Scaramouche
Per essere un romanzo d’avventura Scaramouche ha una componente di indagine psicologica e di dibattito politico-filosofico piuttosto consistente. Nonostante quel che si sente dire, e diversamente dai film che ne sono stati tratti, non è un romanzo di cappa e spada: manca il gusto del rocambolesco, dell’avventura fine a se stessa; è più un romanzo di passioni, con uno studio psicologico impensabile nei romanzi d’avventura contemporanei d’oltreoceano, per esempio.
Sabatini ha letto il suo Hugo, e si sente, anche se naturalmente è lontano mille miglia: alla fine quel che gli interessa è prima di tutto l’intreccio, la lunga contrapposizione fra Scaramouche e il Marchese de la Tour D’Azyre, con il fato che continua a riunire e far scontrare i due uomini nelle maniere più strane e beffarde.
L’intreccio, la gestione dei personaggi (tutti indimenticabili), lo sviluppo della trama sono semplicemente perfetti, anche se il lettore scafato intuirà con largo anticipo alcuni dei colpi di scena preparati dall’autore.
Pubblicato su Anobii a marzo 2011.