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A proposito di armi e insurrezioni

Dopo la strage di Dallas uno dei pilastri delle argomentazioni avanzate dai conservatori americani in favore del possesso di armi traballa… anzi due

Jamie Gilt 2Ho visto molti commenti successivi alla strage di Dallas far notare che l’episodio dimostra l’infondatezza di una argomentazione che più volte viene proposta quando ci sono episodi simili, cioè che tutto è successo non perché ci sono in giro troppe armi ma perché ce ne sono in giro troppo poche: e che se gli insegnanti fossero armati, o i bigliettai del cinema, o i pastori metodisti delle chiese del sud o chiunque altro fra i “buoni”, allora se arrivasse un “cattivo” armato e intenzionato a fare una strage facilmente potrebbe essere eliminato o ridotto all’impotenza.

Dallas dimostra che non è proprio così, come fa notare il mio amico Aramesh su Facebook

Dallas poliziotti armatiMa mi è venuto in mente che c’è un altro argomento che è spesso proposto ed ha a che fare col Secondo Emendamento e che viene messo in crisi dalla strage di Dallas: ed è l’idea che il diritto a portare armi sia una tutela del popolo nei confronti di un governo oppressivo, come dice la ragazza nella foto.

È un’idea che pensiamo sia molto americana ma che in realtà risale direttamente al pensiero inglese e, per capirci, ai Puritani: l’idea che il popolo, se armato, possa opporsi al governante che voglia imporre una diversa religione – papista, per esempio. È l’idea di una comunità – forse maggioritaria nello stato, ma non è detto – che possa con le armi far valere i suoi diritti contro una minoranza – o anche una maggioranza – che voglia pervertire gli onesti costumi, la fede dei padri, i diritti.

L’idea che è molto americana, invece, è quella che questa possibile perversione possa venire dal Governo Federale: e questo nonostante le due guerre civili e mezzo che gli Stati Uniti hanno avuto non abbiano seguito questo schema ma siano invece state guerre civili “istituzionali”, fra governi contrapposti.

Nel pensiero dei conservatori americani il diritto a portare armi gioca dentro il bilanciamento fra autorità centrale della nazione – e perciò in quanto centrale dirigista e nemica delle autonomie locali – e piccola comunità, fra il socialismo mascherato di Washington e il libertarismo dei padri.

Solo che.

Solo che non c’è un elenco registrato dei regimi oppressivi, che stabilisca che si possano prendere le armi solo contro i regimi indicati dal pensiero di Aristotele, Cicerone, John Locke, Machiavelli e i Whigs (strani compagni di letto, direi) o dalla National Rifle Association o il Tea Party. Più banalmente lo decide la direzione in cui punta la canna del fucile.

Soprattutto se il fucile è lì pronto a disposizione: è per questo che la maggior parte dei governi, in giro per il mondo, vieta ai cittadini di tenere armi in casa, tanto meno armi da guerra. Perché preferisce che nei casi nei quali la comunità decida di essere oppressa utilizzi metodi democratici per far valere le sue ragioni. Di solito tutti sanno benissimo che se i mezzi democratici falliscono prima o poi si arriverà alla violenza, ma preferiscono, non irragionevolmente, che prima si usi lo sciopero e il voto, la marcia e al limite lo spaccare vetrine e solo dopo, in ultima istanza, le armi: mentre se hai un fucile d’assalto nel comò può essere che tu tutta la trafila dell’attivismo democratico ti venga la tentazione di risparmiartela per andare direttamente alla fase del conflitto a fuoco.

E infatti: i conservatori americani fronteggiano ora un incubo che viene fuori direttamente dalla loro propaganda. Solo che, orrore!, la mettono in atto i negri: alcuni dei quali hanno deciso che il governo – e i suoi poliziotti – sono oppressivi, che le vite dei neri sono spese con eccessiva facilità  e che quindi è legittimo e augurabile prendere le armi per far valere le proprie ragioni. Ovviamente è aberrante – tanto più che la polizia di Dallas ha una buona storia di riforma e di consapevolezza razziale – ma secondo una certa linea di pensiero è perfettamente ragionevole, e vorrei vedere qualcuno del fronte delle milizie (ordinariamente bianche e conservatrici), provare a dimostrare il contrario senza accettare immediatamente l’idea di disarmarsi tutti.

Era evidentissimo che il tema era ben presente a politici e commentatori nelle prime ore della strage, quando sembrava che gli autori fossero più di uno, cioè un gruppo organizzato e forse terroristico: e bisogna dire che tutti, a partire da Paul Ryan, capo dei Repubblicani alla Camera dei Rappresentanti, e da Loretta Lynch, la democratica che ricopre la carica di Procuratore Generale degli USA, sono stati bravissimi nelle prime reazioni ed estremamente moderati; la sottotraccia di tutti questi interventi era: «non possiamo avviarci verso una guerra civile razziale».

Il problema non scompare ora che si sa che lo sparatore ha agito da solo, perché qui e là i segnali preoccupanti ci sono: per esempio cominciano a esserci gruppuscoli armati neri, equivalenti alle milizie tradizionali bianche, come la New Black Liberation Militia. Sono pochissimi, ma non è questo che conta: è il principio, il fatto che si affermi l’idea: da quello a sparare poi è un passo. E crescono, anche, i gesti spontanei: per esempio il tizio che per alcune ore è stato scambiato con lo sparatore e era innocente era uno che era pur sempre andato alla manifestazione in mimetica e con un fucile d’assalto (in Texas è legale, altro che: «i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi»). L’ha fatto, ha dichiarato, per segnare il punto e dimostrare che se Trump (o un altro) ha diritto a circondarsi di seguaci armati, anche i neri devono poterlo fare.  Solo che a forza di segnare il punto brandendo un fucile d’assalto finisce che lo usi.

La miscela tossica di una larghissima diffusione di armi da fuoco e di disagio razziale è ovviamente pericolosissima. I conservatori americani hanno creato, con la loro ideologia larvatamente “insurrezionalista” la cornice ideologica che può trasformare questa miscela in una dimensione di conflitto ancora più pericolosa e che soprattutto si oppone al disinnescare le tensioni (perché in questa logica chiunque provi a disarmare i cittadini si qualifica immediatamente come regime oppressivo). Il segnale di Dallas è tristissimo ed estremamente inquietante: chissà se la prospettiva di trovarsi dalla parte sbagliata del fucile possa indurre a qualche ripensamento: ma una storia di inizio anno in un remoto parco naturale degli USA suggerisce di no – quella storia però la racconto domani.

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