Fuori dalle tisanerie
Grazie alla segnalazione di Lorenzo Trenti ho letto oggi un articolo di Sergio Garufi sul Post che riflette sulla curiosa sorte di Borges, non solo travisato e citato a sproposito ma diventato l’appendiabiti su cui stendere – cioè attribuire – le poesie più strampalate di altri autori, in un gioco di rimandi che probabilmente allo stesso Borges, teorizzatore dell’apocrifo, sarebbe piaciuto.
Oppure, viste le poesie, forse no.
L’articolo tocca corde che, si sa, mi attraggono, avendo già pasticciato col tema, da Goebbels a Neruda, ma in realtà mi ha interessato di più per la cifra stilistica con cui conduce la polemica, dando schiaffoni a destra e a sinistra ma così, senza parere:
mentre una volta l’incappare ingenuamente in questi falsi era appannaggio esclusivo dei blog coi fiorellini e funzionale a quelle tisanerie,
da cui ho preso anche il mio titolo, oppure
non è un caso il fatto che si somiglino tutti, nel loro piatto didascalismo e nella loro sentenziosità alla Paulo Coelho,
che se ci pensate, immaginate di essere Paulo Coelho e di stare lì a farvi pacificamente i fatti vostri e improvvisamente vi arriva in testa un missile aria-terra peggio che Putin in Ucraina.
Grazie all’articolo ho scoperto anche Bello mondo, una bella poesia di Mariangela Gualtieri, letta da Jovanotti a Sanremo e ispirata a Un’altra poesia dei doni di Borges.
Devo dire che trovo commovente il passaggio
Io ringraziare desidero
per Borges
per Whitman e Francesco d’Assisi
per Hopkins, per Herbert
perché scrissero già questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e non arriverà mai all’ultimo verso
e cambia secondo gli uomini.
con cui la Gualtieri cita Borges, che a sua volta aveva scritto
per Whitman e Francesco d’Assisi, che scrissero già questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e si confonde con la somma delle creature
e non arriverà mai all’ultimo verso
e cambia secondo gli uomini.
Quest’idea di una lunga catena di poeti che si donano l’un l’altro, lungo i secoli, in un poema che non finirà mai è notevole e non può che colpire – del resto è metafora della storia dell’umanità, fuori della poesia – tanto più che sono intimamente convinto – e probabilmente assolutamente a torto – che il passaggio sulle torri di San Francisco e dell’isola di Manhattan di Borges è una citazione dei lunghi edifici dell’isola di Manhattan del povero B.B. e quindi, ricomprendendo anche il mio amato Brecht, la catena è perfetta!