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La caccia all’orso e Giulio Cesare

Volevo segnalare agli anglofoni che su Slate è appena terminata una serie di podcast intitolata Lend me your ears (“Prestatemi orecchio”, dal discorso di Marco Antonio), che esplora il modo col quale Shakespeare si è confrontato con la politica del suo tempo e come i suoi lettori hanno usato le sue opere per comprendere la politica del loro tempo (m pare debitrice, almeno nella concezione, della serie radiofonica poi trasformata nel libro Shakespeare’ world, del quale ho parlato a suo tempo).

La serie presenta in successione Giulio Cesare, Riccardo II, Re Lear, Misura per misura, Otello e, infine, Coriolano. Mi sembra un viaggio nella politica passata, presente e futura piuttosto interessante e ne consiglio l’ascolto, anche se la prima puntata oscilla fra le domande essenziali – cosa fare quando la Repubblica è in crisi? si può ricorrere alla violenza? e come sappiamo quando fermarci? o una volta introdotta la violenza nel gioco democratico questo cambia ineluttabilmente e definitivamente? – e un certo appiattimento sull’oggi americano: influenzata forse da una produzione recente del Shakespeare in the park che metteva in scena Trump nei panni di Cesare, trucidandolo per di più a metà dell’opera, il tema della crisi della Repubblica viene forzato a includere identificazioni impossibili, anche se ingannevolmente seducenti – Cesare populista, per esempio, il popolo sviato dai demagoghi come le masse che votano a destra, Obama come Bruto.

Non ero convintissimo, e mi sono rileggiucchiato il Giulio Cesare per trovare conferma: continuo a pensare che in realtà parli d’altro, delle tensioni interne a un gruppo di rivoluzionari, di quel che succede quando si torna dalla guerra, di gestione del potere e di strumenti per assicurarselo fino in fondo – più Cesare come Lenin, per dire, Stalin come Antonio, Bruto come Trockij.

Anche con questi limiti – e comunque mi riservo una lettura più accurata e un ascolto più attento – la puntata era molto buona e la serie mi sembra imperdibile; uno dei pensieri che mi ha stimolato è stato quello di avere trovato, finalmente, almeno una risposta a un dubbio espresso in un articolo di diverso tempo fa:

Invece mi interessa condividere una riflessione che ho fatto al termine di tutti questi pensieri: che siamo privi di narrazioni popolari esemplari delle dinamiche della violenza politica nelle democrazie.

Beh, il Giulio Cesare è certamente una narrazione esemplare, in questo senso, e la scelta della trasmissione assolutamente azzeccata, anche se la democrazia in questione è, più precisamente, una oligarchia e i meccanismi democratici già feriti da una guerra civile appena conclusa.

E subito dopo, come un fulmine, il collegamento fra violenza politica e gruppo di rivoluzionari mi ha fatto ricordare un’altra narrazione esemplare in materia che credo si potrebbe con profitto leggere in parallelo col Giulio Cesare, e cioè Battuta di caccia di Christin e Bilal. Battuta di caccia, col suo pretesto della caccia all’orso che riunisce in un casino di caccia in Polonia un gruppo di gerarchi sovietici, con un passato comune sanguinoso e violento e la tentazione, ancora una volta, a risolvere i dissidi politici – e gli intrecci delle loro storie personali – con il coltello o col fucile, è esattamente  tipo di storia che cercavo, per quanto forse ormai non più tanto ricordata.

Vedo con disappunto che è un fumetto non più facilissimo da trovare, ma è davvero una lettura imperdibile ed è imperdonabile che, in tanti anni di blog, io non ne avessi mai parlato.

 

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