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Specchi riflessi 2: esplorazioni austeniane

Qualche giorno fa, parlando di Miss Phryne Fisher, ho citato un approccio critico alla coppia di romanzi di Jane Austen Orgoglio e pregiudizio e Emma fatto da una studiosa che si chiama Karenleigh Leee Overmann (che in realtà nella vita è un ex ufficale della Marina militare statunitense, così rafforzando la connessione fra la Austen e i marinai). L’articolo espone sostanzialmente la tesi che in Emma la Austen abbia provato a vedere che risultati dava il riproporre il personaggio di Darcy in veste femminile; il risultato dell’analisi è molto interessante e quindi e ve lo traduco. Domani, tempo permettendo, proverò ad applicare lo stesso meccanismo alla coppia di telefilm Castle e Miss Fisher’s Murder Mysteries (in trealrtà questo è quel che mi interessa di più: alcune conclusioni della Overmann le trovo condivisibili, altre meno, ma è il metodo che mi sarà utile domani).

L’articolo originale l’ho trovato inizialmente su The Free Library (la pubblicazione cartacea è della rivista della Società Austeniana del Nord America) ma vedo che è reperibile un po’ dappertutto. Solo una nota sulla traduzione: vengono citati i numeri di pagina di alcuni passi, riferiti ovviamente all’edizione inglese dei romanzi e delle lettere della Austen e delle altre opere citate. Siccome in italiano non esiste una edizione principale comparabile con quelle Oxford University Press curate da Chapman o Le Faye (e se anche esistesse io non ce l’ho, ehm, così come non conosco le eventuali versioni italiane degli altri libri citati), ho mantenuto i numeri di pagina indicati. Per ritrovare le varie situazioni nei quali i termini sono utilizzati consiglio l’utilizzo delle traduzioni dell’ottimo Giuseppe Ierolli, facilmente disponibili on line: se vi piacciono, date un’occhiata al sito per sapere quali libri in commercio recano le traduzioni di Giuseppe e quali sono gli altri testi sulla Austen scritti da lui.  Ho mantenuto la bibliografia alla fine anche se provato a controllare l’esistenza di traduzioni italiane dei testi citati e non mi pare ce ne siano. Le immagini a commento sono di una illustratrice americana, Lisa Brown, che fra recensioni di libri in tre vignette. Il diagramma con le relazioni fra i personaggi nei due romanzi mi è stato mandato dalla stessa Overmann dopo la mia prima pubblicazione di quest’articolo, con una rara signorilità, e la ringrazio moltissimo della cortesia.

Darcy and Emma: l’ironica meditazione della Austen sul genere

di Leee Overmann

Supponiamo che la Austen avesse scritto la storia del suo romanzo più famoso dal punto di vista di Mr. Darcy invece che da quello di Elizabeth Bennet. In questa immaginaria versione di Orgoglio e pregiudizio invece di vedere Darcy attraverso gli occhi di Elizabeth o lettori avrebbero potuto avere pieno accesso a tutti i suoi auto-inganni, scuse e capricci. Darcy, naturalmente, sarebbe ancora «orgoglioso, … [sentendosi] al di sopra dei presenti» (OP 10) e «viziato» (OP 369); si innamorerebbe ancora della sua più accesa critica, le cui lucide osservazioni circa i suoi difetti migliorerebbero il suo comportamento. Tuttavia, perché non sembrasse che la Austen stesse riciclando personaggi e intreccio, avrebbe mascherato questa ipotetica riscrittura invertendo il genere di tutti i protagonisti: il ruolo di Darcy sarebbe stato assegnato a una donna, il ruolo di Elizabeth a un uomo, e così via. L’ereditiera appena creata sarebbe stata ugualmente «di bella presenza» (OP 10), «molto intelligente» (OP 16)  e «ricca» (OP 378), con una casa «[dotata di ogni] agio» a Pemberley (OP 384) e ogni intenzione a essere «felice» una volta che ottiene ciò che desidera (OP 312). A questo punto dobbiamo fermarci e osservare che il risultato assomiglia in maniera straordinaria a un altro romanzo austeniano, Emma.

La corrispondenza fra i romanzi è quella di un’immagine riflessa, in qualche modo invertita nel processo di riflessione così come un oggetto lo è da uno specchio. Il riflesso è una tecnica letteraria che si differenza dall’incorporazione di personaggi standardizzati come le madri inette (Mrs. Dashwood, Mrs. Bennet, Lady Bertram) o gli sconsiderati nullafacenti (Willoughby, Mr. Wickham, Henry Crawford), che indossano somiglianze sovraimposte di romanzo in romanzo. Invece il riflesso capovolge un elemento centrale – un perno centrale come il genere – per disturbare e esaminare i paradigmi. Invertito in questo modo, il genere dei personaggi diviene l’elemento chiave, posizionandosi come l’elemento centrale del romanzo. Poiché la «preoccupazione» della Austen «per le patetiche traversie delle donne nella società del suo tempo e luogo» (Emmett 404) può inserirla nella tradizione delle cronache femministe, vale la pena di esaminare l’esempio che ci offre mentre capovolge Orgoglio e pregiudizio lungo l’asse del genere. Attraverso il genere la Austen esamina i preconcetti riguardanti il modo con il quale uomini e donne si assomigliano (internamente o individualmente), su come differiscono (esternamente o socialmente) e su cosa succede quando qualcuno non corrisponde esattamente alle aspettative dello schema sociale di comportamento per genere. L’uso del genere in Emma e le possibili fonti di ispirazione per questo estroso capovolgimento – le opere di Samuel Richardson, Henry Fielding, William Shakespeare e del Reverendo James Fordyce – rivelano la profondità davvero notevole della penetrazione e della scrittura della Austen.

Il processo di riflessione di Orgoglio e pregiudizio tramite l’inversione del genere in Emma è ampia. Inizia con i due personaggi orgogliosi, Darcy e Emma, entrambi i quali sono «belli, intelligenti, e ricchi» (E 5). Entrambi ricevono fin troppo rispetto dal mondo, il che li porta a soffrire della possibilità di avere «il potere di fare troppo come gli pare, e la tendenza ad avere una opinione un po’ troppo alta» di se stessi (E 5). Sulla base di questo essi credono, almeno inizialmente, che chiunque essi amano debba di conseguenza amarli; in Orgoglio e pregiudizio colei che è creduta innamorata è Elizabeth Bennet e, in Emma, Frank Churchill. Né Darcy né Emma hanno bisogno di sposarsi per migliorare la loro situazione economica o la loro posizione sociale. Entrambi risiedono in tenute di pregio (Pemberley e Hartfield) con un singolo familiare loro affidato; queste persone inermi sono Georgiana Darcy, la sorella più giovane di Darcy, e Mr. Woodhouse, l’infantile padre di Emma. Sia Darcy che Emma interferiscono nella vita di amici prossimi e facilmente influenzabili, Mr. Bingley e Harriet Smith, per impedire matrimoni considerati imprudenti per le relazioni che vanno a costruire. Infine, ciascuno si innamora del proprio critico, una persona di buon senso la cui acuminata disapprovazione correggerà materialmente i difetti di orgoglio e di autoreferenzialità.

Se il gioco di specchi attraverso l’inversione del genere dei due romanzi non è ingombrante questo dipende da buoni motivi. Uno è che Emma è pienamente sviluppata in un romanzo a sé stante, con personaggi inimitabili e ambientazioni uniche che realizzano quelle dimensioni di naturalezza e coerenza caratteristiche della Austen. L’eroina non è un personaggio monodimensionale, né l’opera in sé è una parodia di Orgoglio e pregiudizio. Austen era certamente capace di realizzazioni parodistiche, come è dimostrato dalle opere giovanili e da Northanger Abbey. Tuttavia la parodia tipicamente mantiene un tono elevato mentre deride il suo oggetto. Inoltre , «l’obiettivo del parodista è quello di fare una critica dell’originale e di esporre e enfatizzare i suoi difetti»; di modo che perché «la parodia funzioni in maniera convincente deve alludere all’originale in ogni istante» (Williams 313). Se c’è una tale derisione dell’oggetto o riferimento all’originale in Emma, questo è troppo fine per potere essere riconosciuto come parodia. Un’altra ragione perché il meccanismo di riflessione non sia ingombrante è il punto di vista, la prospettiva che la Austen usa per raccontare le due storie. Il punto di vista dal quale sono osservati due personaggi orgogliosi varia significativamente da un romanzo all’altro. Darcy è visto principalmente attraverso gli occhi di Elizabeth Bennet, mentre Emma ammette il lettore nel proprio flusso di coscienza interno. La prospettiva, interna o esterna, fa differenza in maniera significativa nel modo col quale Darcy e Emma sono percepiti e giudicati: la critica esterna di Elizabeth nei confronti di Darcy è di solito severa, mentre l’autocritica interna di Emma è superficiale o assente. Austen rende così in maniera accurata la tendenza realmente esistente nelle persone di essere meno capaci di vedere e più pronte a perdonare i propri errori che quelli degli altri.

Il motivo principale per il quale il gioco di specchi non si fa notare, tuttavia, è l’inversione del genere, che sottopone i personaggi alle aspettative estremamente differenti che la società della Austen nutriva nei confronti di uomini e donne. Un’azione compiuta da una donna è interpretata diversamente quando a compierla è un uomo: la cortesia indice «di buon carattere» che permette a Darcy di dissuaderlo dall’instaurare una relazione con i Bennet (OP 82), diviene in Harriet credula stupidità quando rifiuta Robert Martin sulla base del consiglio di Emma. Anche il temperamento è interpretato diversamente. Darcy, per esempio, è «altezzoso» (OP 16) ma le sue responsabilità e per la posizione di «gran signore» glielo consentono (OP 258). La società può disapprovare il suo comportamento ma lo sopporta, liquidandolo come semplice «stravaganza nei suo modo di relazionarsi» (OP 258). Lo stesso difetto in Emma, invece, la rende simpaticamente ottusa un istante e inconsapevolmente egocentrica e manipolatoria l’attimo dopo. Il suo comportamento non è perdonato «senza alcuna rimostranza» (E 374); senza una riparazione la sua insolenza nei confronti di Miss Bates e i suoi consigli ostinatamente sbagliati a Harriet Smith danneggerebbero concretamente la posizione sociale ed economica delle persone con le quali è in rapporto. La maggiore capacità di Emma di creare danni è ironica, considerato che in quanto donna la sua sfera di influenza è così tanto inferiore a quella dell’uomo Darcy.

Il genere, l’elemento di rispecchiamento, definisce lo status in quanto costrutto sociale, la stessa categoria concettuale del rango, un altro tema austeniano comune. Ai tempi della Austen «lo schema sesso-genere non era ancora stabilizzato nei termini moderni», ma le differenze fra i generi venivano rilevate, come oggi, nel comportamento, nelle aspettative sociali e nei «radicalmente differenti privilegi e opportunità» che la «cultura… permette di avere»  (Rankin 121-22). Singoli uomini e donne si comportano più o meno in accordo con ciò che è permesso o proibito  socialmente a tutti gli uomini e le donne ed è più facile conformarsi per alcuni che per altri. Uomini e donne che non si inseriscono del tutto nello schema socialmente approvato riguardo al genere affrontano restrizioni e penalità in modi che sono talvolta umoristici e spesso dolorosi, e queste lezioni gli insegnano quali comportamenti sono accettabili e quali evitare. Questa osservazione sarebbe venuta facile alla Austen, una osservatrice acuta e critica del comportamento sociale, specialmente poiché essa stessa non si inseriva nello schema essendo «quella singolare anomalia, una signora romanziera» (Gilbert 253) – con l’accento su ogni possibile significato di singolare.

In termini di costrutto sociale del genere, Emma è notevolmente simile a Darcy. Essi hanno, secondo la formula di Rankin, «identica natura, cultura e rango sociale» (122): entrambi sono orgogliosi ma degni, viziati dai genitori e componenti della nobiltà di rilievo nei rispettivi ambienti. Come Darcy, Emma fa «esattamente ciò che le va» ed è «condotta principalmente dal proprio [giudizio]» (E 5); essa è «straordinariamente autodeterminata» per una donna (Moffat 46). Così come Darcy interferisce nel corteggiamento di Bingley, Emma ritiene di sapere ciò che è meglio per gli altri e fiduciosamente si immischia, come si vede nella sua sventata ingerenza nelle decisioni matrimoniali di Harriet. Emma è relativamente libera dall’autorità maschile; ha un ruolo sociale di preminenza (sebbene, bisogna ammettere, in una cerchia ristretta), la responsabilità di aver cura di un altro adulto e, come spiega a Harriet, la libertà dalla necessità di doversi sposare per conseguire un vantaggio economico o sociale (E 84). Si rivolge a Mr. Knightley come a un uguale (Moffat 40): «Ci diciamo sempre tutto l’un l’altro» (E 10). Sebbene possa avere le migliori intenzioni, essa – per dirla delicatamente – non è così attenta ai sentimenti degli altri quanto potrebbe, come nel modo privo di tatto col quale rifiuta la proposta di matrimonio di Mr. Elton (E 129-32) o più tardi spiritosamente prende in giro l’innocente autocritica di Miss Bates a Box Hill (E 370). Questa presunzione piena di hybris è ciò che rende Emma non convenzionale. Essa non si conforma pienamente alle aspettative sociali nei confronti delle donne, permettendo così alla Austen di esplorare la natura di Emma come una donna «non impastoiata dalle regole della femminilità» (Dusinberre 271). La Austen conclude che, come individui, le donne sono simili agli uomini sotto molti punti di vista, una volta spogliate degli aspetti esteriori del genere.

Esternamente o socialmente, tuttavia, le differenze fra i generi sono molte. La Austen ne aveva esplorato alcune più ovvie nei suoi romanzi precedenti: in Ragione e sentimento aveva criticato il potere esercitato (o, perlomeno, non controllato) dal patriarcato di fare il male invece del bene scacciando le donne Dashwood, in Orgoglio e pregiudizio il bisogno economico delle donne – e non degli uomini – di sposarsi e in MAnsfield Park la doppia morale applicata agli amanti adulteri Maria Bertram e Henry Crawford. Austen scandaglia in Emma differenze sociali di genere più sfumate, molte delle quali non vengono notate perché sono la manifestazione di norme di genere e vengono considerate (o accettate senza pensarci) appropriate. Per esempio, la società tratta Darcy ed Emma in maniera differente a causa del loro diverso genere. «Non si può ridere» di Darcy (OP 57) ma di Emma chiaramente sì, una circostanza che non può essere liquidata solo come conseguenze dalla sua inconsapevole goffaggine. Anche il fatto che Mr. Knightley corregga Emma sembra interamente naturale, il che rafforza la dimensione non convenzionale del fatto che a Mr. Darcy possa esser fatto notare in maniera robusta – da una donna, nientemeno – il suo comportamento indegno di un gentiluomo tanto da scuotere il suo autocompiacimento e aiutarlo a maturare come individuo.

La società permette a Darcy e a Emma differenti opportunità. Nonostante tutti i suoi privilegi fuori del comune (fuori del comune, cioè, per una donna) Emma rientra nello stereotipo della donna nullafacente della classe nobiliare; nel suo caso, «le abituali occupazioni di occhio e mano e mente femminili» sono «dipingere», «leggere», «musica e… ricamo» (E 85), ognuno dei quali è radicalmente privo di utilità, specialmente se confrontati con le attività di Darcy in quanto «possidente terriero e… signore» (OP 249). La geografia di Emma è similmente ristretta. «Non è mai stata a Box Hill» che si trova a meno di dieci miglia da Hartfield (E 352) e, prima del picnic delle fragole, era stata «a lungo assente da Donwell Abbey» (E 357) solo a «circa un miglio da Highbury», il «villaggio… al quale Hartfield… apparteneva» (E, 7,9). I suoi vincoli geografici appaiono tanto più claustrofobici se confrontati con i viaggi di Darcy: Londra, l’Hertfordshire, il Derbyshire e il Kent. I talenti e l’energia di Emma, sottoposti alle restrizioni di genere di inattività forzata e di un ambiente piccolo e sempre uguale a se stesso, la rendono annoiata; la sua noia la spinge ad agire e quando lo fa mette se stessa e gli altri nei guai. La soluzione, per quanto poco possa piacere al lettore moderno, è che Emma si adatti maggiormente alle norme di genere previste per le donne del suo tempo: deve sforzarsi di fare più attenzione a «un’abitudine di autocontrollo… il suo dovere… la proprietà di comportamento… per sforzarsi di evitare i sospetti degli altri, per preservare la sua salute e la sua reputazione, per essere tranquilla» (E 268). Ironicamente, Emma offre a Harriet lo stesso consiglio.

Austen esplora e mette alla prova i limiti delle norme di genere in Emma causando piccoli turbamenti sociali. La dipendenza di Georgiana da Darcy in Orgoglio e pregiudizio, per quanto appropriata alla sua età e genere, differisce da quella di Mr. Woodhouse in Emma. La sua dipendenza passiva è ugualmente inappropriata sulla base degli stessi motivi: il che sottolinea la patetica ridicolaggine della dipendenza in un adulto in generale. Ciò che è messo sotto la lente d’ingrandimento è il sistema patriarcale che costringeva al tempo della Austen in questa condizione donne sane e capaci, così come il fatto che le donne sono, tuttora, più frequentemente coloro che si prendono cura di genitori anziani. Mentre il fatto che Darcy rinvii il matrimonio fino a che è «in grado di svagarsi»non è degno di nota (OP 183), l’idea che Emma possa scegliere di non sposarsi – lo stato che si riteneva rendesse le donne «le più felici… le più rispettabili gli occhi del mondo, e i più utili componenti della società» (Gregory 109) – è un «argomento… doloroso», il sottrarsi a un dovere divinamente ordinato (Fordyce 1:25). Nonostante questo giocherella con l’idea, dichiarando: «Non solo non ho intenzione di sposarmi per il momento, ma ho pochissima intenzione di sposarmi in ogni caso» (E 84). La nuova signora Darcy si trasferisce a Pemberley per vivere con suo marito (OP 385), ma quando Mr. Knightley capovolge lo schema di residenza degli sposi trasferendosi a Hartfieldcrea una dissonanza sociale che risuona ancora oggi, mettendo in evidenza il fatto che ci si aspetta che siano le mogli a seguire i mariti e stimolando a considerare tutto ciò che le donne devono abbandonare una volta sposate, al contrario degli uomini. Col non cambiare materialmente la propria posizione ad Hartfield quando sposa Mr. Knightley (che si fa complice cedendo ai suoi desideri) Emma rovescia le aspettative sociali di genere in maniera che potrebbe essere considerata «distruttiva» (Dusinberre 244).

Altre interpretazioni della cosa sono certamente possibili, e possono essere anche più tipiche. IL trasferimento di Mr. Knightley a Hartfield, per esempio, è spiegato nel romanzo. Emma semplicemente non riesce a decidersi a lasciare il padre e furti nel vicinato – «il pollaio di Mrs. Weston è svuotato in una notte di tutti i suoi tacchini» e «altri pollai nei dintorni ebbero danni anch’essi» – rendono necessario che Mr. Knightley fornisca «protezione» alla casa (E 483-84). Questa interpretazione rimane in qualche modo non soddisfacente a causa dell’artificialità del meccanismo narrativo, sebbene qualcosa sia evidentemente necessaria per permettere a Emma di sposarsi e contemporaneamente continuare a assistere il padre senza traumatizzarlo spostandolo dalla sua casa; inoltre il fatto che una spiegazione sia necessaria sottolinea la preoccupazione legata alla violazione delle norme di genere inerente alla situazione. Nell’infantile bisogno di assistenza e nei banali passatempi di Mr. Woodhouse – «libri di incisioni, cassettiere di medaglie, camei, coralli, conchiglie e ogni altra collezione di famiglia presente negli armadi [di Mr. Knightley]» gli vengono offerti come alternativa dentro casa al picnic (E 362) – ci può essere solo ironia, il gentile prendere in giro l’ipocondriaco che la Austen avrebbe esplorato più a fondo in Sanditon. È anche evidente che Emma ha bisogno e può solo trarre benefici dai consigli di Mr. Knightley: egli è dopotutto, più anziano e più saggio, e lei «fa errori… perché, come ogni altro essere umano, è fallibile. Fa anche più [errori] di quanto siano necessari, [quando] … sottovaluta il bisongo di una autocritica obiettiva» (Butler 266). Alla fin fineil fatto che Emma accetti i consigli di Mr. Knightley e pii lo sposi è la enfatica conferma delle norme sociali, anche se il trasferirsi a Hartfield di lui fa in modo di scuoterle un pochino.

Ha l’esplorazione del genere da parte della Austen in Emma un messaggio complessivo per la società? L’indipendenza di Emma, per esempio, suggerisce qualcosa sulla capacità di tutte le donne, una tacita critica dei limiti del patriarcato; la ragionevole flessibilità di Mr. Knightley suggerisce che non c’è bisogno che il sistema sia assoluto. Qualunque risposta va cercata nel contesto della morale della Austen. Le sue eroine, compresa Emma, trovano il loro «progresso morale [nel] discernere, e sottomettersi a, le pretese della società su di loro» (Butler 1). La tresca di Emma con la disobbedienza sociale può essere solo temporanea. Emma si sposa e in un qualche momento futuro non ci sarà bisogno che Mr. Knightley continui a stare a Hartfield. Mrs. Knightley risiederà, senza dubbio, con suo marito a Donwell Abbey ed l’Emma eroina fuori dagli schemi svanirà nella banalità della piena accettazione delle convenzioni sociali. La Austen non sta offrendo la stessa quantità di critica morale che si può trovare in Il vento ha smesso di essere via, la cosiddetta risposta parodistica alla mitologia anteguerra di Via col vento; dopo aver letto Alice Randall e le orrende ingiustizie dello schiavismo uno potrebbe temere che il crinale razziale della nazione sia troppo alto per essere mai scalato. Al contrario, la critica del patriarcato da parte della Austen è molto più aperto alla speranza. La conversione di Emma riflette quella di Darcy; la saggezza piena di buon senso di Mr. Knightley è anche quella di Elizabeth Bennet e questi lieti fini aiutano a ricordare il buono che c’è in uomini e donne ugualmente. La soluzione della Austen alla eterna guerra dei sessi e l’unione di cuori e menti nel matrimonio. Se lo scioglimento, l’unione di Emma e Mr. Knightley, è appena un filo imbarazzato o insoddisfacente è pur sempre un accordo, uno del tipo più convenzionale, e i problemi di dove i Knightley debbano inizialmente risiedere saranno presto superati e opportunamente dimenticati. Alla fine le norme sociali ne usciranno rafforzate e, sotto questo punto di vista, Emma non è differente dagli altri romanzi della Austen.

Austen – come la maggior parte se non tutti gli autori di più di un singolo romanzo – ha imparato e ha reagito al proprio lavoro e a quello di altri nel sviluppare Emma. Da un punto di vista artistico il romanzo mette pienamente in mostra gli impressionanti risultati della sua abilità, compresa la sua capacità di descrivere le cose con una complessità stratificata che ammette il lettore a diverse livelli di comprensione, riproducendo quel processo di scoperta che è la vita. I personaggi interpretano ruoli multipli e mutevoli e comicamente si fraintendono l’un l’altro, mettendo in luce l’abile uso di Austen delle ambiguità nelle identità e nei punti di vista per distinguere sottilmente i generi. Le identità di molti dei personaggi sono ambigue: i «i ruoli sociali e familiari [dei personaggi] … sono combinati o invertiti: Mr. Knightley è per Emma … fratello, padre e marito; Mr. Woodhouse è il padre e il figlio di Emma »; «la signora Weston è anche … Miss Taylor» (Berendsen 13); Frank Churchill è sia l’amico che l’amante ma anche l’ingannatore di Emma; e così via. Se queste sono le ambiguità dei rapporti di Emma con altri, ​​la sua identità rispetto al genere è ambigua. Possiede sia i vantaggi di un uomo che i vincoli di una donna; il suo genere stesso muta forma col suo spostarsi, per esempio, dall’essere una donna che non ha né bisogno né desiderio di sposarsi (atipicamente femminile), all’essere un’amante che deve aspettare che l’uomo si dichiari per primo (stereotipicamente femminile) (E 429- 30).

I punti di vista, qui nel senso delle prospettive dalle quali gli individui vedono o considerano le cose, sono anch’essi ambigui in quanto i personaggi dicono una cosa e sono fraintesi come se ne intendessero un’altra, incomprensioni che possono avviluppare anche il lettore e che servono a rivelare la psicologia dei personaggi. Un esempio si trova nella discussione tra Emma e Mr. Elton riguardo alla salute di Harriet: «una gola così tanto infiammata, con una buona quantità di febbre … [e] un battito accelerato difficile da sentire» le impediscono di partecipare ad una cena (E 109). Emma pensa che Mr. Elton intenda dire che è preoccupato per Harriet. Lui, invece, è preoccupato per Emma, ​​e le sue parole possono essere interpretate sia nel modo con cui lo fa Emma che con ciò che intende Mr. Elton. Il lettore può vedere solo il punto di vista di Emma – almeno quando legge il romanzo per la prima volta – ed è quindi escluso dalla realtà di ciò che l’altro personaggio vuol dire, rimanendo invischiato nel processo di «interpretazione e scoperta» di Emma. Il lettore potrebbe anche notare nell’episodio la forza di volontà di Emma, ​​il suo deliberato tentativo di mantenere Mr. Elton focalizzato sull’obiettivo che lei gli ha posto (cioè un fidanzamento con Harriet) e la sua non disponibilità a permettere che Mr. Elton raggiunga un obiettivo dal quale lei intende tagliarlo fuori (cioè un fidanzamento con lei) tutte cose che confliggono con le caratteristiche ritenute desiderabili nelle donne: «docilità, debolezza, timidezza e tenero affidamento all’uomo» (Fordyce 2:74). Attraverso le ambiguità, Austen rappresenta contemporaneamente le cose come sono capite e le cose come sono intese, portando allo scoperto nel frattempo la psicologia sia dei suoi personaggi che dei lettori.

L’abile esplorazione del genere da parte della Austen e il suo uso brillante delle ambiguità in Emma ci danno la possibilità di chiederci dove abbia trovato la sua ispirazione. Quattro autori hanno la funzione di possibili fonti: Samuel Richardson, il cui Grandison esplorava le conseguenze sociali del genere; Henry Fielding, il cui parodistico Joseph Andrews invertiva il genere dei personaggi di Pamela di Richardson; William Shakespeare, i cui personaggi travestiti fornivano intuizioni sul genere come capacità di prestazione; e il reverendo James Fordyce, i cui sermoni sul comportamento opportuno informavano di sé le norme di genere del tempo della Austen. Le influenze di Richardson, Fielding, Shakespeare e Fordyce non compaiono in Emma attraverso come semplice «imitazione o ripetizione»; la Austen fornisce invece ai lettori «una nuova opera d’arte di natura indipendente che si può confrontare alla pari, che forse fa sorgere nei lettori una sensazione di simiglianza o affinità di fondo, ma che raramente assomiglia all’originale in modo evidente» (Wiltshire 70). Le quattro fonti di ispirazione potrebbero anche avere suggerito la forma di alcune delle caratteristiche più insolite di Emma, ​​permettendo alla Austen di esplorare le dimensioni del genere attraverso la personalità e le azioni della sua eroina fuori del comune.

Richardson, la cui opera piaceva enormemente alla Austen, può senz’altro aver svolto la funzione di ispirare la Austen a esaminare le conseguenze sociali del genere. La Austen aveva già risposto al romanzo conclusivo di Richardson, La storia di Sir Charles Grandison (pubblicato nel 1753-1754), con «un’abile miscela di ammirazione e presa in giro» adattandolo nella forma di testo teatrale «per l’uso domestico» fra i primi anni del 1790 e il 1800 (Southam 136-40). Essa fa anche riferimento a Grandison per due volte in lettere a sua sorella Cassandra meno di due anni prima della pubblicazione di Emma (15 settembre, 11 ottobre 1813). Sebbene i precedenti romanzi di Richardson avessero presentato protagoniste femminili, Grandison «metteva in scena un cambiamento cruciale di soggetto e prospettiva» essendo «incentrato su un “brav’uomo” piuttosto che una donna onesta» (Batchelor 1). Sebbene Grandison sia ugualmente «incentrato sui temi che riguardano il matrimonio e i doveri familiari e sociali, le difficoltà che derivano da questi vincoli assumono una forma notevolmente differente quando affrontate da un “uomo d’onore” piuttosto che da una donna virtuosa» (Batchelor 1). Oltre a questo, la Austen ha forse trovato qualcosa della natura di Emma in quella di Sir Charles. Come Sir Charles, Emma «assolve continuamente e davvero acriticamente il [proprio] comportamento» (Barker 503); anche lei ha buone intenzioni, ma condivide un briciolo del «lato sinistro» di lui, il suo «talento di manipolare psicologicamente le persone intorno a lui» (Yates 546).

Fielding, il critico di Richardson, avrebbe potuto spinto la Austen a invertire il genere di Orgoglio e pregiudizio per comporre la trama centrale di Emma. Il primo fra i molti autori che hanno reagito in forma stampata al primo romanzo di Richardson, Pamela, o la virtù premiata (pubblicato nel 1740), Fielding ne fece una parodia capovolgendo il genere dei suoi personaggi in Joseph Andrews (pubblicato nel 1742). La Pamela Andrews di Richardson è una cameriera virtuosa concupita dal suo predatorio padrone, Mr. B., e il romanzo indirizza il lettore verso l’accordo inconscio con «le forze del patriarcato» (Moffat 47), almeno fino al punto nel quale Pamela sposa il suo corteggiatore, dopo di che la storia perde la sua forza sia in senso letterale che figurativo. Nella parodia di Fielding Joseph Andrews è un cameriere che protegge la sua castità dalle pretese su di essa di Lady Booby. L’inversione del genere in Joseph Andrews rende la storia assurda in un modo che nella pruriginosa fuga di Pamela da seduzione, ricatto, «prigionia, ratto e tentato stupro» non emerge (Kreissman 15). Il capovolgimento dei paradigmi sociali e di genere costringe il lettore a «fermarsi e esaminare l’intero tema della relazione tra i sessi» in termini di norme, relazioni di potere e ciò che ci si aspetta come risultato delle interazioni (Kreissman 20).

In Shakespeare, con il quale, come fece notare la Austen attraverso il suo personaggio Edmund Bertram, «ognuno ha familiarità … fin dai suoi primi anni” (MP 338), la Austen avrebbe tratto l’intuizione del genere come capacità di prestazione: il comportamento intrapreso per raccogliere approvazione sociale piuttosto che come indicazione di una realtà interiori. Nel 1814, l’anno in cui fu pubblicato Mansfield Park (Emma sarebbe seguito l’anno successivo), la Austen non avrebbe avuto bisogno di andare lontano per trovare in Shakesperare l’ispirazione per rivoltare Orgoglio e pregiudizio lungo lasse del genere per vedere che risultato ne sarebbe emerso. La Austen cita Shakespeare almeno una volta per nome in quattro dei suoi sei romanzi. Tuttavia, Mansfield Park fa riferimento al Bardo sei volte e pone la l’atto di recitare e il comportamento più adeguato di uomini e donne riguardo ad esso meccanismi centrali della trama. Un ulteriore legame interessante con il travestitismo scespiriano si trova nelle lettere della Austen a Cassandra: nel 1811 la Austen fa riferimento a Portia, la bella, intelligente e ricca eroina che si traveste come un giovane uomo ne Il mercante di Venezia (6 giugno) e nel 1814 cita la commedia stessa due volte (2 marzo, 5 marzo).

Collegamenti fra Emma e altre opere di Shakespeare sono certamente possibili: Rand suggerisce La dodicesima notte e Sogno di una notte di mezza estate; in maniera interessante, confronta Emma con personaggi maschili di quelle particolari commedie (167-70). Wiltshire annota somiglianze con Le allegre comari di Windsor e Sogno di una notte di mezza estate, sottolineando per quest’ultimo il breve impossessarsi da parte di di Emma di un ruolo editoriale tipicamente maschile (59-65). Che Il mercante di Venezia sia stato una fonte di idee per Emma è suggerito in primo luogo dalla notevole catena di infatuazioni sentimentali – un meccanismo che si trova in molte delle commedie di Shakespeare basate sul travestitismo – e la catena di Emma è molto lunga: Harriet è (scioccamente) innamorata di Mr. Elton, che (superbamente) aspira ad Emma, ​​che (brevemente) si interesssa a Frank Churchill, che è (segretamente) fidanzato con Jane Fairfax, che è (erroneamente) sospettata di una relazione con Mr. Dixon, che è (si presume fedelmente) sposato con la ex Miss Campbell. Comune sia a Emma che a Il mercante di Venezia sono il matrimonio (un familiare tema austeniano) e un enigma ad esso collegato (lo scrigno di Portia e la poesiola di Mr. Elton). In entrambe le opere compare un testamento paterno: quello del padre di Portia e la riluttanza «a acconsentire» al matrimonio di Emma da parte di Mr. Woodhouse (E 483). Emma riecheggia il disprezzo di Portia per i suoi corteggiatori con il suo altezzoso rifiuto del suo, oltre che di quello di Harriet. Quando Portia si traveste da uomo, ottiene una «libertà d’azione» inusuale per una donna (Maus 1087), una caratteristica di Emma, ​​che esercita la sua libertà pur rimanendo modestamente vestita del suo abito in stile Reggenza. Infine, entrambe le opere mescolano commedia ironica con fatti che ne derivano seri e talvolta dolorosi; i due testi hanno una debole ma riconoscibile armonia nonostante la «bizzarra disconnessione» di «stile, forma e contenuto» (Wiltshire 61-62).

Il travestitismo, lo scambio di abbigliamento e ruoli tipici del genere, serve notoriamente come porta d’ingresso alle questioni di genere col suscitare «domande centrali … che hanno a che fare con le differenze fra uomini e donne», differenze che rimangono «sfuggenti» dopo che il vestiario, il comportamento e le prerogative sono stati scambiati (Rankin 121-24). L’esperimento di Portia con il genere è esplicito; essa indossa l’abito e il personaggio di un avvocato maschio (un termine che ha continuato a essere ridondante ben oltre il tempo della Austen) per vincere la controversia legale fra Shylock e Antonio. Sebbene Emma non si travesta allo stesso modo, essa assume effettivamente delle prerogative maschili, come nel suo breve rifiuto di sposarsi. Per quanto personalmente appropriato questo atteggiamento possa sembrare a Emma al momento, è atipico per una donna del periodo della Reggenza e rischia di creare un turbamento sociale. D’altra parte, una volta che Emma decide di voler sposare Mr. Knightley, il suo aspettare passivamente che lui si dichiari in modo stereotipicamente femminile è un atteggiamento che non suscita obiezioni ma che potrebbe costarle caro se lui non si pronunciasse. Ciò che è più significativo è che la Austen offra al lettore una riflessione più profonda sulle implicazioni del genere rispetto forse a quella che Shakespeare ottiene, mostrando la sua «indipendenza psicologica (e, per così dire, autoriale)» dal Bardo (Wiltshire 71).

La comicità di Grandison, Joseph Andrews e Il mercante di Venezia dipende dalla consapevolezza da parte del pubblico della mancata corrispondenza tra l’aspetto esteriore/sociale del personaggio travestito e la realtà interiore/individuale del suo vero genere, una consapevolezza che fornisce un ironico doppio significato ai dialoghi e alle situazioni. Il pubblico sa che Portia è in realtà una donna che si prende gioco delle norme di genere per mostrare la sua astuzia; la risultante comicità ironico è ciò che porta a classificare l’opera come una commedia. L’umorismo in Emma è collocato in posizione simile – la mancata corrispondenza tra le apparenze esterne/sociali e la loro realtà interna/individuale, o la realtà come filtrata attraverso l’interpretazione degli eventi da parte di Emma – ma la Austen esclude Emma dalla discrepanza mentre vi ammette i lettori e le aspettative socioali e di genere che essi portano con loro. Emma, ​​per esempio, senza dubbio un giorno si sposerà, nonostante garantisca di no, e i lettori riconoscono la sua pretesa per quello che è, una divertente auto-illusione riguardo ai suoi interessi personali e alle realtà sociali che la conducono. Per raggiungere questa comicità la Austen si affida alle aspettative sociali dei lettori riguardo al genere per creare il contrasto metadrammatico.

Le dicotomie esterno /interno, osservabili soprattutto a posteriori da Emma come dal lettore, facilitano le esplorazioni della Austen sull’identità di genere, le cui norme erano esemplificate dagli scritti del reverendo Fordyce. Egli compare in Orgoglio e pregiudizio: i suoi Sermoni per le giovani, dai quali Mr. Collins legge ad alta voce, sono maleducatamente interrotti da Lydia Bennet (OP 68), e il suo stile pedante è satireggiato in modo devastante nel discorso di Mr. Collins. Nel primo dei Sermoni, che complessivamente occupano due volumi, Fordyce si dilunga sui pericoli del travestitismo e, peggio, su qualunque confusione di comportamento tra i sessi:

Confesso di rimanere sbalordito ogni volta che vedo i sessi mischiati fra loro. Un tale, effeminato, che, privo di ogni sentimento virile, copia con invertita ambizione dal vostro sesso, è un oggetto di disprezzo e allontanamento allo stesso tempo. D’altra parte una giovane donna di qualsiasi rango, che si spoglia di tutta l’amabile tenerezza della sua natura, ed emula l’audace intrepido carattere di un uomo – quanto è terribile! La trasformazione da una parte o dall’altra deve sempre essere mostruosa… Ma a che serve che  l’abito sia tenuto sempre così distinguibile, se il comportamento non lo è; in quelle questioni, intendo dire, dove il comportamento peculiare di ogni sesso sembra richiedere una differenza? Là una metamorfosi nell’uno o nell’altro offenderà sempre un occhio che non è grandemente sviato. Lo farà particolarmente nel sesso [femminile] (1: 86-87).

I I Sermoni per le giovani e il suo volume corrispondente, Indirizzi ai giovani, forniscono consigli severamente formulati su come gli uomini e le donne dovrebbero e non dovrebbero comportarsi. Ironicamente, Emma è più infelice ogni qual volta segue i consigli di Fordyce su ciò che dovrebbero fare le giovani signore che si comportano correttamente, e mette se stessa e altri nei guai ogni qual volta che non si conforma agli stessi consigli. Se «i calmi e razionali piaceri della casa sono preferibili ai divertimenti rumorosi e disorientanti che si trovano solitamente all’esterno» (Fordyce 1:73), si deve ammettere che negli stretti confini di Hartfield e Highbury Emma è profondamente annoiata. Emma, ​​«non debole di carattere», ha «intelletto, energia e spirito» (E 18); la noia e «l’ozio possono persuadere una [persona] con potenziale… a scivolare in uno schema di atti e motivi egoistici», e sotto questo punto di vista, Emma non assomiglia a Darcy ma a una delle figure maschili di fannulloni della Austen (Hall 189). Se una «dolce timidezza [è] data [alle giovani] per custodire la loro innocenza, con l’indurle a ritrarsi da qualunque cosa possa minacciare di violarla» (Fordyce 1:76), Emma sta difficilmente mostrando alti sentimenti quando sospetta o favorisce una tresca sessuale tra Mr. Dixon e Jane Fairfax (E 217-19). Infine, se «gli uomini di buon senso [sono]… contrari all’idea di sposare una donna di spirito» (Fordyce 1:162), questo spiega qualcosa del dispiacere mostrato da Mr. Knightley per lo spiritosaggine mostrata a Box Hill da Emma a spese della povera Miss Bates (E 370). In altre parole, quando Emma compiace gli altri, lei fa piacere a se stessa e nel compiacere se stessa, spiace agli altri. La Austen formula così in maniera critica la quasi impossibilità di conciliare gli aspetti individuali e sociali delle norme di genere.

In the memories of her nieces, there is a tantalizing glimpse of Austen at work on Mansfield Park, which perhaps provided a Shakespearean spark of gender, and Emma, her exploration of socio-gender issues. Austen would “sit quietly working F-sewing] beside the fire in the library, saying nothing for a good while, and then … suddenly burst out laughing, jump up and run across the room to a table where pens and paper were lying, write something down, and then come back to the fire and go on quietly working as before” (Le Faye 206). While we can never know for sure what aspect of her writing she found so amusing, nor the reason she said of Emma that “no one but myself will much like [her]” (Le Faye 209), we can consider Austen’s deeply ironic analysis of gender in Emma. The heroine may be “independent, psychologically accessible, and … seem[ingly] modern,” but she is “anomalous” for her time and gender (Moffat 46-49). She may indeed be a “masculine woman,” the “creature” Reverend Fordyce called “naturally … unamiable” (1:86). When we always and only compare Emma to other Austenian heroines–Elizabeth Bennet, Fanny Price, Anne Elliot, and the rest–something essential to our understanding of her is lost. In expanding our comparison to include Darcy, a fuller brilliance in Austen’s multifaceted writing begins to shine forth.

Nei ricordi delle sue nipoti c’è un breve passaggio che fornisce uno sguardo  breve ma molto accattivante della Austen al lavoro su Mansfield Park, che forse ha fornito una scintilla scespiriana sui temi del genere, e su Emma, ​​la sua esplorazione delle problematiche sociali di genere. La Austen soleva «stare seduta quietamente [a cucire] accanto al fuoco nella biblioteca, senza dire nulla per molto tempo, e poi… improvvisamente scoppiare a ridere, balzare in piedi e correre attraverso la stanza fino a una tavola dove erano poggiate penne e carta, annotare qualcosa, e poi tornare di nuovo presso il fuoco e continuare a lavorare tranquillamente come prima» (Le Faye 206). Mentre non potremo mai sapere con sicurezza quale dimensione del suo lavoro trovasse così divertente, né la ragione per cui disse di Emma che «a nessuno tranne a me piacerà molto» (Le Faye 209), possiamo considerare l’analisi profondamente ironica sul genere della Austen in Emma. L’eroina può essere «indipendente, psicologicamente accessibile e… apparentemente moderna», ma è «anomala» per il suo tempo e il suo genere (Moffat 46-49). Potrebbe davvero essere una «donna mascolina», la «creatura» che il reverendo Fordyce definiva «per natura… sgradevole» (1:86). Se noi paragoniamo Emma sempre e solo ad altre eroine austeniane – Elizabeth Bennet, Fanny Price, Anne Elliot e le altre – qualcosa di essenziale per la nostra comprensione di lei è perduto. Espandendo il nostro paragone per includere Darcy, un più pieno splendore della scrittura sfaccettata della Austen comincia a brillare.

Opere citate

Austen, Jane

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