Le mie playlist

Come ho raccontato una volta qui sul blog mi sono iscritto a Spotify abbastanza per caso, per raccogliere tutti insieme i cento grandi brani jazz che avevo chiesto mi fossero suggeriti. Poi dal lockdown in poi e con il lavoro da casa la piattaforma è diventata piuttosto più importante e le scoperte piacevoli che mi permetteva di fare sono state un’altra di quelle piccole gratificazioni quotidiane che mi hanno aiutato a mantenermi sano fra il 2020 e il 2021.

Dato che il blog mi serve a raccogliere le cose che faccio e quello che scrivo mi è sembrato il caso di raccogliere qui anche i link alle playlist che man mano mi sono creato su Spotify, un po’ per motivi di… culto della personalità (questo sono io, questo è quello che scrivo, questo è il libro delle ricette di famiglia, questa è la musica che ascolto) e un po’ perché spero che possa essere per altri l’occasione di fare delle scoperte piacevoli come lo sono state per me o provare la stessa gratificazione nell’ascolto che ho provato io. Per aprire ciascuna playlist cliccate sull’immagine.

Ah: se qualcuno ha suggerimenti di canzoni da aggiungere alle varie playlist ogni suggerimento è bene accetto.

Playlist tematiche

Dopo i primi passi su Spotify ho cominciato a fare esperimenti raccogliendo canzoni che fossero accomunate non tanto dall’appartenenza a uno stesso genere musicale ma dalle tematiche trattate, dall’avere una stessa provenienza geografica o da qualche altra caratteristica in comune.

La prima è stata una playlist dedicata ai cantautori della mia giovinezza, ai quali si sono via via aggiunti altri grandi pezzi (secondo me, ovviamente) della canzone italiana. È anche una delle playlist alle quali ho lavorato di più, cercando con alterna fortuna di ordinare i pezzi perché ciascuno avesse una caratteristica in comune con quello successivo, in un gioco di rimandi che mi sembrava una cosa fighissima e che non sempre, devo dire, funziona invece benissimo.

Per uno che da ragazzino oltre ai cantautori ascoltava gli Inti Illimani non è sorprendente che dopo avere messo in un solo posto tutti i cantautori abbia sentito il bisogno di creare un altro spazio comune per un certo tipo di musica sudamericana. Man mano la playlist è cresciuta e si è anche diversificata, ma rimane sostanzialmente costruita per essere una riflessione sull’identità latinomericana; probabilmente è ancora un po’ debole dal punto di vista della rappresentatività dei vari generi musicali – c’è pochissimo Brasile, per esempio – ma ci sto lavorando.

Non darei troppo significato politico a questa playlist: quando ho cominciato a crearla volevo un posto dove mettere Woody Guthrie insieme a un po’ di cose italiane che secondo me non stavano benissimo fra i cantautori, come Per i morti di Reggio Emilia. Poi il tema mi è un po’ esploso fra le mani e mi sono molto divertito a seguire l’onda gettando al vento ogni renitenza (quasi ogni renitenza: è una delle playlist per le quali più frequentemente mi capita di fare un ascolto che mi fa sobbalzare e che genera un «rimuovi da questa playlist». Curiosamente (o forse no) è la mia sola playlist che qualcun altro segua su Spotify.

Questa playlist, il cui titolo fa il verso alla sezione intellettuale-barra-indie del festival di Cannes, riunisce pezzi che in qualche modo si potrebbero definire non commerciali, se questo tipo di categorie della mia giovinezza avessero davvero senso. Abbondano le voci femminili, la musica folk global indie e le contaminazioni. Una delle mie playlist preferite: è per questo che ne parlo con finta sufficienza, per non farlo capire.

Questa playlist in realtà esisteva già, almeno in parte, sul mio canale YouTube. Raccoglie tutte le canzoni usate come pausa musicale durante le puntate delle quattro stagioni di Oggi parliamo di libri, la mia trasmissione sulla letteratura di genere che andava in onda su Radio Karalitana. Molte delle canzoni non le ho scelte io ma amici o ascoltatori e la playlist mi piace molto anche per questo.

Mentre ordinavo la playlist dei cantautori mi sono reso conto che c’era tutta una serie di canzoni che erano dedicate, in un modo o nell’altro, a una città. Questa playlist, una delle più bizzarre tematicamente, è nata così: sono tutti pezzi dedicati a un luogo. Ovviamente ciò che è interessante sono gli accostamenti inaspettati che assemblaggi del genere possono generare.

Ai bei vecchi tempi dell’esistenza di Radiopress si poteva prendere il possesso della playlist del giovedì di Buongiorno Cagliari, dietro pagamento di un pedaggio mangereccio. La volta che l’ho fatto ho colto l’occasione per far comparire Gesù come convitato di pietra in un contesto dove, diciamo, non veniva nominato spesso.

Una playlist nata dalla voglia di mettere assieme Through the barricades e Pitzinnos in sa gherra, e poi cresciuta un pezzettino alla volta, man mano che scopro canzoni che tematicamente corrispondono all’idea base: musica che racconta l’esperienza di passare attraverso la guerra, soprattutto se da civili. Con ancora maggiore lentezza cresce la playlist gemella dedicata alle canzoni di prigionieri e fuorilegge, al momento così esile che mi limito a menzionarla.

Molto tempo fa, quando scrivevo avventure per AD&D e soprattutto curavo l’ambientazione di A’tkania, uno dei mondi di gioco principali dei Fabbricastorie, usavo caricare un po’ di CD nel lettore e creare così un sottofondo da ascoltare mentre lavoravo. Questa playlist è un omaggio a quell’epoca: sta qui e non fra quelle di genere perché, anche se un certo tipo di musica celtica è prevalente, ci sono abbastanza canzoni di altro genere da cambiare il tono della playlist (e anche perché un pezzo di musica celtica può essere bellissimo e rappresentativissimo ma se ha riferimenti all’epoca moderna resta fuori: le regole sono regole!).

Questa è sicuramente la playlist più bizzarra fra tutte le mie: riunisce tutti pezzi che sono in realtà cover, solo che in molti casi sono rifacimenti con sufficiente personalità da acquisire vita propria. Musicalmente non tutte le scelte sono esattamente efficaci, ma la varietà di situazioni che si succedono è… interessante, come nella maledizione cinese.

Prima di passare oltre, ci sono altre due playlist che ascolto frequentemente ma che non ho fatto io: quella che raccoglie le cento migliori canzoni dell’era del rock scelte da John Sandford, creatore di Lucas Davenport, e la raccolta di tutti i pezzi proposti da Via dei Matti n° 0, trasmissione che come sapete seguo attentamente, molto attentamente.

Playlist raccolte per genere

Una sola piccola avvertenza: quelle che seguono sono playlist caratterizzate dal raccogliere musica dello stesso genere; d’altra parte la mia ignoranza musicale fa sì che io non sia sempre in grado di identificare le distanze, dal un punto di vista formale, della struttura musicale dei vari brani e quindi probabilmente si tratta di raccolte di genere abbastanza sui generis (la battuta è intenzionale, ah, le matte risate); diciamo che la maggior parte delle playlist che seguono sono abbastanza gender fluid, per usare un’espressione di moda.

Questa è la prima raccolta che ho fatto su Spotify e raccoglie i cento brani jazz che mi sono fatto suggerire dal vasto mondo della rete quando ho deciso che volevo capire un po’ di più di questo genere musicale. Fra tutte le mie playlist sicuramente è quella più artisticamente inattaccabile.

Dopo un po’ ho notato che non tutto della playlist precedente mi scaldava esattamente il cuore, e allora ho deciso di farne un’altra nella quale metto man mano quei brani che incontro e che decisamente mi piacciono. La playlist è ancora in evoluzione, perché i brani jazz e blues che mi colpivano li ho sparsi dappertutto.

Da ragazzo ascoltavo Sergio Caputo e mi piaceva e siccome dicevano che Caputo faceva swing ho deciso che mi piaceva lo swing. Quando ho cominciato a fare playlist ho deciso che volevo cavarmi la voglia di swing e ci ho messo le cose che a naso mi sembravano equivalenti, probabilmente prendendo un gran numero di cantonate ma ricavandone in compenso un gran numero di soddisfazioni.

Questa playlist è un derivato di quella Un certain écoute: dopo che ci avevo messo dentro un brano di Goran Bregović Spotify continuava a propormi brani di musica balcanica. Alla fine mi sono arreso e ci ho fatto una playlist apposita, che mi piace molto anche se mi piacerebbe ci fossero più pezzi gipsy per equilibrare il mix.

A parte l’impronta sentimentale, ho l’impressione che in realtà chansonnier e crooner non siano esattamente due definizioni intercambiabili dello stesso genere musicale, e immagino che l’inserimento di molte voci femminili sia un’ulteriore deviazione dallo standard. Però a me questa playlist piace esattamente così, la ascolto spessissimo ed è perfino capace di rendermi più che sopportabili Frank Sinatra e Dean Martin, che è tutto dire.

Nonostante il mio amore per Belushi e i Blues brothers devo confessare che il country, sullo stile dei Good ol’boys è uno dei miei generi preferiti: da ragazzo ho consumato fino allo sfinimento Harvest di Neil Young e più tardi ho scoperto che ascoltare gli Highwaymen mi generava un certo piacevole nonsoché a metà distanza fra il cuore e lo stomaco. Avevo quindi grandi attese per questa playlist che invece trovo ancora imperfetta, o che comunque mi pone un curioso dilemma: o decido che ci metto l’intera discografia di Johnny Cash, da solo o accompagnato, oppure mi trovo un po’ a non sapere chi altro metterci, quando credevo che il folk americano fosse sconfinato; uno dei casi nei quali l’algoritmo di Spotify e le playlist altrui mi hanno aiutato poco (o forse il genere che effettivamente mi piace è un altro? Spero proprio di no).

Dopo un po’ che ascoltavo jazz mi è venuta voglia di avere qualcos’altro da ascoltare e che fosse più personale della compilation di canzoni rock di Sandford. Questo è il risultato, col problema che ogni tanto mi sono dimenticato di averla fatta e ho sparso altri pezzi ovunque, mentre da aprte sua Spotify con servizievole perfidia ha aggiunto roba che secondo lei andava bene per motivi di algoritmo non meglio specificati. Per un po’ ho cercato di riportare la lista all’intenzione originale selezionando, mettendo e togliendo: poi ho deciso che la playlist mi piaceva lo stesso e che andava bene così, proprio bene così.

Come per il country, a me piacerebbe capirne di hard rock e sarei perfino felice di fare gioiose escursioni nell’heavy metal. In realtà ogni mio viaggio in questa realtà, che vorrei fosse un’esperienza tipo Gauguin a Tahiti, assomiglia di solito molto di più a rimanere bloccati in macchina sulla Roma-Ostia in una domenica afosa di agosto, come testimonia lo stato striminzito di questa playlist, una delle più bisognose di suggerimenti.

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