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La lista contatti

Leggo sulle bacheche di molti conoscenti che questo è un periodo nel quale fanno scoperte poco gradite a proposito dei loro contatti. Da quel che capisco, sono scoperte un po’ tipo lupo-mannaro: non ti eri mai accorto che quello o quella aveva il pelo all’interno e le sopracciglia che si congiungono, come ammoniva In compagnia dei lupi

Al minuto 6.25. Sul corollario che comporterebbe che allora tutti i sardi siano lupi mannari il film tace, purtroppo.

e improvvisamente, e con tuo raccapriccio, te lo ritrovi che invoca la morte per quelli che vanno a fare la corsetta, o si augura che francesi e tedeschi siano interamente sterminati dal morbo perché così ben gli sta, invoca i carri armati nei parchi perché disperdano i trasgressori, o cose del genere – oppure, al contrario, gli senti dire pazienza, di qualcosa si deve morire e dopotutto riguarda solo quelli che erano già malati, o i vecchi. E poi, naturalmente, ci sono quelli che improvvisamente si rivelano cospirazionisti.

Sono osservazioni che capisco ma che trovo un po’ fuori della mia esperienza, nel senso che più o meno i miei contatti reagiscono grosso modo come era prevedibile secondo l’idea che mi ero fatta di loro.

Ora, non vuol dire che tutti reagiscono bene. Molti mostrano opinioni o sensibilità che non mi aspettavo, però questo non vuol dire che io mi trovi a dover cambiare opinione su loro come persone, se non un pochino.

Cioè, non vorrei creare incidenti diplomatici, però fra i miei contatti ci sono alcune poche sicurezze assolute fonte di perenne ispirazione, un sacco di gente normale, con pregi e difetti più o meno distribuiti e ai quali voglio più o meno bene a seconda di mille variabili, alcuni che mi lasciano del tutto indifferente, una decina di cretini che tocca compatire, qualche fesso che meriterebbe, francamente, una pedata nel sedere, un paio di tizi che sono evidentemente dei palesi mascalzoni e perfino uno che secondo me finirà in galera e infatti mi aspetto, un giorno, di dover spiegare come mai fosse nella mia lista. Di solito non banno nessuno, quindi se qualcuno passa le restrizioni all’ingresso poi mi rimane nella lista, perfino se mascalzone.

E dunque, insomma, non ho visto grandi capovolgimenti: al massimo qualche fonte di ispirazione si è un po’ offuscata, o un cretino per un po’ ha retto botta meglio del solito, però la gente si è mossa tutta di un solo gradino della scala, in su o in giù ma senza grandi capovolgimenti e, grosso modo, la stragrande maggioranze è rimasta quello che era: normale.

E questo se mi limito a Facebook, perché la gente che seguo su Twitter e Instagram o altrove è stata selezionata con altri criteri (che immagino trovereste sorprendenti); però anche lì tutto sommato nessuna sorpresa, anzi, semmai conferme.

Se racconto tutto questo non è per scatenare il panico fra i miei contati («sarò io il cretino? o il fesso?») quanto per dire che per me questa idea dello svelamento improvviso della presenza di mostri nei propri contatti mi suona un po’ strana.

Forse sono fortunato io nella scelta di chi accettare, non so. O sono dotato di grande intuizione psicologica (nonché di modestia, ça va sans dire).

Casomai, ed è questo il motivo per cui scrivo, le persone che conosco si stanno rivelando, a distanza, molto diverse da quanto mi aspettassi sotto un altro aspetto cruciale: la fragilità.

Voglio dire: fra milleduecento contatti è passa è normale sapere che ce ne sono alcuni che soffrono o hanno sofferto di depressione o che sono borderline; e molti di più sono sicuramente gli ansiosi. Ma mentre in questi giorni spio a distanza le vite degli altri colgo, certe volte debolmente e certe volte esplicitamente, un sacco di persone che segnalano una grande sofferenza psicologica, anche fra coloro che di solito appaiono sereni, solidi, ottimisti e insomma, diciamo, da cui non te lo aspetteresti.

Oh, non è che in sé sia strano. Voglio dire, cazzo, sono io in grande sofferenza psicologica. Però tengo botta, probabilmente perché vivo con una moglie meravigliosa, ho la famiglia del Subcomandante Marcos sul pianerottolo e l’Inossidabile nel palazzo di fronte e una rete di contatti con i quali al momento siamo riusciti sinora abbastanza agevolmente a mantenere in piedi i contatti.

Un sacco di gente, invece, è sola. Un sacco di gente è, fisicamente, lavorativamente, economicamente, abitativamente molto più affaticata di me. E comunque, sicurezza economica e relazioni sociali aiutano ma non garantiscono: il disagio e la fragilità psicologica possono sempre farsi strada lo stesso. E io, che ho tutti i vantaggi, spesso sto male anche io, quindi può capitare a tutti.

E insomma, trovo che spostare il discorso pubblico (per quanto possibile, che non è moltissimo, temo) sui social dalle opinioni e dai comportamenti delle persone alle loro condizioni aiuterebbe parecchio; non lo troverei un cattivo esercizio di empatia e permetterebbe magari di sviluppare, in questo periodo, sia anticorpi contro un certo tipo di discorsi tossici (il ditino giudicante si agita, sia agita e poi non smette mai) sia costruire attenzione a lungo termine nei confronti delle conseguenze psicologiche sulla popolazione complessiva che ci saranno per forza, insieme con quelle economiche e sociali più ampie, sia infine (ma qui forse è sognare) permetterebbe di cambiare il framing del dibattito sulla (possibile?) deriva securitaria nel Pese che soffre, al momento, di una impostazione basata su armamentari del tutto inadeguati.

Ma di quest’ultima cosa, magari, scrivo domani.

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