce; non c’è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna» (Num 11, 4-6).
C’è un filo sottile ma preciso che unisce la benevolenza verso gli atei devoti, la difesa dei “valori non negoziabili” legata solo alle alleanze politiche, l’enfasi con cui sono accolti nelle comunità esempi di “convertiti” come Claudia Koll (1) (secondo una logica survivalista tipica del fondamentalismo americano, che è antimoderno per definizione) e suor Cristina: vederla in TV rassicura perché dimostra che ci sono ancora suore, per fortuna, e che i simboli della fede (il velo, la recita del Padre Nostro collettiva) non solo hanno ancora diritto di cittadinanza ma possono perfino trionfare. Non prevalebunt, appunto, come nella Chiesa preconciliare.
Capito questo, pensavo che Suor Cristina, al pari di altre bizzarrie mediatiche, sarebbe ben presto scomparsa nel grande tritatutto televisivo, salvo magari continuare a essere invitata in qualche sperduto meeting giovanile di provincia. Invece…
Devo dire che la suor Cristina di Like a virgin mi piace di più di quella di The Voice, se non altro perché sembra più spiritosa; direi quasi più raffinata, se non fosse che anche l’operazione di The Voice era condotta benissimo (del resto presiedeva la Carrà, che è un genio del nazionalpopolare), considerando anche che di questi tempi, come in quelli del Johnny Mnemonico, non è facile capire la differenza fra ingenuità e raffinatezza
se ti credono rozzo, fai il raffinato; se ti credono raffinato, mostrati rozzo. Io sono molto raffinato. Perciò decisi di sembrare il più rozzo possibile. Di questi tempi, poi, uno deve essere piuttosto raffinato prima di poter anche aspirare alla grossolanità
e quindi magari la suora era molto più raffinata allora di adesso.
Il che, a pensarci bene, è esattamente il motivo che dimostra perché l’idea che la suora possa fare evangelizzazione stando dentro il sistema mediatico non funziona: perché le regole di ingaggio non permettono mai di capire, sostanzialmente, se uno ci fa o c’è, e quindi non si può mai dire se Suor Cristina è un fenomeno costruito a tavolino oppure un tentativo autentico, per quanto mal indirizzato.
È un tipo di ambiguità che vale anche per lo stile di evangelizzazione scelto, considerato che questo è l’obiettivo dichiarato. Dice ancora la Gaudium et Spes
Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.
La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti.
Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia (GS 1).
La posizione è quella di riconoscersi famiglia umana dentro la famiglia umana globale, e perciò necessariamente solidali con tutti gli uomini e le donne del pianeta. Il che non comporta, necessariamente, essere solidali con tutti gli stili di vita e le cose che gli uomini fanno: Cristo andava a mangiare coi pubblicani, ma non praticava lo strozzinaggio, per dire.
Se uno, poniamo, di mestiere lavora in TV, fa il cantante, eccetera, cercherà di farlo rimanendo solidale a coloro che incontra e fedele al Cristo che lo guida alla salvezza: ma da nessuna parte c’è scritto che uno deve andare in TV a cantare in un programma come The Voice se il suo mestiere è un altro. Altrimenti il rischio è quello da cui mette in guardia Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi (i grassetti sono miei)
Si potrebbe esprimere tutto ciò dicendo così: occorre evangelizzare – non in maniera decorativa, a somiglianza di vernice superficiale, ma in modo vitale, in profondità e fino alle radici – la cultura e le culture dell’uomo, nel senso ricco ed esteso che questi termini hanno nella Costituzione «Gaudium et Spes» (50), partendo sempre dalla persona e tornando sempre ai rapporti delle persone tra loro e con Dio.
Il Vangelo, e quindi l’evangelizzazione, non si identificano certo con la cultura, e sono indipendenti rispetto a tutte le culture, Tuttavia il Regno, che il Vangelo annunzia, è vissuto da uomini profondamente legati a una cultura, e la costruzione del Regno non può non avvalersi degli elementi della cultura e delle culture umane. Indipendenti di fronte alle culture, il Vangelo e l’evangelizzazione non sono necessariamente incompatibili con esse, ma capaci di impregnarle tutte, senza asservirsi ad alcuna.
Ognuno valuterà a livello personale, naturalmente, ma a me il problema non sembra stabilire se la suora che fa pregare il Padre Nostro sia più coerente con quella che canta Like a virgin (sono pronto a scommettere che molti che la criticano non hanno minimamente letto il testo), ma piuttosto se la sua evangelizzazione vada in profondità o sia «a somiglianza di vernice superficiale».
La mia opinione mi pare si intuisca.
(1) Non è in questione qui, ovviamente, la profondità e la sincerità della fede personale della signora Koll, che oltretutto mi è molto simpatica: è il modo con cui la sua testimonianza viene proposta e recepita nelle comunità cristiane che ha un senso marcatamente anti-moderno.
Io posso portare solo la mia testimonianza… è grazie a Suor Cristina se ho rinnovato la mia fede… è grazie a lei che ho scoperto la congregazione delle Orsoline della Sacra Famiglia e tutte le meravigliose persone che la pongono (Suor Cristina sul palco non è mai sola ma ha dietro tutta la congregazione che la sostiene)… ed è grazie a lei se si è creata una comunità che ogni sera si riunisce e prega rinnovando la propria fede!
Purtroppo quando si parla di Suor Cristina e della sua missione lo si fa sempre sulla base di informazioni che vengono veicolate dai media e che quindi (se non ripulite dall’inevitabile mediazione che ciò comporta) è difficile vedere quello che questa piccola grande suora ha fatto e continua a fare esattametne mentre io scrivo queste parole.
Spero che davvero col tempo più persone possano conoscerla come è capitato a chi ha saputo vedere oltre non soffermandosi allo strato superficiale! SI potrà scoprire un mondo bellissimo fatto di gioia e amore…
Suor Cristina ha portato persone a pregare insieme… e lo ha fatto diverse volte dopo The Voice e non certo solo in quell’occasione con il Padre Nostro… ma queste sono cose che avvengono in silenzio… perché lei nella sua umiltà non chiede visibilità e riconoscimenti per i successi che a lei interessano (che non sono certo incidere dischi o arrivare primi nelle classifiche… ma avvicinare più persone possibili alla fede)! Lei ha avuto il dono della voce che ha trasformato lei stessa in un dono ogni volta che testimonia come l’amore per eccellenza verso Gesù Cristo abbia cambiato la sua vita!
Un fraterno abbraccio!
Mah! Secondo me non hai colto il punto, ma pazienza…
Ammesso che lo volessi cogliere e tu non sia un fake, ovviamente
Ho ricondiviso l’articolo da poco e vengo cortesemente informato che Suor Cristina sta facendo in teatro Sister Act e concerti in tutto il mondo: una carriera forse non ragguardevole ma più che onesta, mi pare.