Meglio le scuole grandi!
Seguendo un articolo su The Atlantic ho letto due articoli scientifici, sostanzialmente dello stesso gruppo di autori, che mettono in relazione la forma della scuola (la sua grandezza, la presenza di diversi livelli scolastici – elementari, medie, superiori) con una serie di elementi, per esempio il livello di bullismo all’interno o il grado di successo scolastico degli alunni.
I due studi non sono direttamente applicabili in Italia perché il sistema scolastico americano è differente, soprattutto dal punto di vista organizzativo. In particolare, mentre da noi le scuole elementari sono sempre… beh, scuole elementari, là è possibile configurare le scuole in vario modo: più o meno come da noi (kindergarten, classi dalla prima alla quinta, classi dalla sesta all’ottava, in blocchi separati) ma anche avere scuole nella quali l’asilo è seguito dalle prime due classi elementari, oppure scuole elementari o medie insieme, o scuole che prendono i bambini in quinta elementare e li portano fino alla fine delle medie, e così via.
Questo tipo di alternativa organizzativa è interessante, scopro, perché è un meccanismo economico di intervento scolastico: molto più economico, per esempio, che ridurre il numero medio di studenti per classe. In parole povere, gli edifici scolastici sono sempre edifici scolastici: se ci metti dentro bambini e ragazzi o solo bambini o solo ragazzi non ne devi costruire di nuovi, devi solo spostare i ragazzi dall’uno all’altro in un modo o nell’altro.
Il primo studio si pone quindi questo tipo di domande:
L’articolazione del percorso scolastico nelle prime classi influenza i risultati degli studenti della terza media? E quanto? L’effetto differisce nei vari sottogruppi? E perché l’articolazione del percorso formativo conta?
Effetti individuali: cosa succede quando gli studenti non seguono l’articolazione del percorso scolastico prevista? Fino a che punto i risultati scolastici sono influenzati dal numero di scuole (e quindi di cambiamenti di scuola) che uno studente affronta prima della terza media?
Effetti sulle scuole e di contesto: è rilevante il momento della transizione – la classe in cui si cambia scuola? È rilevante l’ampiezza della coorte di studenti all’interno della scuola? Ed è rilevante che la coorte di studenti da scuola a scuola rimanga immutata?
I risultati sono, grosso modo, che è meglio – migliori risultati scolastici in terza media, cioè – studiare in una scuola nella quale elementari e medie sono unite, oppure fare il cambio da una scuola all’altra prima della quinta elementare – prima è, meglio è – mentre i risultati peggiori si ottengono con l’organizzazione 5+3 utilizzata anche in Italia.
Il problema, magari, è che all’epoca di questo primo studio gli autori non erano sicuri del perché dei loro risultati, o perlomeno ammettevano che le spiegazioni potevano essere diverse.
Perché l’articolazione del percorso di studi può essere importante? I nostri risultati sono compatibili con diverse differenti ipotesi che riguardano il comportamento individuale e le caratteristiche istituzionali. Prima di tutto, cambiare scuola frequentemente è associato con peggiori risultati scolastici. Le scuole che offrono un percorso dall’asilo alla terza media sono uniche nel permettere allo studente di rimanere nello stesso istituto per tutte le elementari e le medie. In secondo luogo, i nostri risultati mostrano che gli studenti che fanno il passaggio dopo la quarta elementare hanno miglioramenti maggiori di quelli che lo fanno dopo la quinta o la prima media, il che suggerisce che una transizione anticipata dalle elementari alle medie può essere una misura raccomandabile in vista della preparazione all’inserimento nella scuola superiore. In terzo luogo, le scuole elementari e medie unite e quelle che vanno dalla quinta elementare alla terza media hanno coorti di studenti più piccole, il che forse aumenta la capacità degli adulti di conoscere bene gli studenti e il senso di appartenenza alla comunità scolastica. Infine, le scuole di quel tipo tendono ad attrarre gli studenti provenienti da un numero minore di istituti precedenti, permettendo ai gruppi di pari di rimanere più stabili che nelle scuole medie (o di seconda e terza media solo) che pescano da un numero maggiore di scuole elementari.
La cosa interessante, se non ho letto male, è che l’effetto di queste politiche organizzative non è banale, più o meno pari al gap legato al genere (negli Stati Uniti) e una frazione significativa di quello fra bianchi e afroamericani.
Il secondo articolo si focalizza su un aspetto specifico della vita dei ragazzi delle scuole medie, il bullismo, ma nel farlo offre anche un completamento dell’articolo precedente e forse anche un modo di interpretarne i risultati.
Il contesto di base è quello di una convinzione diffusa: per ridurre il bullismo è opportuno separare i ragazzi delle medie da quelle delle elementari, per “proteggere” questi ultimi. In molte città e stati americani questa è stata la politica seguita negli ultimi anni, in base alla quale sono state costruite, localizzate e organizzate le nuove scuole.
Peccato che la ricerca smentisca questa convinzione (anche il fatto che il bullismo alligni maggiormente nelle grandi scuole, peraltro, pare che sia un mito). Gli autori lo spiegano, sostanzialmente, con una teoria di ecosistema scolastico, col concetto di anzianità (top dog – cane dominante – e bottom dog – gregario). I ragazzi della terza media sono top dog e offrono gli indicatori più alti di benessere scolastico (tra le altre cose, meno bullismo). Quelli di prima elementare sono gli sfigati della situazione. Ma in mezzo c’è un mondo di adattamento nel quale, tutto sommato, non si sta poi tanto male. A meno che non ci sia un cambiamento fra quinta elementare in prima media, perché in quel caso il faticosamente raggiunto status di cane anziano viene improvvisamente rimesso in discussione: nella nuova scuola di fronte ai ragazzi di terza torni a essere uno sfigato come ai vecchi tempi delle elementari. Detto in altri termini, l’ecosistema di una scuola in cui ragazzi delle elementari e delle medie frequentano lo stesso istituto è più complesso, più stratificato e complessivamente più accogliente.