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A Viterbo

Lunedì ero a Viterbo per tenere un seminario sul gioco (formalmente Gioco, etica ed economia, ma ci siamo fermati al gioco), con un gruppo di lavoro devo dire molto buono e molto divertente.

Fino all’ultimo mi sono un po’ sentito incerto su come effettivamente impostare il lavoro. Poi sabato pomeriggio ho deciso, su suggerimento del socio e compagno Fabbricastorie Andrea Salidu, di riprendere in mano il libro I dilemmi (diletti) del gioco di Enrico Euli, e ho preparato una serie di provocazioni accomunate dal tema: È meglio non giocare.

Il libro di Enrico è fuori commercio, quindi in realtà le slide valgono anche come sintesi di alcuni concetti portanti del suo lavoro e anche – se proprio vogliamo – come recensione. In ogni caso prendendo in prestito i suoi materiali – alcuni proprio di peso, uguali uguali – in realtà io lo stavo tradendo: perché a me interessava parlare di gioco, mentre a una rilettura è evidente che I dilemmi (diletti) del gioco parla di training nonviolento (peraltro Enrico gioca – pun intended – a carte scoperte: in copertina c’è scritto esattamente: Manuale di training).

In realtà una volta che abbiamo iniziato a lavorare siamo andati ben presto per altre strade, e mi è stato molto utile riutilizzare le slide che avevo preparato tempo fa per un seminario su Gioco ed educazione a Villasor e che da allora periodicamente aggiorno, integro, correggo e amplio (tanto che adesso le chiamo omnibus, per dire che tutto quello che ho ce lo metto dentro).

Man mano lavorando lavorando e discutendo discutendo tutte le cose che stavano nelle provocazioni che ufficialmente non ho usato le ho dette lo stesso, ma insieme abbiamo lavorato anche su un po’ di altri concetti:

  • l’idea che il gioco ha fine in sé
  • l’idea che il gioco si fa in uno spazio e in un tempo separato e limitato, e  che è questo suo essere sempre radicalmente altro rispetto alla “vita ordinaria” a fornire una inesauribile capacità di illuminare e spiegare proprio quella altra dimensione di vita
  • l’idea che non è importante lavorare sulle definizioni (questo è gioco, questo non è gioco) ma ragionare lungo continuum dove si comprende che i confini sono sfumati, e riconoscere elementi ludici anche dove non ci si aspetterebbe di trovarli

    L’immagine è presa dai lavori di Andrej Marczewski
  • i pro (pochi) e i contro (diversi) della gamification
  • il fatto che il gioco non ha proprietario: il giocatore gioca il gioco, ma il gioco ben riuscito arriva a giocare il giocatore – scusate le ripetizioni, ma ci siamo spiegati
  • e il fatto che il gioco non ha proprietario anche nel senso che è fatto dall’autore e dal giocatore insieme senza che nessuno possa prevalere

Poi abbiamo anche parlato, man mano, di giochi stupidi e giochi intelligenti, di cosplay e di scout, di gioco e dopogioco, di educazione tramite il gioco di ruolo, di violenza e cattivo gusto nei videogame (e ne I ragazzi della via Pál) e di molte altre cose che più meno trovate da una parte o l’altra delle slide.

E abbiamo giocato: una bella partita a Il tempio di Antas (seguendo un buon consiglio del socio e compagno Fabbricastorie Andrea Assorgia), nella quale la collaborazione fra cartaginesi e sardo-fenici è stata benedetta con lo spargimento di sangue, molto sangue. Sull’impeto della partita ho improvvisato un piccolo pezzo su Come si fa un gioco di comitato, una cosa che vorrei da tanto trasformare in slide per il sito dei Fabbricastorie e che forse adesso riuscirò a fare.

Invece avevo preparato una piccola serie di suggerimenti di videogame da provare per vincere magari una certa diffidenza di chi non ha mai frequentato particolarmente il genere, alla quale non sono riuscito a fare minimamente accenno: la propongo adesso, magari come stimolo a finire finalmente un lunghissimo articolo sui giochi e la guerra a partire da This war of mine, un articolo che sto preparando da almeno sei mesi.

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2 pensieri riguardo “A Viterbo

  • Roberto grazie per l’energia che hai messo nell’incontro.
    Il materiale per la riflessione che ci hai proposto è come al solito “avantissimo”.
    Quindi… dovrai necessariamente tornare.

    Rispondi
  • Grazie per averci regalato un’esperienza divertente e utile. Da ripetere!!

    Rispondi

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