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Lo scrittore bianco e l’investigatrice nera

Comincio l’articolo con Respect, che abbiamo usato come pausa musicale, perché io ho davvero un grandissimo rispetto per la formidabile Precious Ramotswe. Non so se dalla puntata si capisce, ma consiglio davvero di cuore i libri di cui è protagonista: sono spiritosi, di lettura facile e intrigante, trasportano in una ambientazione poco nota e interessante e, oltretutto, sono pieni di buoni sentimenti e hanno addirittura qualche sprazzo di poesia. Se non fosse che in Italia in maniera inspiegabile sono pubblicati a partire dal secondo libro della serie, cosa che priva il lettore locale di diverse premesse e lo obbliga a qualche acrobazia di comprensione, sarebbero perfetti.

La puntata si prestava anche a qualche disquisizione di più sul giallo umoristico, cosa che però non ho avuto il tempo di fare in trasmissione e per la quale, a dir la verità, non ho probabilmente la competenza necessaria, per cui preferisco rimandare a occasioni migliori: in ogni caso il riferimento conclusivo ad Asimov e ai suoi Vedovi Neri è già una prima pista di lavoro interessante.

Preferisco invece prendere un po’ di spazio per dire che mentre ho il massimo rispetto per la migliore investigatrice donna del Botswana, ne ho progressivamente meno per il suo autore, Alexander McCall Smith, nel senso che mi sono convinto che i suoi gialli peccano effettivamente di paternalismo (e forse di un filo di razzismo).

Il problema è quello che ho indicato in trasmissione: un anziano professore europeo, bianco, che ha vissuto in Africa, si suppone come parte dell’elite dei dominatori coloniali e che scrive di una signora nera, ignorante e (relativamente) povera. Il fatto che Precious sia incantevole e tratteggiata con molto affetto non cancella questa discarsia, e la situazione è aggravata dal tono da favola con cui sono descritte le sue avventure: perché gli africani finiscono per sembrare tutti dei bambinoni le cui vicende (e di seguito i cui sentimenti, credenze, convinzioni e valori), in fondo, non possono essere presi troppo sul serio.

Non metto in dubbio l’adesione sentimentale di McCall Smith alle vicende dei suoi personaggi e l’affetto sincero che mostra per l’Africa e la sua gente 8per la quale, leggo, spende anche impegno caritativo: ma c’è appunto, il rischio di un tono di paternalismo che rovina un po’ l’effetto complessivo. Ho riletto i libri più e più volte e la sensazione non va via, anzi peggiora, quindi non c’è niente da fare.

E quindi? Leggeteli: sono bei libri. Solo, fate finta che non ve l’abbia detto, chi è l’autore.

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