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No, non è roba da fantascienza

Seguendo una segnalazione di Neil Gaiman ho trovato una serie di tweet dello scrittore Nick Harkaway che espongono un concetto che condivido parola per parola e che pertanto ho tradotto. Non è una lettura lunga, una volta tanto, ma è stimolante lo stesso.

Harkaway parte da un tweet con cui la redazione di Wired commentava e suggeriva un articolo sul proprio sito, intitolato La NASA fa sul serio a proposito delle missioni interstellari. Il tweet che avete visto qui sopra diceva:

L’esplorazione spaziale verso altri sistemi solari è stata per lungo tempo materiale per i racconti fantascientifici. Ma potrebbe divenire realtà già nel 2030.

Il testo di Harkaway, come vedrete, sposta la polemica dal punto di vista terminologico e letterario verso quello politico, ed è per questo che mi sembra interessante.

Questa è una di quelle occasioni nelle quali le parole oscurano il proprio stesso significato per il desiderio di creare un effetto drammatico. Proviamo a riformulare la frase: «L’esplorazione interstellare è un elemento ricorrente della narrativa futuristica che porta alle loro conclusioni logiche le teorie e le capacità attuali, intuendo con decenni di anticipo capacità future – dove “attuali” indica un periodo variabile fra la metà del XX secolo e adesso – ma dato che alcune di quelle estrapolazioni erano relativamente ben fondate, basate su una comprensione delle leggi della fisica rispettabile seppure non perfetta, ci stiamo inevitabilmente avvicinando al punto nel quale il presente viene a coincidere con il presunto ipotetico futuro».

Perché è importante? Perché l’implicazione della frase originale è che “fantascienza” equivale a “cumulo di stronzate”, e che non è reale per davvero nel 2020. E in più è una formula usata dai mezzi di comunicazione per attenuare l’impatto di fatti reali anche molto critici: «sembra fantascienza, ma…». Io credo che questo abbia delle conseguenze, compreso il fatto di rendere più difficile l’autentica comunicazione scientifica. «Ci saranno sconvolgimenti meteorologici e innalzamento del livello dei mari a causa della crisi climatica». «Sembra roba da fantascienza. E ora: l’onorevole deputato per Dumfries dice che il tempo è ideale per coltivare la vite!».

Stavo per citare il COVID-19 ma il professore l’ha già fatto lui perfettamente:

Dato il fatto che la maggior parte del lavoro di questi tempi è portato avanti per mezzo di videochiamate per evitare una epidemia precedentemente conosciuta e attualmente incurabile, si penserebbe che la gente metta da parte l’idea che la fantascienza è implausibile per definizione.

Il punto è che il nostro presente e il probabile futuro sembrano effettivamente simili a fantascienza da un punto di vista del XX secolo, e questo non è sorprendente, è inevitabile. Ma noi viviamo nel XXI secolo, e tenersi aggrappati a una visione novecentesca di ciò che è plausibile non è una qualche forma di normalità tradizionale. È o il fallimento di riconoscere il reale o la decisione di rifiutarlo, e non ci posiamo permettere né l’uno né l’altro. «Sembra fantascienza, ma…» non è semplicemente un ironico cenno di riconoscimento alla stranezza. È la convalida della ritirata dalla realtà. E davvero non dobbiamo farlo mai più.

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