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Lettere anonime

L’altro giorno il mio compagno e socio Fabbricastorie Andrea Assorgia mi ha segnalato questa vicenda:

Facendoci la nostra solita nuotatina verso la boa ci siamo chiesti: «Siamo a questo punto?».

Certo che siamo a questo punto. Da molto: la vicenda della calunnia della Binetti accusata falsamente di voler rifiutare le cure palliative ai bambini perché «devono portare la croce» è del 2012; l’unica differenza è che lì la calunnia avveniva tramite blog che si riprendevano a vicenda e qui la notizia falsa è prodotta direttamente dentro i social.

Parentesi: in un caso come nell’altro, direi, siamo oltre la fake new e al reato direttamente, direi. Ma in un caso come nel’altro queste sono punte estreme di una massa enorme di comunicazione torbida, manipolativa e, alla fin fine, tossica. Così torbida che l’attribuzione specifica di responsabilità è impossibile: appurato che una notizia è falsa, chi l’ha prodotta? Che effetto voleva ottenere? Voleva colpire il bersaglio apparente? O voleva suscitare collera contro un’altro soggetto, su cui far ricadere la (presunta) responsabilità di un attacco così vigliacco? O siccome tu sai che io so che tu sai…

Non se ne può uscire.

O meglio: c’è un solo modo, che è quello di trattare tutto come le denunce anonime. Nei paesi civili le denunce anonime non si considerano: è una vecchia regola di saggezza, vanno direttamente nel cestino. Spariscono: non devono produrre nessun effetto, né in una direzione né nell’altra.

Si deve certamente esprimere solidarietà al PD di Forlì. Dopodiché basta: qualunque sforzo interpretativo vuol dire giocare nelle mani di chi manipola le informazioni. Meglio il cestino, e buonanotte. Perché non sai nulla di chi c’è dietro, esattamente come nella lettera anonima.

L’ecologia della comunicazione in rete trarrebbe un grandissimo beneficio da questa semplice regola. Non si prendono in considerazione le lettere anonime.

Terrapiattisti e mamme pancine

A proposito di non sapere chi c’è dietro, mi fanno un po’ di impressione quelli che vanno a discutere con i terrapiattisti o le mamme pancine, o meglio, vanno a spargere spocchia, secondo l’ottima definizione di Ivan Mosca. Perché davvero non sai chi c’è dietro, e c’è una buona probabilità che quello con cui discuti sia un troll più bravo di te, o uno che ci marcia, o uno che sta costruendo trappole comunicative – per farci dei soldi o per motivi peggiori – e tu stai semplicemente contribuendo a far crescere il polverone e a portare avanti agende che non sai ma che sicuramente non ti piacerebbero.

Infatti, per dire, le mamme pancine si è scoperto che era una grossa montatura e serviva a portare like e contatti a determinate pagine Facebook, no? Che sorpresa.

Meglio il cestino.

Il fascino dell’enormità

Lo so che i terrapiattisti o una serie di altri fanatici sembrano così enormi che non si può fare a meno di mettercisi a discutere. Però appunto probabilmente sono falsi, quindi non ha senso.

Un’altra cosa che è enorme e falsa, e alla quale non si può resistere, sono le azioni indegne degli avversari. Così indegne che non si può fare a meno di reagire e condividerle, per metterle alla berlina o chiedere solidarietà.

Solo che sono enormi proprio perché sono false. L’altro giorno ho visto uno screnshot di Repubblica nel quale si riferiva che gli islamici di Rovigo protestano per la presenza di rape, notoriamente di colore sanguinolento, nelle mense scolastiche. C’è pure una ragazzina che mostra i palmi delle mani con scritto No rape. Uno pensa: «Non solo non vogliono il crocifisso, pure le rape», e si indigna. Solo che è così incredibile che, appunto, non bisogna crederci, e infatti è falsa: è un fotomontaggio con una falsa pagina di Repubblica e una foto di una manifestazione in India contro gli stupri, e in inglese No rape infatti vuol dire: «No agli stupri».

Questa era facile da scoprire, in realtà, ma altre sono magari meno immediate. Ma tutte sono incredibili, non passano la prova della camminata per la città e vengono, di solito, da persone che non si conoscono – o meglio: le condivide sempre un qualche vostro contatto, ma lì’origine è in pagine o gruppi che non si possono controllare – e quindi vale la regola delle lettere anonime, anche in questo caso: perché condividerle o commentarle? Il loro posto è nel cestino.

Lettere anonime, gruppi di anonimi, bufale anonime? Nel cestino. Limitiamoci a discutere con chi conosciamo. Di questi tempi, purtroppo, ce n’è già abbastanza così.

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