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On line l’ultimo libro di Enrica Delitala

copertina esecutivaCon molta tempestività l’Istituto Superiore Regionale Etnografico ha messo a disposizione sul suo sito il libro L’Archivio e l’Atlante Demologico Sardo, l’ultimo libro scritto da mia zia Enrica per ripercorrere la storia degli studi demologici sardi,  a partire dal contributo pionieristico e fondativo di Cirese  e lungo il lavoro di anni e anni da parte di un multiforme gruppo di studiosi, fino alla conclusione della parabola e al conferimento all’ISRE dell’archivio dell’Atlante Demologico Sardo e di quello personale di Enrica e di altre studiose.

Il paziente e lungo lavoro di sistemazione dell’Archivio dell’Atlante Demologico Sardo e dei nostri archivi personali fatto da me, da Chiarella Addari Rapallo e da Anna Lecca tra il 2009 e il 2011, ci travolse in un’onda di ricordi; dalle carte, dalle registrazioni, dalle fotografie, riaffiorarono momenti ed aspetti della vita di ciascuna di noi, di molti anni di lavoro in comune, di ricerche promosse e guidate da Cirese. Attraverso i sentieri della memoria e documentazioni varie abbiamo ripercorso la nostra storia, non del tutto inutile, e quella degli anni cagliaritani di Cirese; nasce da qui il testo che segue, allo stesso tempo guida alla consultazione dell’Archivio ADS, contributo alla storia degli studi demologici, omaggio a Cirese.

C’è tutta Enrica in quell’inciso «la nostra storia, non del tutto inutile»: nel leggerlo ho sorriso involontariamente. Penso che in tanti fra i parenti e gli amici avranno piacere di riprendere un dialogo e una frequentazione attraverso queste pagine e quindi segnalo qui sul blog che il testo è liberamente scaricabile in formato .pdf, ma man mano che mi inoltro nella lettura intuisco che sono soprattutto pagine importanti per tanti studiosi di diversi campi disciplinari, una collettività i cui confini forse in questo momento noi familiari non cogliamo fino in fondo.

Archivio e atlante demologico sardo DelitalaQuesta doppia dimensione, personale, affettiva ma anche scientifica e culturale mi ha molto colpito fin dalle prime righe, in cui Enrica ricorda la morte di Cirese nel 2011:

In quei primi giorni di settembre, al termine di periodi di ferie estive che avevano diradato i contatti, la notizia della morte di Cirese colse impreparati tutti noi allievi, diretti e indiretti e di più generazioni. D’improvviso ci sentimmo orfani, privati di una guida e di un punto di riferimento essenziale, ed avvertimmo lo spezzarsi di quel filo che aveva unito, sebbene spesso labilmente, i “ciresiani” e più generalmente i demoetno-antropologi italiani.

Nel momento in cui scriveva l’introduzione di un libro destinato a tracciare il bilancio di un’esperienza Enrica aveva ben presente la morte del maestro. È certo molto doloroso che tocchi a noi prendere in mano il libro nel momento in cui è la morte di Enrica quella che abbiamo acutamente presente.

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