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Tragediografi di grande levatura

Come ho spiegato all’inizio della ventesima puntata di questa stagione di Oggi parliamo di libri avevo voglia fin dall’inizio dell’anno di parlare prima o poi dell’Adelchi di Manzoni. Quando è arrivato il momento, però, mi sono reso conto che farlo per bene richiedeva porre delle premesse e che quindi avrei dovuto parlare di due autori che avevo accuratamente espunto dalla scaletta generale della stagione, Corneille e Racine.

Il Cid – Pierre Corneille

Sono, Corneille e Racine, certo due autori un po’ ostici alla lettura, non particolarmente ben pubblicati e quindi di non facile reperibilità e che, oltretutto, non compaiono neanche troppo spesso sui palcoscenici italiani. Presentandoli ho fatto l’ennesimo strappo alla regola generale di Oggi parliamo di libri, che dovrebbe essere quella di proporre testi che possono essere letti con facilità e magari scoperti o riscoperti con piacere: d’altra parte devo dire che a me, che non li avevo mai letti, sono piaciuti moltissimo.

Fra i due le mie preferenze – e credo che ascoltando la trasmissione si capisca – vanno a Corneille, forse anche perché il Cid è uno degli eroi della mia adolescenza e ho letto e riletto più volte il Cantare del Cid: le due spade ColadaTizona, l’oltraggio di Corpés e il duello finale:

Due sono rimasti vincitori. Ora vi dirò di Muño Gustioz, come si comportò con Ansuor Goncalvez. Si diedero sugli scudi dei grandissimi colpi. Ansuor Gongalvez, vigoroso e coraggioso, colpì sullo scudo Muño Gustioz in modo da attraversarglielo e da rompergli l’armatura. Ma la lancia andò a vuoto, senza ferirlo nella persona.

Dopo questo colpo, fu la volta di Muño Gustioz. Con un colpo gli ruppe lo scudo a mezzo. Non poté sostenerlo Ansuor e n’ebbe l’armatura spezzata. Tuttavia, fu ferito di fianco e non nel petto. Ebbe piantata nelle carni la lancia, con il pennone, la quale gli uscì dall’altra parte per la lunghezza d’un braccio. Muño Gustioz gli die’ allora una scossa e lo smosse dalla sella. E tirando poi la lancia, lo gettò a terra. L’asta, la lancia, il pennone erano rossi di sangue. Tutti pensarono che la ferita doveva essere mortale. Muño Gustioz abbassò di nuovo la lancia e lo minacciò standogli sopra. Ma Gongalvo Ansuorez disse: « Non colpite, per Dio. Con ciò, la pugna è vinta». Dissero i giudici: «Noi siamo di questo parere » .

Immagine prima pagina CidLa lettura del Cid di Corneille è… divertente, non c’è altra parola, su più livelli. La trama è un puro pretesto e la psicologia dei personaggi davvero lontana da noi, ma la lingua è bellissima (l’ho letto in francese in una versione in libera circolazione, aiutandomi con una serie di traduzioni parziali trovate in rete) e la tragedia è piena di particolarità delle quali non si fatica a comprendere la forza sul palcoscenico: la scena finale, con il falso destino di Sancho, è un colpo teatrale di gran classe e, per esempio, la scena in cui Rodrigo si presenta in casa di Ximena e le propone di ucciderlo con la sua spada, la stessa che estratta si scopre ancora sporca del sangue del padre, è un momento che se da una parte strappa un sorriso alla parte razionale del lettore, d’altra parte potrebbe essere oggi tranquillamente tarantiniana – o forse più di Scorsese – e comunque fa appello alla parte di noi che si è nutrita per anni di narrazioni popolari e di effettacci sentimentali: il Cid era già melodrammatico prima di essere adattato da Massenet: oggi io ne farei un manga, e so che funzionerebbe alla grande.

Su un altro piano se la psicologia dei personaggi è lontana dalla nostra sensibilità invece le motivazioni del loro agire e i modi con i quali tentano di sopraffarsi l’un l’altro per raggiungere i loro obiettivi sono perfettamente comprensibili: in trasmissione ho sottolineato particolarmente la figura di Ximena perché il suo modo di manipolare le regole dell’onore maschile la rende il personaggio più interessante, ma gli imbarazzi del Re e le passioni di Rodrigo costituiscono un triangolo di volontà davvero notevole.

E quindi il Cid è divertente da leggere, anche se faticoso. E offre un vantaggio aggiuntivo: il brivido di rendersi conto di essere d’accordo con il Cardinale Richelieu, il quale aveva ragione a dire che la trama del Cid è del tutto incredibile. Quel che il Cardinale non capiva, probabilmente, è che lo spettacolo ha le sue regole e che la coerenza narrativa interna non è sempre l’elemento decisivo per i gusti del pubblico.

Rispetto a Corneille ho apprezzato meno Racine, anche per il paludamento neoclassico della Fedra: Racine fa un lavoro superbo nel restituire toni, sentimenti, modi di pensare e argomenti della tragedia classica. In certi momenti sembra quasi di leggere uno dei tre grandi tragediografi classici: è in quel quasi, però, che sta un intero mondo di differenza.

Fedra – Jean Racine

Ancora su Jean Racine

FedraAlla Fedra ho dedicato due puntate e ho avuto molto più spazio per illustrare le cose che volevo dire, quindi non mi dilungo. Devo solo ammettere che parlando del contributo alla teoria del teatro dato dal grande pensiero dell’Umanesimo e ai limiti che questo contributo poneva agli autori – un argomento evocato peraltro anche nella puntata su Lope de Vega, in quella su Ben Jonson e in altri momenti – sono stato più volte un tantino impreciso: in tutti i casi in cui ne ho parlato avevo maturato della cosa una conoscenza del tutto libresca, dei riferimenti trovati nelle recensioni critiche delle opere di cui parlavo e quindi, lo ammetto, ne ho parlato per sentito dire; per quanto mi abbia molto aiutato quest’anno l’aver avuto al Liceo insegnanti davvero bravi riascoltando le puntate mi rendo conto che ho detto spesso in merito delle cose che potevano essere espresse in maniera molto più rigorosa. Per fortuna con Racine dovremmo avere finito e gli umanisti non torneranno più a turbare la storia del teatro e la tranquillità delle puntate di Oggi parliamo di libri: i miei difetti invece, temo, resteranno con noi anche in futuro!

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