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Non avendo ancora parlato…

… del ritorno di PlayRooms, lo faccio ora.

Come forse ricorderete la prima incarnazione di PlayRooms è stata alla Manifattura, un po’ più di un anno fa. Volevamo investigare i giochi immersivi, che fossero videogiochi, giochi di ruolo, giochi teatrali, LARP o giochi di comitato. E volevamo farlo giocando (il gioco di parole è voluto, ops, ho detto gioco di nuovo) con le scenografie, con attrezzature tipicamente teatrali.

Per fare tutto questo l’idea era quella di attrezzare appositamente delle stanze, più o meno una per ciascun gioco: alcuni allestimenti erano complessi, altri elementari e altri inusitati (un’auto piena di rapinatori in fuga lungo le strade dell’America? Davvero?! E però senza muoversi, ovviamente).

La prima incarnazione di PlayRooms è durata due giorni. Questa seconda prevede alcuni mesi.

Ovviamente questa metamorfosi comporta una serie di cambiamenti. Per esempio, il tema della sostenibilità economica è preminente: la scommessa è capire se un Centro di Sperimentazione di Arti Ludiche può reggere a Cagliari, e a che condizioni. Il che vuol dire che fare una cosa del genere richiede forzatamente di vendere dei servizi, o comunque di metterli a disposizione a pagamento ai fruitori. Il che vuol dire anche che lo statuto dei Fabbbricastorie cambia pelle, dato che comunque fare i semplici commercianti non era n’idea che ci piacesse, e che volevamo una strada che ci permettesse di ottenere contributi dai soci e lasciasse spazio alla possibilità di fare attività gratis per il pubblico generalista (noi siamo pur sempre una associazione di volontariato, dopo tutto). Per noi, che siamo sempre stati noi quattro e basta, non è un passaggio da poco, e lo stiamo facendo gradualmente.

E quindi una parte delle attività sarà fare cose un po’ esilaranti che la gente possa desiderare di voler fare. Tipo dare uno spazio ancora più importante alle due astronavi di Artemis (comprese campagne, sfide). Altre idee di questo genere sono in elaborazione.

Uno scorcio della plancia di comando di una delle astronavi

Su un altro versante, avere dei locali a disposizione per più tempo permette di fare cose altrimenti impossibili: faremo più formazione, per esempio. Cercheremo di ruotare i giochi e le occasioni, proponendo cose diverse man mano.

E, soprattutto, vogliamo provare a usare questo tempo per allargare lo sguardo oltre il tema dell’immersività, o comunque per andare a esplorare altri modi con i quali i giochi interagiscono con la vita delle persone: magari tornerà il tema dell’etica e dell’impatto sociale, oppure esploreremo l’interazione fra gioco e spazi della vita.

Quando abbiamo scritto il progetto, contaminazione è un termine che abbiamo usato più volte. Questo non riguarda solo il tentativo di contaminare il gioco con altre cose, ma anche di contaminare la nostra associazione con altre realtà: si faceva già rete l’anno scorso, adesso vorremmo che fosse una caratteristica.

Fare tutto questo non sarà indolore, probabilmente.

Il bilancio della prima PlayRooms era, sostanzialmente, che si era trattato di una scommessa davvero importante, ma anche molto difficile.

Questa è infinitamente più difficile.

E noi andiamo. Ci si vede all’approdo.

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