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“Il sorriso di Niccolò”: un libro frustrante

Non saprei dire se la frustrazione derivi da limiti oggettivi del testo o dal fatto che le mie aspettative erano mal riposte.

Il sorriso di Nicolò è una biografia di Machiavelli, niente di più e niente di meno. Il problema è che, non avendo niente di più, finisce per essere qualcosa di meno.

Ma andiamo per ordine: dopo una breve introduzione sulla Signoria medicea e sulla crisi istituzionale fiorentina conseguente alla morte di Lorenzo il Magnifico, Viroli segue il suo personaggio dall’assunzione dei primi incarichi pubblici fino alla morte, con una brevissima ricognizione dei documenti in nostro possesso riguardanti la famiglia di origine di Machiavelli e la sua infanzia.

La trattazione è spigliata ed efficace, anche perché Machiavelli e i suoi amici sono personaggi interessanti, sanguigni ed effervescenti, e perché la vita di Machiavelli attraversa un periodo di grande interesse della storia italiana.

Tutto andrebbe bene, quindi, se non fosse per due scelte fatte da Viroli. La prima è quella di adottare, per i momenti (momenti rari, come dirò fra poco) in cui sente il bisogno di inquadrare storicamente un fatto della vita di Machiavelli, un taglio sbrigativo e francamente superficiale.

Per esempio quando si tratta del regime dei Medici il livello della trattazione sembra quasi offensivo per un lettore italiano, il quale si sente ripetere pari pari concetti studiati a scuola, con lo stesso livello di approfondimento, tanto che arrivato a quel punto mi ha preso il dubbio che si trattasse di un testo scritto originariamente per un pubblico straniero e sono andato a controllare (il testo è scritto, parrebbe, direttamente per Laterza). Naturalmente, io sono uscito da scuola vent’anni fa e può darsi che sopravvaluti il livello culturale dell’italiano medio, ma insomma, da una monografia era lecito attendersi qualcosa di più.

L’altro fatto irritante è il fatto che in alcuni punti il lettore si pone delle domande che appaiono legittime, ma che apparentemente non sono giunte alla mente di Viroli. Per esempio, Machiavelli è un “uomo nuovo”, non viene da alcuna famiglia importante fiorentina; la sua ascesa a incarichi politici di importanza non può che suscitare sorpresa. Alcuni elementi sembrano suggerire che l’incarico dipenda da un rapporto privilegiato con il Gonfaloniere Pier Soderini, ma dei meccanismi attraverso cui Machiavelli abbia costruito un sodalizio con costui, attraverso quali cordate politiche nella Firenze del tempo, o più in generale, come si costruissero i cursus honorum per i giovani fiorentini interessati alla politica, e così via (tutte domande secondo me legittime, ripeto) Viroli non dice assolutamente niente.

Altro esempio. Dopo la caduta in disgrazia, Machiavelli vive per alcuni anni da virtuale recluso in campagna. Scrive il Principe, con cui spera di rientrare nella vita politica, ma non ne ha soddisfazione. Poi improvvisamente scopriamo che frequenta gli Orti Oricellari, una sorta di “Accademia” dove si riunisce la gioventù fiorentina e dove Machiavelli ha l’occasione di formare alla politica e agli ideali repubblicani una nuova generazione. Anche qui, il lettore si chiede: a quali famiglie appartenevano questi giovani? In quale gioco politico erano inseriti? Si formano agli ideali repubblicani grazie a Machiaveli, oppure sono già un ambiente di fronda verso cui Machiavelli naturalmente è portato a gravitare? Anche qui, niente. Viroli registra il fatto ma, qui come altrove, non si azzarda a darne spiegazione.

Può darsi che questo dipenda dal fatto che, nelle lettere e nelle testimonianze dirette di Machiavelli e dei suoi amici, su cui Viroli basa esclusivamente la sua marrazione, questi elementi non risultino. Ma uno storico di vaglia avrebbe lavorato su altre testimonianze coeve, su elementi di sfondo, per costruire perlomeno ipotesi che completassero questo tipo di pagine bianche. Per quel che leggo, questo è un modo ordinario di procedere per la storiagrafia anglosassone, e mi aspettavo che anche questo libro si adeguasse a uno standard di qualità di questo livello.

D’altra parte Viroli è uno storico delle idee, quindi questo tipo di omissioni potrebbero essere giustificate (non sono molto convinto, ma concediamolo). Ciò che sorprende, però, è che il libro non si dilunga neppure sul versante del pensiero politico e storico di Machiavelli. Naturalmente, man mano che Machiavelli pubblica i suoi testi, le idee che espone vengono narrate, ma per esempio non c’è mai il tentativo, anche en passant, di sottolineare la fortuna o la vita successiva che molte idee prooste da Machiavelli avranno nella storia della cultura occidentale.

La mia idea è che Viroli non abbia voluto dilungarsi né sul quadro storico di assieme né sul pensiero politico perché ambiva a descrivere il Machiavelli uomo, del quale si sforza di tracciare un ritratto molto affettuoso nelle sue aspirazioni e nei suoi sentimenti. Ora, considerato che Machiavelli è un colosso del pensiero, un uomo spiritoso e affascinante, e uno che ha vissuto in un periodo denso di avvenimenti realmente epocali, questo affetto dell’autore per il suo personaggio basta a reggere il libro… a malapena.

Complessivamente, quindi, una lettura scorrevole, in alcuni punti superficiale e frustrante; un buon testo base introduttivo al pensiero politico di Machiavelli, un testo mediocre di storia italiana rinascimentale.

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