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Olocrazia e ciabatte

In occasione dell’inserimento di Mimmo Lucano nell’elenco delle personalità eminenti del 2016 mi sono fatto un giro sul sito di Fortune. Ho scoperto che la rivista pubblica anche un elenco delle peggiori fra le personalità dell’anno: fra loro mi ha molto interessato la figura di Tony Hsieh, il visionario amministratore delegato di Zappos, una sussidiaria di Amazon che vende scarpe on line. La (presunta) cattiva prestazione di Hsieh poggia sul suo tentativo di far funzionare Zappos con un (presunto) rivoluzionario meccanismo di organizzazione orizzontale che si chiama olocrazia. Le forme di organizzazione orizzontale in questo momento sono un argomento che mi interessa molto – sulla base di un suggerimento di Casey O’Donnell e del caso di Valve, una azienda che produce videogame e che usa un sistema di autogestione assai osannato (e peraltro diverso dalla olocrazia). Il reportage di Fortune è molto meno critico e molto più interessante di quanto il piazzamento in classifica possa far pensare, quindi mi è sembrata buona cosa tradurlo. Le foto sono quelle originali dell’articolo. Si usa spesso Zapponian per indicare i dipendenti, sottolineando la speciale dimensione di appartenenza all’azienda e di identità collettiva che li contraddistingue: l’ho tradotto tal quale (ma senza la maiuscola).

Come un cambio di indirizzo radicale ha portato Zappos in cattive acque

di Jennifer Reingold

Fotografie di Brad Swonetz

Una mossa verso l’autogestione ha scosso il negozio di scarpe on line. Può recuperare il suo tocco magico?

È solo un altro mercoledì pomeriggio al quartier generale di Zappos – il che vuol dire che è diverso da qualunque altro mercoledì pomeriggio ovunque nell’America delle grandi società. L’artista residente dell’azienda, che ha iniziato a lavorare a Zappos nel call center, sta dipingendo un enorme crisantemo su una tela vicino all’ingresso. Lanterne rosse ornano l’ingresso dell’edificio semicircolare risalente agli anni ’70, che un tempo ospitava il municipio di Las Vegas, in onore del Capodanno cinese. Poche ore più tardi tutti i millecinquecento dipendenti dell’azienda che vende on line scarpe e abbigliamento si riuniscono nel vicino teatro dell’MGM Grand, sede dello spettacolo  del Cirque de Soleil, per il raduno generale trimestrale di tutto l’equipaggio di Zappos, un pomeriggio di resoconti, musica e divertimento.

Lo staff, giovane, multiculturale, nel quale abbondano i capelli in colori fluorescenti e gli anelli nasali, acclama quando Tony Hsieh, l’amministratore delegato della società, annuncia che tutti avranno un giorno di ferie pagato il 29 febbraio per celebrare l’anno bisestile. Si alzano in piedi ad applaudire uno spedizioniere che fa un rap appassionato sulla società, offrono un caloroso arrivederci a uno zapponiano storico che sta lasciando l’azienda e incassano una esibizione a sorpresa del Cirque du Soleil, compresa una breve apparizione della riconoscibilissima scatola di Zappos.

La particolare mistura di circo, sessione terapeutica e meeting revivalista esemplifica ciò che ha reso lavorare a Zappos così speciale: una focalizzazione ossessiva sul creare una cultura che abbracci le idiosincrasie di ogni individuo. Quello, e benefici di categoria superiore come l’assistenza sanitaria gratuita. L’enfasi sui dipendenti – fino alla quasi totale esclusione delle abituali misure di valutazione dei risultati aziendali – ha reso Zappos, posseduta da Amazon dal 2009, una veterana della presenza nella lista annuale di Fortune sulle Cento compagnie migliori per le quali lavorare. È stata così elogiata per i suoi dieci valori chiave – che comprendono Creare divertimento e un po’ di bizzarriaCostruire relazioni aperte e oneste attraverso la comunicazione – che la società ha la sua propria unità di consulenza per aiutare altri a emulare lo stile di Zappos.

Ma quest’anno, mentre ci si avvicina al terzo anniversario di un cambiamento organizzativo da una struttura tradizionale di direzione verso l’olocrazia, un sistema che sostituisce le gerarchie con l’auto-organizzazione, qualcosa è diverso. Fra il rap e l’informativa sull’iniziativa Pawlidayz che sostiene l’adozione di animali abbandonati, Hsieh, quarantadue anni, sale sul palco per riferire notizie deludenti. Annuncia che i punteggi nel sondaggio di Fortune sulle Cento compagnie migliori per le quali lavorare sono calati in quarantotto domande su cinquantotto. Infatti Zappos è uscita dall’elenco per la prima volta in otto anni. Due domande hanno fornito risultati particolarmente grami: i dipendenti pensano che il management abbia «un’idea chiara di dove va l’organizzazione e come arrivarci»? E i dirigenti «evitano i favoritismi»?

Tuttavia Hsieh non sembra particolarmente scosso. Nel corso degli ultimi mesi si è mosso dall’olocrazia verso un sistema ancora più astratto che chiama foglia di tè [nel senso del colore, il riferimento è a uno schema per il quale ci sono organizzazioni rosse, ambra, arancio, verdi e… color foglia di tè, NdRufus]. «È tutto parte del viaggio», dice alle truppe. «Non penso che saranno tutte rose e fiori. Ma qualunque cosa siano le priorità oggi, la storia ha mostrato che possiamo affrontarle».

Tuttavia c’è stato molto da affrontare ultimamente. Lo spostamento verso l’olocrazia, combinato con il progetto di un software estremamente ambizioso chiamato Super Cloud – senza citare una strategia commerciale ripensata – ha lasciato i dipendenti confusi, demoralizzati e triturati dal’andamento frenetico dei cambiamenti. Nel corso dell’ultimo anno, in parte anche in seguito a un’offerta di buonuscita, il ventinove per cento dei dipendenti è stato rinnovato.

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Derek Noel, precedentemente un addetto al servizio clienti, dice che il nuovo sistema di Zappos ha fatto sì che le sue idee trovassero spazio permettendogli di assumere un ruolo più importante.

L’olocrazia è «un esperimento sociale [che] ha creato caos e incertezza», dice uno zapponiano che se n’è andato l’anno scorso. Un dipendente attualmente in servizio che ha compilato un questionario (fornito a Fortune dalla società) successivamente al raduno generale ha fatto i complimenti a Hsieh per la sincerità a proposito del risultato negativo ma ha aggiunto, in uno sfogo di frustrazione: «Mi sarebbe piaciuto sentire di qualche azione che si potesse prendere per affrontare il fatto di come sia calato drasticamente il livello di approvazione dei dirigenti e la gestione della leadership, e quanto sempre più dipendenti hanno l’impressione che il favoritismo [e i problemi di management] stano divenendo un problema crescente… Non sono i resti di una struttura verticistica che sono sopravvissuti nonostante l’olocrazia, sono cose che si sono in qualche modo affermate grazie a essa e hanno peggiorato il sistema attuale».

Zappos è sempre stata un’azienda disposta ad assumersi dei rischi. È nata nel 1999 da un esperimento (vendere scarpe via Internet) e, sotto l’ingannevolmente anodina direzione di Hsieh, si è imbarcata in una metamorfosi dopo l’altra. Egli ha fatto diventare Zappos il primo sito che non facesse pagare spese di spedizione in entrambe le direzioni. Ha trasferito la sede aziendale nella periferia di Las Vegas per costruire una cultura aziendale separata da quella della Silicon Valley, poi l’ha sradicata di nuovo verso un’area degradata della Las Vegas commerciale nella speranza di creare un’ambiente di lavoro paradisiaco.

Nella sua visione la mossa verso l’olocrazia, nella quale i team sono sostituiti da circoli e i dirigenti da anelli di congiunzione primari, è il suo tentativo di evitare ciò che alla fin fine attende la maggior parte delle aziende: la morte. «L’unica cosa di cui sono assolutamente sicuro», dice Hsieh, «è che il futuro è nell’autogestione».

Il risultato è stato un duello epico fra un insieme dottrinario di regole e una cultura la cui essenza stessa è stata la tolleranza per il mancato rispetto delle regole che deriva dalla libera espressione del sé. L’olocrazia ha emancipato delle persone e ne ha imbrigliato altre. I sogni più utopici dell’azienda, che comprendono eliminare gli scontri politici intraaziendali, non sono stati ancora realizzati.

Gli zapponiani rimasti affermano che la transizione, per quanto sia stata dolorosa, ha ormai svoltato l’angolo. Credono nell’azienda, anche se si chiedono che cosa rappresenterà. Ma talvolta sembra che Hsieh, per usare una vecchia espressione, stia distruggendo il villaggio per salvarlo.

Tony Hsieh è sempre stato profondamente attento al lato umano del lavoro. Ha scritto un libro intitolato Delivering Happiness [“portare felicità” o anche “far nascere la felicità”, il libro è pubblicato in italiano come Il segreto delle aziende in cui è (davvero) bello lavorare, editore Scuola di Palo Alto, 2013, NdRufus], nel quale si afferma che il livello di soddisfazione dei dipendenti è la chiave del successo di un’azienda. Infatti negli anni recenti i lavoratori sembravano contenti, anche se la crescita delle vendite si è affievolita. Rivoltare l’azienda da cima a fondo è l’ultima cosa che molti dirigenti avrebbero fatto. Ma Hsieh temeva che Zappos stesse diventando troppo burocratica e stesse perdendo parte della sua brillantezza.

Nel 2012, all’incontro sul Capitalismo Responsabile di Austin, assistette alla conferenza dell’amministratore delegato di una società di informatica di nome Brian Robertson. Robertson sostenne che era il groviglio delle interazioni umane – l’emotività nella differenza di opinioni, le lotte per il potere – che impedivano alle aziende di conseguire il loro pieno potenziale. Cosa accadrebbe, chiese, se ci fosse un altro modo di organizzarsi, uno che non dipende da capi, politica e potere?

Robertson si era ispirato alla sociocrazia, un’idea vecchia di un secolo che si basa su una sorta di sistema di presa di decisioni in assemblee quacchere. Ha sviluppato un regolamento – un sistema operativo, lo chiama – per una organizzazione senza capi.

Il risultato è stato l’olocrazia, nel quale le linee di gerarchiche verticali tradizionali sono sostituite da circoli che funzionano l’uno a fianco, o sopra, dell’altro. Le persone non hanno lavori; hanno “ruoli”. Gli anelli di congiunzione primari sono i dirigenti nominali – ma hanno poca autorità formale e non possono costringere i dipendenti a fare qualcosa che non vogliono fare.

Tutto questo egualitarismo è fornito imbottito di vincoli e riunioni, soprattutto nella fase di implementazione. Ci sono riunioni tattiche, focalizzate sul mandare avanti il flusso del lavoro, e altre di governo, che affrontano i processi e gli ostacoli bloccanti. «L’olocrazia effettivamente aggiunge una struttura e rigore e disciplina», dice Robertson in una intervista. «Se non hai genitori, devi avere autodisciplina».

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«La struttura delle riunioni [nell’olocrazia] costringe ogni persona… a dire quello che vuole», dice la zapponiana Danielle Kelly.
Hsieh si mise in contatto con Robertson – che fornisce un softwareGlassFrog, che gli aspiranti olocrati possono acquistare – e si arruolò. All’inizio del 2013 il dipartimento di gestione del personale divenne il primo gruppo della società a impiegare l’olocrazia. I dipendenti furono scossi e frustrati dai numerosi obblighi, le infinite riunioni, e la confusione riguardo a chi facesse che cosa. Dice Christa Foley, una veterana con undici anni di impiego che era un dirigente superiore delle risorse umane ed è ora un anello di congiunzione primario per il circolo Cultura-Congiungere i puntini e il circolo Intuizioni zapponiane: «Lo odiavo interamente, in particolare perché era un prodotto da scaffale, così focalizzato sulle regole del gioco, e esplicitamente sembrava urticante senza una attenzione alle persone». Foley dice che è arrivata ad apprezzare il sistema.

L’olocrazia creò nuovi vincitori e vinti – e fece emergere idee nuove. Con esperienza e competenza meno enfatizzate, persone di anzianità inferiore e meno tipiche hanno potuto avere successo. Gli introversi hanno tratto vantaggio dal fatto che ci si aspetta che tutti parlino nelle riunioni. Danielle Kelly, venticinque anni, anello di congiunzione primario del circolo Stato mentale, del circolo Mappatori del color foglia di tè e del circolo Cassetta degli attrezzi del color foglia di tè, racconta: ««La struttura delle riunioni costringe ogni persona… a dire quello che vuole. Prima avrei potuto pensare qualcosa ma non mi sarei buttata. Adesso ho quel tempo per me stessa.».

Un altro beneficato è Derek Noel, trent’anni, che un tempo era un impiegato dell’assistenza clienti. Noel si voleva trasferire nell’ufficio dedicato alla cultura aziendale di Zappos ma si trovava bloccato dal suo capo. «Appena ho scoperto come funzionava l’olocrazia», dice, «è stato come: “Ehi, in realtà il mio capo non può dirmi così». Le idee di Noel, che comprendono eventi nei giorni lavorativi durante i quali i dipendenti guardano un film nell’auditorium mentre lavorano sul PC portatile, hanno fatto presa. Adesso lavora nel cirolo Fungegneria, una specie di squadra di gestione eventi e motivatori. «Il mio giorno peggiore a Zappos è ancora meglio del mio giorno migliore da qualunque altra parte», dice. «Non mi posso più immaginare di tornare alla gerarchia tradizionale».

Lo shock più grande per Hollie Delaney, precedentemente la direttrice delle esperienze personali a Zappos  e adesso anello di congiunzione primario del circolo Operazioni personali, fra gli altri, è stato che dal punto di vista di un manager  di carriera non aveva più il peso necessario per far andare le cose obbligatoriamente in un certo modo. Il suo obiettivo di carriera di una vita, diventare Vicepresidente per la Risorse Umane, non era più disponibile a Zappos.

Man mano che l’olocrazia si sviluppava, Delaney comprese che il suo potere si stava estinguendo. «Mi sono detta: “Letteralmente non ho più un lavoro”. Stavo andando fuori di testa. Questo mi ha fatto cominciare a pensare al perché nona vessi altri ruoli. Si, avevo il grande titolo e il aperte virgolette potere chiuse virgolette. Ma era davvero soddisfacente? La risposta era no». Nello spirito dell’autogestione Delaney si è trovata “ruoli” che le piacessero. Una corritrice appassionata, è diventata anello di congiunzione primario del circolo Zapponiani sani e felici, che sta iniziando una serie di gare di corsa per i dipendenti. Ma far sì che una dirigente esperta in risorse umane passi la maggior parte del suo tempo sulla pista di corsa è davvero il miglior uso di Delaney – per lei e per Zappos?

Per ottenere una impressione personale di come una parte di questo funzioni Zappos – che è sorprendentemente trasparente – mi ha permesso di assistere, via Skype, a una normale riunione del circolo Perseguire crescita e apprendimento. È grosso modo equivalente a un dipartimento di formazione del personale. C’erano dieci partecipanti, compreso un anello di congiunzione primario, Chris Peake. Si trattava di un ibrido di riunione tattica e di governo (ho accettato di non rivelare l’argomento della discussione).

La riunione è iniziata con “arrivi e partenze”, nel quale ci si attendeva che ogni partecipante (compreso me) dicesse come si sentiva – riguardo al lavoro, ai propri problemi personali. Una donna ha raccontato del suo amore per la sua «fastidiosa figlia tredicenne». Si tratta del riconoscimento che ciascuno ha problemi al di fuori del lavoro che influenzano il suo stato mentale.

Dopo l’inizio, che è durato sette minuti, è stato tutto lavoro. Un facilitatore ha tagliato tutte le uscite dall’argomento (conosciute come distrazioni) e il passo ha accelerato. L’ordine del giorno era «steso sul momento», stando a Peake. «I punti all’ordine del giorno sono tipicamente chiamati tensioni. Una tensione è semplicemente la differenza fra ciò che è e ciò che potrebbe essere». Le tensioni possono essere qualunque cosa da ostacoli pratici a giri di opinioni, e proliferavano – ma per la maggior parte sono stati messi in fila per una soluzione in un secondo momento.

Nonostante tutto lo strano gergo (Mi sto facendo un’azione per mandarti un rimbalzo in merito) non era molto diversa da una riunione tradizionale. L’anello di congiunzione primario ha parlato quasi solo lui. Ha fatto richieste invece che dare ordini (sebbene non senza l’occasionale sfoggio di sensi di colpa) finché qualcuno non ha accettato di addossarsi un incarico. La riunione è durata più di un’ora ed è terminata dopo che a ciascuno è stato chiesto di citare il proprio appuntamento televisivo preferito del momento.

Ci si aspetta che l’olocrazia uccida i demoni della politica. Ancora non l’ha fatto. Alcuni dirigenti hanno tentato di consolidare il proprio vecchio potere all’interno della nuova struttura, dice Nox Voortella, che è arrivato a Zappos nel 2014 come addetta ai piani di vendita. «All’inizio pensavo che [l’olocrazia] fosse una gran cosa». racconta. «Poi ho visto i vecchi manager intorno a me diventare sempre più insicuri e provare a vedere come potevano reindirizzare l’organizzazione. Le persone che avrebbero dovuto restare e erano dei leader e avrebbero potuto mobilitare le persone se ne sono andate. E i manager che sono rimasti sono esattamente quelli che non avevano altro da offrire». Recentemente ha scelto di andarsene in direzione di una società più tradizionale.

L’olocrazia manca anche di alcuni elementi cruciali, come un processo di compensazione. Il sistema non considera l’anzianità o l’importo del tuo budget. Non ci sono valutazioni formali della prestazione. E quindi come si calcola quanto pagare una persona e, già che ci siamo, chi lo decide?

Zappos ha appena inaugurato il proprio metodo. Non ha nulla a che fare con il raggiungere degli obiettivi finanziari; invece, le persone sono pagate sulla base delle abilità che possiedono o apprendono, un sistema chiamato assegnare distintivi. Come nei Giovani Esploratori le persone possono ottenere, poniamo, il distintivo Programmare in Java o Progettare il merchandising soddisfacendo determinati requisiti. Zappos dichiara che pagherà ciascuna abilità al prezzo di mercato, ma ogni mansione comprende molte abilità. Per ridurre l’ansia del non sapere quanto sarai pagato l’azienda ha creato un distintivo Nonno che garantisce che il salario non calerà nel 2016.

Un altro grosso problema è stabilire quanto tempo ciascuno passa nei vari circoli e se questo ammonta a qualcosa che approssimativamente assomiglia a un lavoro a tempo pieno. Ogni circolo ha un certo numero di punti persona che presi assieme rappresentano l’ampiezza del carico di lavoro. I lavoratori di Zappos hanno cento punti ciascuno e devono distribuirli fra i loro circoli. Se non gli piacciono i loro circoli o se hanno l’impressione di non fare un buon lavoro – o se, come riferiscono alcuni dipendenti, gli anelli di congiunzione primari non gli approvano tanti punti quanti gli sono necessari – devono trovarsi un nuovo circolo.

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Hollie Delaney (a sinistra) ha utilizzato l’autogestione per trovare nuovi ruoli per se stessa dopo che il suo lavoro è stato riconfigurato. Christa Foley ha dichiarato che inizialmente si è adattata. Christa Foley ha dichiarato che inizialmente odiava le infinite regole della olocrazia.

Se non lo fanno, possono finire sulla Spiaggia, una specie di purgatorio. «Stavi semplicemente seduto… in una sala riunioni a parlavi con i mentori del perché di quelle che erano le tue passioni», racconta Voortella, che afferma di essere quasi naufragata sulla Spiaggia dopo un scontro con un anello di congiunzione primario. Oggi la Spiaggia ha cambiato nome e il percorso è stato diviso. Puoi alternativamente intraprendere Il viaggio dell’Eroe, nel quale un gruppo ti aiuta a trovare una nuova raison d’être. O puoi entrare nel Supporto alla transizione che ti aiuta a trovare un altro circolo. Se questo non succede in due settimane, transiti via da Zappos direttamente.

Nel frattempo, l’olocrazia non è stata l’unico elemento di turbamento. Nel 2014 Zappos ha riconfigurato la sua strategia di vendita, da una che dava la preminenza ai volumi a una che si indirizza a un numero minore di migliori clienti che pagano a prezzo pieno. Quasi nello stesso momento l’azienda si è imbarcata in una gigantesca migrazione del software – spostando il suo sistema di commercio elettronico su quello di Amazon – un progetto ancora in corso chiamato Super Cloud. Un risultato: il sito di Zappos è cambiato a malapena per due anni – il tempo di una vita su Internet. «Rimpiango che non abbiamo aspettato finché Super Cloud non fosse terminato», mi ha dichiarato Manish Honnatti, che guida l’unità Zappos zero ed è diventato un sostenitore dell’autogestione.

Questo non è stato tutto. Un anno fa, dopo che l’olocrazia era infine diventata legge in tutta l’azienda, Tony Hsieh ha emanato un altro editto. È giunto in un memorandum di 4300 parole intitolato: «Reinventare Zappos: la strada verso il color foglia di té». Ha scritto Hsieh: «Utilizzeremo un approccio “strappa via il cerotto” per accelerare il processo verso il divenire una organizzazione color foglia di tè (come descritto nel libro Reinventing organizations)». Perciò, spiegava, «dal 30 aprile 2015, in modo da eliminare l’eredità della gestione gerarchica, non ci saranno di fatto più manager».

Hsieh faceva riferimento a un libro del 2014 del consulente Frederic Laloux, che sostiene che lungo la storia le persone si sono organizzate in vario modo. Laloux ha organizzato un colore a ogni tipo: l’arancione per le moderne corporazioni come Walmart e verde per quelle che vede come realtà più evolute come Starbucks. Il color foglia di tè, sostiene, è lo stadio di sviluppo successivo, caratterizzato da autogestione, dal portare “l’intero se stesso” al lavoro e dall’avere uno scopo al di là del fare domande . «C’è qualcosa di guasto nella managerialità, qualcosa di esaurito», mi ha detto al telefono.

Per Hsieh, il color foglia di tè era il logico passo successivo, lo stadio che poteva essere raggiunto solo attraverso un processo come l’olocrazia. «Il color foglia di tè è l’obiettivo, l’olocrazia è il metodo», dichiara John Bunch, un ex giocatore di poker professionista e uno sviluppatore a Zappos che Hsieh ha incaricato di condurre lo spostamento verso l’olocrazia nel 2013.

Poi il poco appariscente amministratore delegato ha aggiunto una nuova dose di dramma. Ha chiesto a tutti di impegnarsi con il color foglia di tè – o di andarsene (con una liquidazione estremamente generosa). Hsieh sapeva che avrebbe perso del personale di qualità, ma pensava anche che gli increduli stessero ostacolando il progresso.

La logica era convincente. Tuttavia, il lato emozionale è stato devastante. Molte eprsone che avevano aiutato a creare Zappos ed erano assurte a ruoli di direzione venivano a sapere di non essere più desiderate. Sembrava una epurazione. Ciò che si è sviluppato subito dopo era un gemito collettivo: Abbiamo appena iniziato con l’olocrazia. Che diamine è il color foglia di tè? E di gran lunga la reazione più comune: non ci sarà mai una fine?

Hsieh dice che non sapeva quante persone avrebbero accettato l’offerta. «Qualunque fosse stato il numero sarebbe stato il numero giusto», dice oggi. Alla fine il 18% dei millecinquecento dipendenti ha accettato la buonuscita, e un altro 11% se n’è andato senza il pacchetto.

Atomic liquors è un raro reperto di una Las Vegas del passato. Con la sua segnaletica di metà del secolo e la storia di come il suo tetto fosse quello dal quale gli abitanti locali osservavano i test atomici ha il tipo di impronta rétro che Hsieh ama.

Ad aspettarlo ci sono tre bicchieri che contengono le sue bevande abituali: dalla sinistra, una Diet Coke, un dito di liquore Fernet Branca e un White Russian. Hsieh ha le sue peculiarità. Hsieh è valutato a mezzo miliardo di dollari ma vive in una roulotte Airstream completa di due alpaca domestici. Scapolo e apparentemente senza relazioni vede la sua azienda come la sua famiglia. Bevo un bicchiere del Fernet al sapore di sciroppo per la gola [Vicks NyQuil nell’originale, NdRufus] con lui, poi ordino una birra (non sopporto il White Russian).

Hsieh si fa serio quando gli chiedo cosa non si aspettava del processo di mettere in opera l’olocrazia. «Sono stato sorpreso», dice, «di quanto sia duro sbarazzarsi del bagaglio psicologico». Gli chiedo se rimpiange di avere intrapreso tanti cambiamenti tutti assieme. No, mi dice: «Retrospettivamente, probabilmente avrei strappato il cerotto prima».

Per Hsieh, l’autogestione è tanto una strategia sociale che commerciale. Dopo aver passato buona parte degli ultimi anni costruendo e finanziando personalmente – nella misura di 350 milioni di dollari – il Downtown Project, un tentativo di costituire una comunità di vita e lavoro nel cuore di Las Vegas Hsieh ha ambizioni che vanno oltre il commercio. Paragona l’autogestione alle interazioni che sgorgano organicamente in una città piuttosto che alla burocrazia verticistica di una tipica azienda.

Hsieh è riflessivo – un cercatore. Tuttavia è sorprendente che né lui né alcun altro zapponiano faccia pià che commenti di passaggio sul business dell’azienda (ha detto effettivamente che Zappos ha ottenuto il suo maggior margine di profitto di sempre).

Questo è un punto cruciale. Se Zappos continua a fare soldi, Amazon la lascerà per i fatti suoi. Se no, Zappos potrebbe altrettanto facilmente cessare di esistere. La compagnia ha raggiunto i sui obiettivi di profitto 2015, ma diversi dipendenti dicono che ha abbassato quelli del 2016 (Zappos non ha commentato). Se questo sia dovuto all’olocrazia, alla crescente concorrenza nel settore della vendita di scarpe on line o a qualcos’altro è impossibile a dirsi.

Il valore dell’olocrazia rimane lungi dall’essere assodato. Il suo creatore, Robertson, dice che il processo prende dai cinque ai dieci anni per essere pienamente integrato – un eone nel mondo delle imprese. Sembra blasé quando gli si chiede se l’olocrazia funziona davvero. «Là dove non misuro il successo è nel guardare i risultati finali reali», dice. «Non gli do molta importanza, perché chi lo sa? Per me la cosa riguarda la facilità di utilizzo».

Più o meno trecento aziende usano il suo sistema – Zappos è facilmente la più grande – e ci sono stati fallimenti. Ai primi di marzo il sito di informazione Medium ha annunciato che lo stava abbandonando. Ma Caddell, un consulente che ha studiato i sistemi di autogestione, dice che la sua precedente azienda, Undercurrent, lo ha provato senza successo. «L’ho trovato estremamente dogmatico e rigido ed eccessivamente complesso, e ci ha distratto dai nostri utenti», dice Caddell. Anche il Downtown Project dello stesso Hsieh lo ha abbandonato nel 2014 («Era troppo presto per adottarlo nella linea temporale di Downtown Project», dice Hsieh).

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Tony Hsieh ha deciso di rivoltare Zappos da cima a fondo. Il suo solo rimpianto? Di non essersi mosso più velocemente.

Quando gli si chiede un esempio di qualcosa che non potrebbe essere successo senza l’olocrazia, Jamie Naughton, il capo del personale di Zappos, cita questo: adesso è permesso portare i cani in ufficio. Se fosse stato proposto prima. dice lei, chiunque l’avrebbe potuto bloccare a causa di allergie, paure, eccetera. Ma con l’olocrazia una delle domande base è: «È abbastanza sicuro da poter essere provato?». Ora, anche se Hsieh era contrario i cani sono i benvenuti, fin tanto che superano una valutazione comportamentale. Persone affette dagli acari hanno definito delle zone allergia nelle quali i cani non possono entrare. «L’autoorganizzazione», dice, «ha permesso a un impiegato di risolvere il problema».

La scorsa primavera, mentre gli zapponiani stavano ponderando se accettare l’offerta, uno di loro ha invitato Caddell a condividere le sue esperienze sull’olocrazia in un dibattito pubblico. Ha intervistato fra i quindici e i venti impiegati in precedenza, e poi ha parlato a un gruppo di circa centocinquanta. «L’ho percepito come una veglia funebre», dice. «Le persone con le quali ho parlato esprimevano un sentimento generale di senso perdita di controllo sul proprio ambiente di lavoro». Quando Caddell ha mandato per mail dei suggerimenti a Hsieh su come migliorare il morale, dice, è stato tagliato fuori: «Mi ha detto che usavo troppo la parola leadership, e che ero un attore prevenuto» (Hsieh dice che quello non è il tipo di frase che userebbe).

Nonostante tutto la devastazione, ci sono segni di ottimismo a Zappos. Alcuni mi hanno segnalato The Dip, di Seth Godin, che sostiene che in tempi di grandi mutamenti le cose devono sempre andare peggio prima di andare meglio. Ora che le buonuscite sono terminate rimangono pochi apostati che possano rallentare le cose.

«Cresciamo», dice Tyler Williams, che guida il circolo Aura del marchio (detto anche marketing). «Stiamo tornando a quel punto nel quale siamo gentili con le persone e perdoniamo, e le persone che usavano l’olocrazia come un’arma sis tanno trovando ad avere isole sempre più piccole dalle quali lavorare. Abbiamo più controllo ora in quanto azienda basata sulla pressione da parte dei pari piuttosto che sulla microgestione».

Molti stanno spingendo per riportare la cultura in primo piano. Una possibilità: aggiungere un Controllo di cultura a ogni riunione di governo. Un processo in sei passi di risoluzione dei conflitti, sviluppato internamente, può aiutare a addolcire la rigidità dell’olocrazia. E Zappos sta modificando il proprio procedimento di assunzioni per assicurarsi che le nuove reclute siano cablate per l’autogestione.

Il giorno dopo la riunione generale, all’ora di pranzo ci sono due feste: una per il Capodanno cinese, con donne che preparano gli gnocchi, e un festino per San Valentino che esibisce una gara di travestimenti a tema crociera e una installazione biscotti-e-tatuaggi. L’olocrazia non ha ridotto le attività sociali dell’azienda. Dice Naughton: «Non siamo stati considerati una delle migliori società America per le quali lavorare quest’anno, ma siamo davvero una bella azienda. Questa è la mia famiglia e spero che questo sia ciò che le persone si portano via quando vedono Zappos». Abbastanza giusto. Ma può essere vero nonostante l’olocrazia piuttosto che a causa sua.

Una versione di questo articolo è apparsa nell’edizione del 15 marzo 2016 con il titolo “L’esperimento Zappos”.

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