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Lo spaventoso regno dell’affascinante rossa

La settimana scorsa mi sono imbattuto nell’articolo che segue, su The Atlantic. È una storia di mele – avvelenate? – rosse e affascinanti, di biodiversità e di logiche commerciali globali: la Red Delicious è infatti la singola varietà di mela più venduta al mondo. L’articolo mi è sembrato interessante e l’ho tradotto.

Solo una nota: su The Atlantic l’articolo ha raccolto più di quattrocento commenti, moltissimi dei quali piuttosto esacerbati in un senso o nell’altro, compreso un gruppo di agguerritissimi difensori della Red Delicious. Lo dico per invitare chi è anglofono a controllare anche quella discussione, piuttosto interessante, e per far notare a tutti che la discussione è feroce perché la questione riguarda il benessere di una gran quantità di comunità rurali, di lavoratori sparsi per il mondo, la salute globale, l’assetto ambientale di vaste zone del mondo: cose da nulla così, insomma.

Lo spaventoso regno della Red Delicious

Come la mela peggiore ha conquistato gli Stati Uniti e continua a espandersi

di 

Nel supermarket vicino a casa sua, nella Virginia centrale, a Tom Burford piace orbitare intorno all’espositore delle Red Delicious. Aspetta finché non adocchia un commesso. Poi prende una delle lucide mele e, con un ampio gesto, sgraffia con l’unghia la cera: T-O-M.

«Adesso non possiamo più venderla», protesta il commesso.

Al che Burford risponde, nel suo soffice Piedmont strascicato: «È esattamente quello che voglio dire».

Burford, che ha settantanove anni, non è portato alla distruzione delle mele. I suoi antenati hanno sparso semi di mela sulle pendici delle Blue Ridge fin dal 1713 almeno ed è cresciuto con più di cento tipi di alberi nell’orto di casa. È l’autore di Mele del Nord America, una enciclopedia delle varietà tradizionali, e tiene conferenze in giro per l’America sull’orticultura e la progettazione di vivai. Ma la sua inclinazione al preservare si fermano davanti alla Red Delicous e a ciò che definisce «ficcare a fiorza giù per la gola dei consumatori americani questo frutto disgustoso, rosso e bellissimo».

Le sue parole contengono il paradosso della Red Delicious: affascinante ma indesiderabile, la mela più prodotta e probabilmente la meno desiderabile degli Stati Uniti. Essa giace in agguato nella desolazione. Fatta rotolare nel fondo delle sacche della merenda mentre i ragazzini frugano alla ricerca di patatine o dell’incarto dei dolcetti fatti con i Rice Krispies. In attesa a fianco dell’ultima banana non pestata in una stazione di servizio, l’unico vegetale per miglia e miglia. Lasciata stare sui vassoi dell’ospedale, abbandonata nel vassoio della frutta al buffet della colazione negli alberghi, allo sbando in nidi di rafia nei cestini da regalo.

Per almeno settant’anni la Red Delicious ha dominato la produzione di mele negli Stati Uniti. Ma fin dall’inizio del XXI secolo, man mano che il mercato si è riempito di concorrenti – le Gala, le Fuji, le Honeycrisp – il suo vantaggio si è andato riducendo. La produzione annuale è crollata. E nonostante questo cresce uno scarto fra la produzione e la domanda da parte dei consumatori americani. Pochi giorni fa Todd Fryhover, il presidente della Commissione per le Mele di Washington – i cui produttori coltivano la maggioranza delle mele degli Stati Uniti – ha raccomandato che per questo raccolto due terzi della produzione di Red Delicious sia destinato all’esportazione.

How did such an unlikeable apple become the most ubiquitous in the country? And as its dominion here ends, where will it invade next?

Come è accaduto che una mela sgradevole sia divenuta la più onnipresente del paese? E se il suo regno qui da noi finisce, chi invaderà adesso?

* * *

Se si volesse pensare alla Red Delicious come a una allegoria, la si potrebbe individuare nella storia dell’America: fiduciosa intrusione su terre disabitate [escludendo alcuni milioni di nativi americani, ovviamente, NdRufus], opportunità conquistate in una competizione di merito, successo ottenuto tramite il duro lavoro, integrità polverizzata negli ingranaggi del capitalismo industriale. Negli anni ’70 del 1800 Jesse Hiatt, un agricoltore dello Iowa, scoperse un pollone mutante nel suo frutteto di alberi di Yellow Bellflower. Lo tagliò ma la stagione successiva spuntò nuovamente fuori dal terreno. Lo tagliò di nuovo. Quello saltò fuori di nuovo. «Se proprio devi crescere», disse all’intrepido virgulto, «tu puoi».

Dieci anni dopo l’albero di Hiatt diede il suo primo frutto. Le mele era globi allungati con la buccia a strisce rosse e oro, polpa croccante e calice a cinque punte. Nel 1893 quando il vivaio Stark Brothers’ di Louisiana nel Missouri bandì un concorso per trovare un rimpiazzo per la Ben Davis – allora la mela più ampiamente coltivata nel paese, grossa e di bell’aspetto ma insipida – Hiatt propose la sua nuova varietà, che chiamò Occhiodifalco. «Ehi, è deliziosa», disse a quanto pare Clarence Stark, il presidente della società, dopo il primo morso.

Ma non per la prima volta nella saga delle mele un solo dolce assaggio causò una caduta. Stark Brothers’ ben presto si assicurò i diritti sulla Occhiodifalco, ne cambiò il nome in Stark Delicious (solo dopo la registrazione della Golden Delicious, nel 1914, divenne la Red Delicious) e iniziò una ambiziosa campagna commerciale. Nei due decenni successivi il vivaio spese 750 000 dollari per promuovere la nuova mela, inviando piazzisti nelle fattorie di tutto il paese ed esponendo la Delicious alla Fiera Mondiale del 1904. Dopo il completamento della Great Northern Railway Clarence Stark inviò vagonate di piantine nei nuovi orti impiantati nella valle del fiume Columbia, con le foglie agitate dal rombo dei motori verso Ovest.

Con le sue robuste radici e il suo frutto succoso e rotondo la Red Delicious divenne rapidamente una beniamina di coltivatori e consumatori da costa a costa – e man mano che  il suo sucesso commerciale cresceva, così aumentava la sua distanza dalla Occhiodifalco di Hiatt. Nel 1923 un orticultore del New Jersey scrisse agli Stark per informarli che un ramo di un albero che aveva acquistato dal vivaio stava producendo mele color cremisi mentre quelle degli altri rami restavano verdi. Una mutazione genetica casuale che faceva sì che le mele acquisissero colore più presto dava anche loor un colore più rosso e più uniforme, e i consumatori si stavano mettendo in fila per un assaggio. Paul Stark, uno dei figli di Clarence, si fece un viaggio fin dal Missouri e mise sul tavolo 6000 dollari per il ramo. La notizia dell’accordo si diffuse e ben presto il Gettysburg Times riferiva che più di cinquecento orticulturi da più di trenta stati si erano riuniti per discutere il «bizzarro germoglio» che produceva «la mela meraviglia della nostra epoca». La riunione segnò l’inizio di un’era di miglioramento del frutto, man mano che i coltivatori cominciarono a selezionare e coltivare simili mutazioni.

Per gli anni ’40 la Red Delicious era divenuta la mela più popolare del paese, con le ampie spalle e lo splendore da rossetto di una stella della Hollywod dell’Epoca d’Oro. I cambiamenti cosmetici si rivelarono una fortuna per i coltivatori agroindustriali: le mele che si arossavano prima di essere pienamente mature potevano essere raccolte prima e conservate più a lungo, e le bucce con più pigmento rosso tendevano a essere più spesse, cosa che aumentava il tempo di vita sugli scaffali e nascondeva le ammaccature. Ma poiché i geni della bellezza venivano preferiti a scapito di quelli del gusto le bucce divennero dure e amare attorno a una polpa spugnosa e intrisa di zuccheri. In ogni caso ancora negli anni ’80 la Red Delicous costituiva il 75% del raccolto prodotto nello stato di Washington. A quel punto la selezione delle varietà aveva già fatto i suoi danni, secondo Burford, pochi grandi vivai controllavano il mercato, le decisioni su cosa piantare venivano prese in isolate sale di riunione e i consumatori nona vevano molte varietà fra le quali scegliere. La Red Delicious divenne «il maggiore ingrediente del compost del paese», disse, visto che i consumatori compravano ordinariamente le mele per gettarle via.

Poi negli anni ’90 nuove varietà che i coltivatori americani avevano inizalmente sviluppato per i mercati d’oltreoceano – comprese le Gala e le Fuji – iniziarono a infiltrarsi nel mercato domestico. I consumatori avevano «mangiato con gli occhi e non con la bocca», dice Burford. E adesso le loro papille gustative si erano risvegliate. Un improvviso spostamento nelle preferenze dei consumatori, accoppiato con la crescente competizione dei frutteti cinesi, prese l’industria di sorpresa. Fra il 1997 e il 2000 i coltivatori di mele persero quasi 800 milioni di dollari in raccolto in eccesso. Avevano reso «le mele rosse e ancora più rosse, e belle e ancora più belle, e semplicemente si selezionarono fuori dell’esistenza», disse un direttore commerciale di una compagnia produttrice di frutta nel Nordovest disse al The New York Times, poco dopo che il Presidente Bill Clinton aveva approvato il più grande salvataggio pubblico nella storia dell’industria della mela.

Da allora la produzione della Red Delicious è diminuita del 40%. Mentre la mela è ancora di gran lunga la più comune negli Stati Uniti – i produttori hanno raccolto 54 milioni di bushel [un bushel è una misura di capacità equivalente più o meno a 35 litri, NdRufus] rispetto agli appena 33 milioni della sua più prossima concorrente, la Gala – l’industria si sta adattando a un mercato in cambiamento. Todd Fryhover mi ha detto che nuovi controlli di qualità come gli inibitori di etilene hanno contribuito a far sì che le mele arrivino fresche e croccanti nei supermarket, ma ha anche riconosciuto che i gusti sono cambiati. Le esportazioni delle Red Delicious del raccolto del Washington si sono aggirate intorno al 48% negli ultimi anni. Quest’anno Fryhover raccomanda che fra il 60 e il 65% delle mele sia inviato all’estero. «Non puoi continuare a produrre la stessa codsa per sempre e ignorare ciò che le persone ti chiedono», mi ha detto. I consumatri americani «vogliono Gala, vogliono Fuji, vogliono GoldenGrannies». Gli acquirenti internazionali fornisocno la domanda per la Red Delicious che «attualmente non esiste negli USA».

Oltre l’America settentrionale i maggiori mercati per l’esportazione della Red Delicious sono nel Sud-Est asiatico. La Cina, che ora produce più mele di qualunque altro paese al mondo, è stata recentemente un importante acquirente delle Red Delicious dei frutteti del Washington. Là, fa notare Fryhover, il colore rosso simboleggia la buona fortuna. Ma secondo Tom Burford, il successo internazionale della Red Delicious  si basa largamente sul puntare su acquirenti in lughi in cui il frutto non è familiare. Come gli Americani di un decennio fa, dice, «non sono coscienti di ciò che una mela dovrebbe esprimere».

Nella patria della Red Delicious, nel frattempo, i consumatori stanno lentamente ritornando a mele nelle quali possono credere.

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