CoordinateFilmLe narrazioniParaboleRecensioni

Falcone e Borsellino sospesi nel vuoto

Era d’estate (F. Infascelli, Italia 2015)

Visto il successo ottenuto resterà qualche giorno in più nelle sale questo bel film e perciò mi permetto di consigliarvi di vederlo: ieri all’Odissea c’è scappato pure l’applauso finale, alla presenza della regista.

La storia, credo abbastanza nota, si colloca nel 1985 alla vigilia del maxiprocesso: Falcone e Borsellino devono scrivere l’ordinanza che istruisce il processo e i tempi cominciano a scarseggiare, mentre all’orizzonte si agita lo spettro della decorrenza dei termini e del conseguente fallimento di tutto lo sforzo fatto per portare la mafia, centinaia di imputati, a processo. Uno sforzo che è appena costato la vita a Cassarà, Montana e Antiochia, per non parlare di tanti altri negli anni precedenti.

A quel punto però il giudice Caponnetto, che dirige il pool antimafia, riceve una soffiata secondo la quale la mafia si prepara a uccidere anche Falcone e Borsellino e le loro famiglie: i due giudici e tutti i familiari vengono quindi prelevati d’urgenza, praticamente a forza, e portati con un aereo militare all’Asinara.

Il film racconta, mi pare benissimo, il microcosmo costituitosi in quei giorni nella foresteria del carcere: i due giudici, le famiglie, le guardie carcerarie che li proteggono sono un mondo a parte – non si può nemmeno andare allo spaccio del piccolo villaggio a farsi un caffè – dentro un altro microcosmo appena più grande, quello della colonia penale e del supercarcere, separato da ogni cosa dal mare – un mare bellissimo, ovviamente. Il tempo si dilata, i riferimenti normali non esistono più, senza carte per lavorare, senza informazioni su ciò che stanno facendo i colleghi, sugli equilibri che si realizzano a Palermo, i due giudici sono completamente tagliati fuori. Il passo del film cambia quando, successivamente, le carte arrivano e inizia la scrittura dell’ordinanza, ma non diventa mai adrenalinico: come sanno tutti gli amanti del mare e chi va in barca quando si sta sulla spiaggia il tempo diventa sempre elastico.

Il film è tutto qui, in questa parentesi irripetibile – e forse incredibile – fra una situazione tumultuosa esterna e la forzata placidità della convivenza familiare, sottolineata anche dalla bellezza straordinaria del luogo e del mare (se non siete mai stati all’Asinara e il film non vi convince a visitarla vuol dire che per voi non c’è speranza). Una sceneggiatura sapiente aggiunge però a questa struttura base tutta una serie di altri temi: come il dialogo grottesco e struggente fra Falcone e Borsellino, che mentre pescano e aprono ricci discutono su come sarà essere uccisi dalla mafia: «Tu come te l’immagini?», «Uno scoppio e più niente», «Secondo te Cassarà se n’è accorto di morire?», e intanto riempiono la retina di ricci e si dicono come sarebbe stato lavorare alla pretura di Oristano invece che nel pool di Palermo.

È il contrasto che già mi aveva colpito in Alla luce del sole – la veglia alle stelle, il biliardino in oratorio proprio come nella mia parrocchia, solo che la loro non è solo un’altra parrocchia, è un altro mondo – e sul quale ogni tanto rifletto; qui emerge con pennellate improvvise e molto efficaci, come il tuffo della piccola Fiammetta: quando risale a galla dietro di lei la camera si allarga a inquadrare la motovedetta, con i poliziotti impassibili armati di mitra.

Per me, che all’Asinara ci sono stato molte volte da ragazzino, certe cose sono forse anche più comprensibili, o fanno più effetto: la scena di Manfredi Borsellino che passa un paio d’ore con gli internati della colonia, in campagna, non è affatto forzata, ma normale, corrisponde a racconti familiari (e peraltro non è che quando per andare a Tonara si tagliava per la colonia penale di Isili le cose fossero diverse); può apparire paradossale che a un certo punto il direttore del carcere proponga di andare in gita in un’altra cala, con la motovedetta, ma è una realtà vera al mare, su un’isola, d’estate. Non si tratta di forzature didascaliche, piuttosto di precisione nella ricostruzione (come il porcetto sul sughero nella prima cena sull’isola, il pane carasau…).

Naturalmente la lente d’osservazione che stringe sul microcosmo è costretta a abbandonare altri campi d’osservazione: cosa sia la mafia, in fondo, si capisce poco, di cosa si parli al maxiprocesso, a parte qualche cenno quando si vedono i due giudici discutere insieme, non si capisce granché: d’altra parte la storia che si sta raccontando è questa, non quell’altra, e questa è, d’altra parte, così straordinaria che davvero non si sente il bisogno di altro.

Facebook Comments

Un pensiero su “Falcone e Borsellino sospesi nel vuoto

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo:

Questo sito usa cookie o permette l'uso di cookie di terze parti per una vasta serie di funzionalità, senza le quali non potrebbe funzionare con altrettanta efficacia. Se prosegui nella navigazione, scorri questa pagina, clicchi sui link presenti nel sito, commenti un contenuto, condividi una pagina o un articolo, scarichi un file, visualizzi un video o utilizzi un'altra funzione presente su questo sito stai probabilmente attivando un cookie e acconsenti quindi implicitamente all'utilizzo di cookie. Per capirne di più o negare il consenso leggi la cookie policy - e le informazioni sulla osservanza della GDPR

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi