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Cadaveri a nolo

L’altro giorno sentivo parlare di Diego Fusaro alla radio (c’era la storia della boutade delle presunte rivelazioni sulla vita intima della famiglia) e riflettendo sul personaggio ho pensato al quattordicesimo dei trentasei stratagemmi

Il quattordicesimo stratagemma dice:
借屍還魂/借尸还魂,
Jiè shī huán hún,
«prendi a prestito un cadavere per resuscitarne lo spirito»

e mi sono stupito di quanto di questi tempi sia frequente il suo uso.

Ma forse è meglio che andiamo con ordine.

Quei mattacchioni degli strateghi cinesi

Il Trentasei stratagemmi è un testo classico cinese dedicato all’arte militare (e, in realtà, alla politica – i cinesi avevano capito molte cose prima di Clausewitz) e riscoperto nel XX secolo. Il libro elenca una serie di comportamenti da tenere nelle varie situazioni della vita di governo, illustrandoli con esempi storici; nelle edizioni moderne ulteriori esempi storici sono normalmente forniti dai commentatori: io per esempio ho una interessante versione curata da Harro von Senger con casi sia antichi che moderni (peraltro curiosamente l’autore si ferma a illustrare i primi diciotto stratagemmi, quelli prescritti per le situazioni favorevoli).

Il quattordicesimo stratagemma illustra come si possa ottenere un vantaggio propagandistico in politica riutilizzando o reinterpretando come vessilli antichi eroi dimenticati oppure tecnologie, usi o costumi ormai abbandonati. Di volta in volta lo stratagemma può servire a scopi diversi: riscaldare la minestra o viceversa mettere una patina di antico su cose nuove, oppure assorbire parassitariamente ciò che è di altri.

Von Senger cita il caso di un imperatore cinese che, quando nella casa di Confucio vennero scoperte delle scritture che si credevano perdute, le fece attentamente alterare in modo che si adattassero al suo programma di governo: ogni legge che veniva promulgata era in questo modo resa autorevole dal fatto di essere conforme a ciò che, in antichità, Confucio aveva prescritto; di più: non era una legge nuova, era meramente la restaurazione di un venerabile ordinamento del passato, sfortunatamente interrotto per motivi contingenti e ora recuperato.

Altri casi sono più pittoreschi e meno diretti: i siti anglosassoni tutti raccontano la storia dell’imperatrice Lü che, alla morte senza eredi del figlio, l’imperatore Hui, non ebbe pudore di esibire un ragazzo che aveva fatto allevare appositamente alla nuora – dopo averne fatto uccidere la madre – perché risultasse suo nipote, cioè figlio dell’imperatore: in questo modo restava al potere come reggente.

In questo caso il cadavere preso a prestito è quello di Hui, il cui spirito viene trasfuso nel falso erede per legittimarne il governo. In realtà le cose si fecero subito un tantino più complesse perché il ragazzo, scoperto che la sua vera madre era stata assassinata, imprudentemente annunciò che all’ascesa al trono si sarebbe vendicato. L’imperatrice allora fece uccidere anche lui, sostituendolo con un altro falso erede: a questo punto i cadaveri sono due, quello del vecchio imperatore e quello del primo erede, il cui diritto di successione – lo spirito – passa al secondo.

Si racconta che l’imperatrice, assassinando un erede dopo l’altro e sostituendolo via via con uno nuovo (pare avesse fatto adottare alla nuora otto fratelli, quando si dice la preveggenza), si sia assicurata lunghi anni di governo effettivo del paese, divenendo una delle tre dragon lady capaci di reggere il trono imperiale. Tuttavia la lunga teoria di cadaveri non finisce qui: Von Senger racconta che durante la Rivoluzione Culturale gli organi di stampa vicini a Jiāng Qīng, la moglie di Mao, amavano presentare queste antiche figure di imperatrici come donne abili e capaci che alla loro epoca limitavano lo strapotere degli aristocratici e delle forze reazionarie introducendo indispensabili riforme e alludendo così, in maniera riconoscibile, a Jiāng Qīng stessa; in questo caso il cadavere è quello dell’imperatrice Lü e delle altre dragon lady e lo spirito è il prestigio che Jiāng Qīng, imperatrice reincarnata, ne ottiene.

Preparando questo articolo riflettevo che la cultura occidentale conosce un caso bellissimo di quattordicesimo stratagemma, quello messo in scena da Shakespeare nel momento culminante del Giulio Cesare di cui parlavamo pochi giorni fa: durante il monologo Amici, Romani, compatrioti, prestatemi orecchio… il cadavere preso in prestito è direttamente esibito sulla scena – quello di Cesare – e Marco Antonio se ne serve per evocarne lo spirito – la grandezza di Cesare, gli ideali democratici e antioligarchici, il destino di Roma – e rivestirsene per assicurare a se stesso la sopravvivenza fisica e un futuro politico.

Tornando all’oggi

I casi più pittoreschi raccontati a commento del quattordicesimo stratagemma sono quelli in cui il cadavere è reale e non metaforico: un condottiero del passato – per esempio Giuseppe Garibaldi nel corso dell’ultimo secolo è stato tirato per la giacchetta da varie parti – oppure un capo di governo o un’altra figura illustre.

Dalla camicia rossa alla camicia nera: “Le nuove speranze dell’Italia salutano il veterano delle Guerre d’Indipendenza”, opera di Remigio Schmitzer, 1939. Del resto tutta la mitologia fascista della romanità è una gigantesca applicazione del quattordicesimo stratagemma.

Ma in realtà il caso più frequente è quello nel quale concetti largamente dimenticati o teorie ormai abbandonate vengono ricondotte a nuova vita, secondo l’icastica e fortunata definizione di Keynes (che parlava dei regimi totalitari della sua epoca):

Pazzi al potere, che sentono voci nell’aria, distillano le loro frenesie da scribacchini accademici di qualche anno fa.

Quando Fusaro, che peraltro certamente non è pazzo ma invece sa quel che fa, cita Marx a sostegno dei nuovi movimenti di destra agisce in perfetto accordo con il quattordicesimo stratagemma: prende pezzi della teoria marxista ormai abbandonata – il cadavere – e se ne serve impadronendosi dello spirito di Marx per giustificare le scelte politiche della sua parte politica di riferimento, buttare fumo negli occhi alla parte più sprovveduta dello schieramento di sinistra avversario («beh, se lo diceva Marx…») e rafforzare le proprie fila («dicono tanto di noi e non sanno che lo diceva anche Marx»). Del resto Fusaro non può fare di più, non essendo un filosofo come viene definito a sproposito – ho dato un’occhiata al suo curriculum e non c’è nessun testo nel quale manifesti una sua elaborazione originale; casomai è uno studioso di filosofia, e infatti dimostra di sapere dove mettere le mani per procurarsi il materiale che gli serve.

Così come Fusaro rielabora e ripropone idee altrui del passato, così ci sono attualmente partiti che, essendo privi di una elaborazione ideologica propria, devono fabbricarsela con materiali di risulta: tutta l’ideologia di Lega e Movimento 5 Stelle – ma anche del PD, talvolta – è basata su usi più o meno fantasiosi del quattordicesimo stratagemma. Per la Lega è programmatico fin dai tempi di Bossi: Alberto da Giussano o il nome Lega Lombarda sono altrettanti cadaveri presi in prestito dal cimitero della retorica risorgimentale e (abilmente, bisogna dire) risuscitati; per gli altri la necessità deriva invece dal fatto di non avere una teoria politica propria e di essere costretti ad andare in giro a raccattare quel che altri partiti già saldamente costituiti hanno trascurato e quindi lasciato a disposizione.

Per esempio è evidente che il M5S ha elaborato prima una dimensione di protesta e poi si è dovuto costruire una propria ideologia positiva che fornisse un’alternativa a ciò che si criticava: dovendosi basare su ciò che era affine alla loro identità basata sulla protesta sono andati a caccia di cadaveri in tutto ciò che era ai margini e contro l’establishment, imbarcando cose condivisibili e anche una notevole quantità di ciarpame. D’altra parte il PD, partito costruito a tavolino, è dovuto più volte ricorrere al quattordicesimo stratagemma, dal famoso Pantheon che resuscitava perfino Craxi, ai sogni kennediani di Veltroni (un grande specialista di recuperi nostalgici, dalle figurine Panini a Enrico); casomai la loro particolarità sarebbe quella di non esitare a impadronirsi anche di persone vive – come quando Macron ha vinto le elezioni e il giorno dopo già sfilavano tutti ricoperti d’azzurro: questo però è più simile al terzo stratagemma,

借刀殺人/借刀杀人,
Jiè dāo shā rén,
«uccidi col coltello di un altro»

cioè vincere le proprie battaglie usando la forza di altri.

Ma, per dire, ho una certa convinzione che, a parte elaborazioni piuttosto epidermiche, a quelli di Casapound da un punto di vista ideologico del fascismo – già di per sé storicamente un guazzabuglio di pensieri – freghi molto poco: la loro identità è tutta costruita sull’interposizione gladiatoria dei corpi, sull’esibizione del petto virile di fronte al nemico, sullo schierarsi invitti in manipolo, e il fascismo è semplicemente il contenitore perfetto per tutte queste cose; tanto perfetto che neanche l’ostensione derisoria del corpo di Mussolini in piazzale Loreto impedisce di riesumarne il cadavere a distanza di anni.

Più vicini alla Sardegna

Tutti i nazionalismi usano, in un modo o nell’altro, variazioni del quattordicesimo stratagemma: perché nella costruzione del passato mitologico della nazione, sia che serva ad acquisire l’indipendenza sia che ci si voglia creare spazio e potere fino a opprimere gli altri – che so, occupare la Ruhr o costruirsi un impero africano – per forza di cose occorre andare a ripescare antenati nobili dei quali fregiarsi. Ho già accennato alla Lega, ma qui in Sardegna i giganti di Monte Prama e Atlantide forniscono degli esempi recenti bellissimi e plateali, accompagnati da migliaia di esempi minori o meno recenti (vedi alla voce: Eleonora d’Arborea e Carta de Logu): qualche volta penso che tutta la realtà sarda viva continuamente all’interno di un quattordicesimo stratagemma costruito in maniera particolarmente elaborata.

Una delle applicazioni più fantasiose, in realtà, è l’esumazione del cadavere di Carlo Felice: uno dei pochi casi che conosco di utilizzo del quattordicesima stratagemma nel quale il cadavere viene evocato non per impadronirsi della sua anima ma per usare il fantasma ottenuto per additarlo al pubblico ludibrio; lo stratagemma è usato non per suscitare senso di orgoglio e quindi di identità, ma per ispirare il bisogno dell’azione urgente e costruire nell’azione l’identità: è una vergogna, ci sono tutti i nomi delle piazze dei Savoia da cambiare, presto! – e, a seguire: vedi che i sardi esistono? come, chi sono i sardi? sono quelli che si oppongono ai Savoia!

Il migliore stratagemma

La battaglia della scogliera rossa, che fornisce il contesto al nono stratagemma: «Guarda il fuoco dall’altra riva”.

Visto che stiamo parlando di attualità politica attraverso la lente curiosa degli stratagemmi cinesi vale la pena di notare che non stiamo parlando di fake new o di inventare le cose: quello sarebbe il settimo stratagemma

無中生有/无中生有,
Wú zhōng shēng yǒu,
«crea qualcosa dal nulla»

che, in termini di attualità, casomai si applica benissimo al processo di costruzione dell’autorevolezza di Fusaro stesso e di molti altri editorialisti e intellettuali di sostegno ai partiti, comparsi improvvisamente e diventati inopinatamente persone che vale la pena di ascoltare e della cui opinione non si può fare a meno (nulla non vuol dire che non abbiano una propria vita professionale o politica precedente, ma che questa non è tale da giustificarne l’autorevolezza – si diventa importanti perché si è citati, e poi si è citati perché si è importanti).

E non stiamo parlando nemmeno delle campagne allarmistiche alla Salvini, criminalità, immigrati, sprechi delle ONG: anche qui casomai il riferimento sarebbe al settimo stratagemma, ma in realtà Salvini è bravissimo a usare il trentacinquesimo stratagemma, il migliore di tutti

連環計/连环计,
Lián huán jì,
«usa più stratagemmi intrecciati fra loro»

e perciò quando fa clamore con notizie inventate o gonfiate più probabilmente sta facendo rumore ad ovest per attaccare a est (聲東擊西/声东击西, Shēng dōng jí xī, sesto stratagemma), attendendo riposato mentre il nemico si fiacca (以逸待勞/以逸待劳, Yǐ yì dài láo, quarto stratagemma), attirando il nemico sul tetto per poi levargli da dietro la scala (上屋抽梯, Shàng wū chōu tī, ventottesimo stratagemma) o, infine, sacrificando un mattone per avere in cambio una giada (拋磚引玉/抛砖引玉, Pāo zhuān yǐn yù, diciassettesimo stratagemma). Ma soprattutto Salvini è un maestro nel  ventesimo stratagemma, l’uso strategico della confusione per ottenere i propri risultati:

渾水摸魚/浑水摸鱼 or 混水摸鱼,
Hún shuǐ mō yú,
«intorbidisci l’acqua per catturare il pesce».

In un certo senso, Salvini è uno dei pochi, attualmente, a non usare direttamente il quattordicesimo stratagemma – che altri lo usino a suo favore non c’entra. Vale perfino nei casi di omicidi cruenti, nei quali è più interessato a esibire in maniera stereotipata i criminali che a indugiare sui cadaveri: se si rilegge con attenzione il terribile caso recente di Desirée Mariottini – del quale non voglio parlare – si vede che è così e che ci sono molti più tweet sui vermi che sulla ragazza; in realtà dipende dal fatto che lo stratagemma si riferisce normalmente a figure antiche o a ideologie o tecnologie in disuso: lo sfruttamento strumentale di fatti tragici recenti è particolarmente scivoloso e si svolge secondo regole diverse (se un giorno ho tempo provo a ricostruire perché per esempio si può fare Je suis Charlie ma per altre stragi non funziona – in due parole: non c’è un’anima di cui impadronirsi che sia spendibile collettivamente).

Difese

La cosa interessante di Trentasei stratagemmi è che non indica difese o contromosse: tutti gli esempi presentati sono sempre di casi nei quali lo stratagemma è stato applicato con successo, mai di come sia stato sventato.

La presenza interessante, naturalmente, è quella di Morani, accreditato altrove sul web di una appartenenza a SEL (樹上開花/树上开花, Shù shàng kāi huā, ventesimo stratagemma: «adorna l’albero con fiori finti»). Vedo anche che esistono locandine simili con Peppino Impastato, che dimostra che in Casapound i tentativi di appropriazione sono una tattica costante.

Una difesa preventiva, naturalmente, è quella di fare come facevano i medievali, e cioè custodire i cadaveri in terra consacrata per evitare che i morti se ne vadano in giro a combinare guai: è meglio evitare di lasciare i morti abbandonati qui e là pronti per l’uso del primo negromante di passaggio. Per esempio il Che è così noto che può essere commercializzato ma non ancora preso a prestito: quando Casapound ha provato a farne un alfiere del proprio programma antiliberista o anticapitalista o antiamericano l’operazione non era efficace, ma ridicola.

La cosa peggiore, comunque, è pensare di combattere il quattordicesimo stratagemma con lo stesso trucco. Vedo per esempio che per definire Fusaro e altri – compresi veteromarxisti sedotti dall’uso strumentale di termini un tempo esclusivi della sinistra antagonista, pensiero unico, critica della globalizzazione, avversione al neoliberismo – si usa il termine rossobruni, evocando così nientemeno che il cadavere delle squadre d’assalto naziste (le camicie brune) e dei presunti nazisti di sinistra per etichettare questa corrente.

Ora.

A parte che Marx tutti sanno (o credono di sapere) chi fosse, mentre la conoscenza della figura storica di  Röhm e del ruolo politico delle SA è molto più esoterica e che quindi fra i due cadaveri riesumati c’è una differenza sostanziale di peso, per cui chi cita Marx è un filosofo e chi cita i rossobruni è il solito radical chic elitista.

A parte che la fonte dell’analisi è spuria: vedo che già si è pronti a usare la stessa definizione contro Melenchon, e non mi stupirei se l’agente che ha pensato lo stratagemma di evocare i rossobruni non stia fra i militanti antifascisti ma invece fra i conservatori di centrosinistra (facciamo direttamente centro, va’).

A parte tutto questo, il problema è che lavorare in questo modo legittima le pretese dell’avversario. Se esistono veramente i rossobruni, cioè dei neonazisti che si ispirano a Marx, allora vuol dire che Marx diceva veramente quelle cose, per esempio che per difendere i lavoratori bisogna respingere i migranti, e quindi Fusaro o chi per lui ha ragione. Lo spirito di cui mi sto impossessando legittima anche il modo col quale il mio avversario si è impadronito del suo. Non sto svelando il machiavello dell’avversario, sbugiardandone le affermazioni come un’invenzione: le sto confermando.

Naturalmente questo dipende dal fatto che in questo periodo si parla molto di fascismo e viene comodo e spontaneo pescare nel repertorio dell’epoca. Questa continua evocazione del ritorno del fascismo è anch’essa un uso del quattordicesimo stratagemma, forse il più importante attualmente: si evoca il ritorno del fascismo per squalificare l’avversario ma soprattutto, come per i nazionalisti sardi con Carlo Felice, per rinsaldare il proprio schieramento; per rimettere in riga col terrore i riottosi (li avete visti quelli là?), legittimare leadership ormai usurate o costruirne di nuove, dire comunque qualcosa non avendo alcunché di altro da dire politicamente.

Ecco, quest’idea che arriva l’orda

Dalla Cina a Praga, passando per la Svizzera

Io non credo che sia una buona strategia ma per dirlo, dopo avere citato i classici cinesi (indirettamente, anche il Romanzo dei tre regni, del quale en passant consiglio un ottimo podcast, purtroppo in inglese) e Shakespeare, vorrei evocare altre due opere narrative.

Nella cultura occidentale, che è meno orientata alla strategia di quella orientale, il riesumare i cadaveri e soprattutto mandarli in giro è sempre stato guardato con sospetto, per quanto buone potessero essere le intenzioni di chi faceva questa operazione, come il rabbino Löw; il sospetto è che al fondo ci fosse una scellerata mancanza di scrupoli inconsapevole delle possibili conseguenze, come nel caso del dottor Frankenstein. Il problema, in entrambi i casi e certamente nell’operazione che si fa in questi giorni evocando lo spauracchio del fascismo, è che poi alla fine il morto prende vita davvero e, come per il golem e la Creatura, sfugge al controllo di chi ha messo in piedi l’operazione: a furia di chiamarlo poi il fascismo arriva davvero e non lo puoi controllare; il rabbino Löw poteva in ogni caso cancellare una lettera dalla fronte della sua creatura e metterla a riposo, ma un fascismo che a forza di essere evocato si materializzi davvero non ha bottoni di spegnimento e questo rischio dovrebbe essere tenuto in maggior conto per quanto seducente possa apparire l’uso del quattordicesimo stratagemma, a pena di finire come il dottor Frankenstein: povero, disperato, pazzo e solo, cacciato dalla Creatura che ha sconsideratamente evocato a morire su una spiaggia deserta dopo avere causato la rovina di coloro che gli erano cari.

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