Corrispondenze
Stamattina alla fermata dell’autobus ho aperto il canto XXIII dell’Inferno (come vedete procedo, anche se non riesco a tenere il ritmo di un canto al giorno che mi ero proposto) e ci ho trovato i versi iniziali
Taciti, soli, sanza compagnia
n’andavam l’un dinanzi e l’altro dopo,
come frati minor vanno per via.
e subito mi è tornato in mente l’inizio del Vespro di Natale di Sebastiano Satta, che non ho mai dimenticato fin dai tempi della scuola:
Incappucciati, foschi a passo lento
tre banditi ascendevano la strada
deserta e grigia, tra la selva rada
dei sughereti, sotto il ciel d’argento.
e ho pensato (soprattutto del primo verso): «È uguale».
Uguale, boh. Ovviamente la somiglianza è data dal ritmo dell’endecasillabo, perché per il resto c’è poco, apparentemente: una terzina di un componimento molto più lungo contro l’inizio di un sonetto…
… o almeno mi pare un sonetto, a occhio, solo non mi ricordo se lo schema ABBA ABBA CDE CDE è canonico, e comunque pace: è un sonetto…
… dicevo: sembra che ci sia poco in comune, eppure giurerei che quando Satta l’ha scritto aveva esattamente in mente quei versi danteschi, la stessa immagine di un cammino silenzioso e affaticato in un contesto ostile, in cui ognuno cammina solo coi pensieri suoi.
E mi sono sentito soddisfattissimo di averlo pensato, di avere fatto una piccola scoperta, e molto consolato, a pensare come la poesia richiami altra poesia.
Bellissima scoperta.
😀