Sono un secchione e Manzoni mi piace
L‘Adelchi non sarà propriamente Game of Thrones ma…
Adelchi – Alessandro Manzoni
Non ho molto da dire sulla puntata di Oggi parliamo di libri dedicata all’Adelchi di Alessandro Manzoni se non lamentare che il poco tempo a disposizione per prepararmi mi abbia portato a una resa un po’, come dire?, scolastica, compreso il pistolotto finale sul giansenismo.
Oggi, prima di rilanciarlo qui sul blog me lo sono riletto con più calma: certo continuo a confermare il fatto che si tratta di un linguaggio non ostico e di versi che soprattutto nelle parti del coro si fanno spesso trascinanti e addirittura lirici, ma mi è venuto in mente che la linea di commento più adeguata sarebbe stata non quella utilizzata in trasmissione ma invece descrivere l’Adelchi come, in fondo, un testo di formazione politica, e anzi addirittura rivoluzionaria.
I personaggi che passano via via, da Desiderio ai duchi traditori al fedele Anfrido al placido Amri sono una bella galleria di tipi paradigmatici utili da conoscere e da tenere a mente per chi, volendo fare la rivoluzione o il Risorgimento, avesse bisogno di imparare di chi fidarsi e di chi no, e quali errori non fare per evitare di trovarsi di fronte al plotone d’esecuzione. Oppure, alternativamente, sono versi che preparano alla fedeltà intransigente a se stessi e ai propri ideali fino al sacrificio assoluto – un tema che ho ripreso da poco parlando dell’Hernani di Victor Hugo.
Non c’è bisogno, ovviamente, per comprendere l’Adelchi di leggerlo con la bocca piena del sapore della polvere da sparo o mentre si affila la sciabola.
Però aiuterebbe.
Certo però lo si dovrebbe leggere sentendosi giovani, dal sangue caldo e dal cuore generoso che freme per l’ingiustizia.
Un tipo di lettura che, temo, non frequentemente avviene nelle aule scolastiche.