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Post-profetico

Quando scrivevo le avventure di Cyberpunk 2.0.2.0. per i vari tornei nazionali, negli anni ’90, facevo sempre in modo di metterci come comprimari i Częstochowa Riders, una banda (inesistente) di motociclisti polacchi, cattolici e anarchici. Barbe lunghe, rosari appesi ai manubri delle moto, icone della Madonna che sventolano dalle antenne delle moto, e mitragliatori pesanti. Il canto del Maria, Regina Mundi al tramonto, nell’accampamento, prima di rollarsi una canna e di aprire una bottiglia di birra coi denti.

Erano cose che andavano d’accordo col mood post-moderno del genere cyberpunk: una resa della nostra realtà sufficientemente realistica da mantenerla riconoscibile, ma abbastanza distorta da giocare con la distopia – un po’ come se quella realtà venisse guardata attraverso una lente distorcente.

Non era difficile creare quell’effetto: bastava prendere due o tre cose che normalmente non andavano assieme e mischiarle. La prima storia che scrivemmo iniziava con una strage a opera di trafficanti di droga in un ristorante da qualche parte in mezzo al nulla al confine fra Texas e Messico. Un ristorante italiano, con bandiere tricolori, ritratti di Caruso, Toto Cutugno e Nino D’Angelo e poster della Juventus del futuro – coi giocatori tutti corazzati.

Nelle storie che scrivevamo la Toyota aveva comprato la Mercedes e i veri tedeschi per reazione guidavano la Skoda. A New York la ristorazione fast food era tutta di cibo tipico vietnamita. Andavamo alla caccia di cose simili nella nostra contemporaneità e le memorizzavamo per riutilizzarle: se i muratori che costruirono i grattacieli di New York erano tutti nativi americani, perché noi non potevamo mettere delle maestranze rom specializzate nelle serre idroponiche lunari? Quando ci venne voglia di scrivere una storia sul mondo della musica ci inventammo i Cangaçeiros, una band brasiliana che faceva new world music e che andava in tournéee negli USA, rimanendo immischiata nella guerra fra etichette musicali rivali che comportava, per mettere sotto contratto i musicisti, l’uso di sesso, droga e Kalashnikov. Cose così: incroci culturali che ci servivano perché per dare la sensazione del futuro devi adottare una scrittura iperrealista, piena di particolari, estremamente descrittiva, ma in un gioco di ruolo, tanto più in un’avventura da torneo che deve essere breve, non hai tempo di lunghe descrizioni: quindi ci eravamo creati questo stile che prevedeva ogni volta che era possibile di dare un particolare – che chiamavamo quick – costruito in quel modo.

Funzionava, devo dire. Qualche volta ci ha anche consentito di azzeccare profezie. Non tanto quando scrivemmo le storie sui reality prima dei reality – lì ci ispiravamo a Custer di Carlos Trillo, e scusate se è poco – ma quando scrivemmo le storie su una nuova insorgenza basca prevedemmo che i protagonisti, che stavano dalla parte degli insorti, si trovassero di fronte a un battaglione di Bersaglieri italiani, parte del sostegno dell’Unione Europea al governo centrale. La guerra in Kossovo era ancora di là da venire e le missioni di pace non proprio abituali, per non parlare della diffidenza nei confronti dell’Unione Europea, eppure quando rileggo quelle storie vedo, in trasparenza, che forse coglievo nell’aria dei disagi inespressi.

Se posso dirlo, io, Andrea e Elisabetta eravamo piuttosto bravini, all’epoca. Poi naturalmente a riguardarsi indietro le cose sembrano meno scintillanti: un po’ perché è uno stile di scrittura che rapidissimamente trapassa nel manierismo, e a ripensarci è piuttosto datato. Però per un po’ esprimeva un nostro vigore creativo e, lo ripeto, eravamo piuttosto bravini.

Per tornare ai Częstochowa Riders, quelli erano un mio vezzo, una specie di firma: se c’erano loro, allora era una storia scritta da me. Avevo visto Kieslowski mettere la vecchina con la bottiglia in tutti i suoi film e mi ero detto che se lo faceva lui lo potevo fare anch’io. Lui la vecchina con la bottiglia, io i polacchi col mitra.

Poi non ho più scritto nulla con i Riders, né li ho infilati da altre parti: me li sono proprio dimenticati. L’altro giorno casualmente ho scoperto un articolo che racconta, incidentalmente, di gang di motociclisti tedeschi e olandesi di discendenza curda, yazida o libanese, che si sono arruolati coi curdi per combattere contro lo stato islamico in Siria.

Particolari che sembrano perfino troppo campati per aria per essere veri, chiosa il giornale. Ulp! ho pensato. Sembra esattamente come le cose che scrivevamo. Dopotutto siamo quasi al 2020, quindi ci sta che le cose succedano come in quelle narrazioni cyberpunk. Il futuro, quel futuro, è arrivato,

In realtà leggendo un po’ di documentazione ho fondati sospetti che sia un po’ una leggenda urbana: le prove sono labili e magari i presunti partigiani germano-curdi in mimetica e maglietta hard rock non stanno sulle montagne da cui sgorgano il Tigri e l’Eufrate ma nel giardino di casa loro, boh. Non è proprio facile capire.

Ma in realtà anche questo – una storia troppo incedibile per essere vera, che infatti non è vera ma si trasforma in una leggenda urbana – è molto cyberpunk.

In un modo o nell’altro, è una storia che abbiamo già scritto noi, vent’anni fa.

P. S. Dopo avere scritto questa storia sono andato a cercarmi un’immagine adatta. Per scherzo ho messo su Google “czestochowa bikers”. La prima immagine che è saltata fuori è quella che trovate in cima all’articolo, presa da questo articolo, che spiega che è stata scattata durante l’annuale pellegrinaggio di tutti i motociclisti polacchi al santuario della Madonna Nera di Czestochova che, cito, «segna tradizionalmente l’inizio della stagione motociclistica polacca».

Cioè, praticamente i Czestochowa Riders esistono davvero.

Non lo sapevo, giuro.

Poi, ecco, l’articolo viene da un sito di propaganda filorussa che racconta con malcelata soddisfazione (nel 12015) che i Night Wolves, una gang di motociclisti russi, vuole andare a Berlino in moto per celebrare la vittoria nella grande guerra patriottica ma le autorità e in nazionalisti polacchi minacciano azioni di forza contro di loro e allora i motociclisti polacchi riuniti al santuario hanno giurato di proteggere i fratelli motociclisti da ogni azione contro di loro e di farli passare incolumi attraverso il territorio polacco e fino alla Germania e però i Night Wolves bielorussi si dissociano dal gruppo russo. E i motociclisti che vedete qui, fotografati allo stesso raduno l’anno dopo (ernao 30 000, per dire) hanno le ali dietro la schiena come i cavalieri polacchi che liberarono Vienna dai turchi e diciamo, qui siamo oltre anche il cyberpunk.

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